Risale ormai al 26 aprile del 2007 la Risoluzione n. 2006/2277 del Parlamento Europeo sulla Situazione delle Donne Disabili nell’Unione Europea, ove al punto D si presentava tra l’altro un dato a dir poco “impressionante”, sottolineando che «circa l’80% delle donne con disabilità sono vittime di violenze psicologiche e fisiche e che il rischio di violenza sessuale è maggiore per esse che per le altre donne», aggiungendo che «la violenza non è soltanto una caratteristica comune della vita delle donne con disabilità, ma talvolta anche la causa della loro menomazione».
Nel 2008, poi, scoppiò in Francia il cosiddetto “Caso Gauer”, riferito al ricorso depositato contro lo Stato da parte di alcune donne con disabilità, che denunciavano di essere state sterilizzate senza il loro consenso. Una vicenda, questa, che ha acceso sempre più i riflettori internazionali sulla questione delle violenze contro le donne con disabilità e che solo nell’agosto dello scorso anno è arrivata alla Corte Europea dei Diritti Umani. Sembra però che ci vorrà ancora parecchio tempo per conoscerne la pronuncia.
Proprio in questi giorni, però, l’EDF (European Disability Forum) è stato sentito al Parlamento Europeo, nel corso di un’audizione interamente dedicata al tema Violenza contro le donne con disabilità, nella cui presentazione si legge tra l’altro: «È risaputo che ragazze e donne con disabilità possono subire particolari forme di violenza nelle loro case e nei contesti istituzionali, praticate da familiari, assistenti o estranei». Sulla base poi «del pregiudizio e dell’ignoranza, le sterilizzazioni forzate e gli aborti coatti delle donne con disabilità rappresentano una delle più palesi violazioni dei loro diritti umani» e ad essere vittime di tutto ciò «sono soprattutto le donne con problemi mentali, le principali vittime di violenza domestica, da cui derivano disturbi da stress post traumatico, psicosi, depressione e tentativi di suicidio».
Un’audizione dunque, quella dell’EDF, tramite la quale si è voluto accelerare una risposta europea ai reati di violenza contro le donne con disabilità. E dell’EDF fa parte anche Silvia Cutrera, presidente dell’AVI di Roma (Agenzia per la Vita Indipendente), firma spesso presente anche sulle pagine del nostro sito, della quale il portale SuperAbile ha presentato un’intervista, ove si tenta di inquadrare questi terribili fenomeni, a partire proprio dal citato “Caso Gauer”. La riprendiamo qui di seguito, per gentile concessione. (S.B.)
Cos’è il caso Gauer e quale la sua importanza?
«Il 10 dicembre 2008, presso la V Sezione della Corte di Giustizia francese, è stato depositato il ricorso di Joelle Gauer e di altre donne disabili contro la Francia, nel quale le ricorrenti denunciavano di essere state sterilizzate senza il loro consenso. I fatti risalgono agli anni 1995-1998, quando alle giovani donne con disabilità veniva praticata la legatura delle tube come metodo contraccettivo, senza il loro consenso e senza che fossero informate della natura dell’intervento.
Dopo varie vicissitudini, nel 2006 il Tribunale di Sens emise un’ordinanza di non luogo a procedere, sostenendo che l’operazione chirurgica “non poteva essere considerata una pratica illecita” e che l’assenza di consenso “non attribuiva connotati penali ai fatti denunciati”. Una decisione, questa, confermata in appello nel marzo del 2007, motivata dalla tesi che la legatura delle tube è tecnicamente reversibile, che le persone con disabilità mentale non sono in grado di accudire i loro figli e che quindi tale metodo contraccettivo era stato scelto “nell’interesse delle ricorrenti, senza alcuna volontà di mettere in pericolo la loro salute”: non era stata adottata quindi una politica eugenetica! La Corte d’Appello francese aggiungeva che tali fatti trovavano copertura nelle leggi in vigore».
La vicenda è finita così?
«No. Le parti civili, infatti, ricorsero in Cassazione e quest’ultima, nel giugno del 2008, dichiarò il ricorso irricevibile ai sensi dell’articolo 575 del Codice di Procedura Penale, che prevedeva requisiti restrittivi per permettere alle parti civili di ricorrere in appello contro le Sentenze della Camera Istruttoria.
Sollevata la questione di legittimità costituzionale, lo stesso articolo 575 venne dichiarato incostituzionale e abrogato il 23 luglio 2010. Invocando l’articolo 6 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità [“Donne con disabilità”, N.d.R.], i ricorrenti denunciarono che le giovani donne, fin dall’inizio della procedura giudiziale, non avevano potuto essere rappresentate, che non era stato nominato un amministratore ad hoc e che l’associazione che si era costituita parte civile era stata considerata priva dei presupposti per stare in giudizio.
Invocarono anche l’articolo 3 della Convenzione [“Princìpi generali”, N.d.R.], per contestare l’attacco alla loro integrità fisica, visto che erano state sterilizzate senza consenso, l’articolo 8 e il 12 [“Accrescimento della consapevolezza” e “Uguale riconoscimento dinanzi alla legge”, N.d.R.], perché non era stato rispettato il diritto alla loro vita privata ed era stata loro impedita la formazione di una famiglia. Infine anche l’articolo 14 [“Libertà e sicurezza della persona”, N.d.R.], per contestare la discriminazione subita in quanto persone con disabilità.
Nell’agosto del 2011 il Caso Gauer è approdato alla Corte Europea dei Diritti Umani, ma ci vorranno alcuni anni per conoscere la pronuncia».
Violenza sulle donne con disabilità: ci sono numeri per riuscire a inquadrare le dimensioni del fenomeno?
«Le cifre sono poco attendibili, considerato che molte violenze rimangono sotto silenzio. Tuttavia, si stima oggi che, a livello europeo, circa il 40% delle donne con disabilità subisca una qualche forma di violenza. Sono 80 milioni le persone con disabilità in Europa, di cui circa la metà donne: circa il 16% delle donne europee è disabile».
Quali tipi di violenze e abusi sono più frequentemente subiti dalle donne con disabilità?
«La violenza più aberrante è quella sessuale, ma la violazione più diffusa è quella dei diritti umani: diritto alle cure sanitarie (specialmente quelle di diagnostica preventiva), diritto alla formazione, al lavoro, alla sessualità ecc.».
Sterilizzazioni forzate: vietate dalla legge, ma di fatto ancora praticate. Ci sono cifre sul fenomeno?
«Sì, le sterilizzazioni senza consenso sono ancora praticate nel mondo, ma non sono in grado di quantificarle. Sappiamo però che in Italia, dal 1985 al 1998, si sono praticate circa 6.000 sterilizzazioni forzate negli Ospedali Psichiatrici».
*Presidente dell’AVI di Roma (Agenzia per la Vita Indipendente). La presente intervista è apparsa nel portale SuperAbile INAIL, con il titolo Sterilizzazioni forzate: dal 1985 al 1998, circa 6 mila negli Ospedali Psichiatrici (a firma “cl”) e viene qui ripresa – per gentile concessione – con lievi riadattamenti al contesto e arricchita da una nostra introduzione.