Rifiutiamo di passare dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ai «manicomi privati»

di Stefano Cecconi* e Fabrizio Rossetti*
È proprio questo il grave rischio paventato dal Comitato Stop OPG - voluto da numerose organizzazioni del Terzo Settore, oltreché sindacali, impegnate per l'abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari - esaminando la recente ultima bozza di decreto applicativo della Legge che elimina appunto quelle strutture. «Rischiamo addirittura il business - scrivono gli esponenti del Comitato - alimentato obbligatoriamente dalla spesa pubblica, dato che il ricovero è disposto dalla Magistratura, e a pagare saranno le ASL, mentre è inquietante l'idea che potrebbero essere soggetti privati a realizzare e gestire strutture detentive». E concludono: «L'urgenza è certo quella di dare sollievo agli uomini e alle donne oggi internati negli attuali OPG, realtà indegne di un Paese civile, ma bisogna farlo restituendo dignità e diritti di cittadinanza, non alimentando business o nuovi manicomi, che per loro natura impediscono la cura e la riabilitazione di persone malate»

Persona di colore con disabilità mentaleCome avevamo riferito qualche mese fa (se ne legga cliccando qui), tra le modifiche attuate al Decreto Legge 211/11, “recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”, prima che esso diventasse la Legge 9/12, vi era anche quella riguardante l’articolo 3-ter, ovvero Disposizioni  per  il  definitivo  superamento  degli ospedali  psichiatrici  giudiziari, da attuare tramite un successivo decreto.
Subito dopo, il
Comitato Stop OPG – voluto da numerose organizzazioni del Terzo Settore, oltreché sindacali, impegnate per l’abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari – aveva espresso il proprio parere positivo, ma anche una serie di critiche, evidenziando in particolare la necessità di «evitare che al posto degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari nascano “mini OPG”, magari uno in ogni Regione».
«Abbiamo già espresso la preoccupazione – avevano aggiunto i rappresentanti del Comitato – che le strutture residenziali previste in sostituzione dei vecchi OPG finiscano per riprodurre situazioni simili agli ospedali psichiatrici. E che le persone restino internate, in strutture certo meno fatiscenti, ma pur sempre in luoghi di internamento. Mentre l’alternativa all’OPG, come per i manicomi, è offrire ad ogni persona un percorso di cura, di assistenza e di inclusione sociale nel territorio, e non solo il ricovero in strutture, che finisce per escludere e recludere». «Per questo – era stata la conclusione – il voto del Senato ci spinge a insistere con il Governo, la Conferenza delle Regioni e nelle singole Regioni, con la campagna
Un volto, un nome, per restituire cittadinanza ad ogni persona. E quindi anche a proporre l’urgenza di una legge che abolisca definitivamente l’istituto giuridico dell’OPG».
E tuttavia, a distanza di qualche mese, nell’apprendere che «l’ultima bozza di decreto per applicare la nuova Legge 9/12 stabilisce che le strutture residenziali in cui ricoverare gli attuali internati negli OPG potranno essere realizzate e gestite dalle Aziende Sanitarie, tramite i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM), o dal privato sociale e imprenditoriale», come riferito nei giorni scorsi anche dal «Sole 24 Ore – Sanità», le critiche diventano ben più dure, come si può leggere nella nota da noi ripresa qui di seguito. (S.B.)

Di male in peggio: avevamo già criticato la nuova legge sugli OPG (uno specifico articolo del cosiddetto Decreto “svuota carceri”), perché invece di privilegiare la presa in carico degli internati da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale con Progetti Terapeutico Riabilitativi Individuali – così da permettere l’effettiva costruzione di percorsi alternativi agli OPG – rischia di concentrare tutto sulla creazione di “miniOPG” in ciascuna Regione, perpetuando la logica manicomiale, con il tragico binomio cura/custodia.
Ora rischiamo addirittura il business, alimentato obbligatoriamente dalla spesa pubblica – dato che il ricovero è disposto dalla Magistratura – e a pagare saranno le ASL (e lo Stato qualora sia prevista la vigilanza esterna). Mentre è inquietante l’idea che potrebbero essere soggetti privati a realizzare e gestire strutture detentive.
Un disastro, uno stravolgimento di quello che doveva essere il processo di superamento degli OPG: per questo chiediamo al Ministro della Salute la convocazione urgente dell’incontro, che pure aveva convocato e poi rinviato.
Al Presidente della Conferenza delle Regioni, poi, che abbiamo già incontrato, chiediamo un immediato intervento. Così come auspichiamo una decisa azione del Ministro della Giustizia contro la privatizzazione della giustizia e delle carceri.
Insistiamo perché si proceda subito a finanziare non ancora strutture manicomiali, ma i Progetti Terapeutico Riabilitativi Individuali, in modo da “svuotare” gli attuali OPG, destinando i finanziamenti previsti dalla Legge 9/12 (intanto i 93 milioni nel biennio per l’assistenza sanitaria) ai Dipartimenti di Salute Mentale.
E del resto, l’Ordine del Giorno 9/4909/31 approvato alla Camera, in occasione del voto sulla legge per l’emergenza carceri, impegna il Governo proprio in questa direzione.
Finché non cambierà finalmente la legge sull’imputabilità del “folle reo” e sulla “pericolosità sociale”, senza una vera presa in carico dei Dipartimenti di Salute Mentale per offrire percorsi individuali di assistenza – come prevedono Sentenze della Corte Costituzionale – tutti (o quasi) gli internati saranno inevitabilmente trasferiti nelle nuove strutture manicomiali (ora perfino private!), dove la Magistratura continuerà a disporre l’esecuzione della misura di sicurezza.
L’urgenza è certo quella di dare sollievo agli uomini e alle donne oggi internati negli attuali OPG, realtà indegne di un Paese civile, ma bisogna farlo restituendo dignità e diritti di cittadinanza, non alimentando business o nuovi manicomi, che per loro natura impediscono la cura e la riabilitazione di persone malate.

*Per il Comitato Stop OPG.

Share the Post: