Bambini e malati, nel Vangelo, hanno sempre avuto una corsia preferenziale nell’abbraccio a Gesù. In questa storia, invece, c’è un bambino, afflitto da un grave disagio mentale, escluso dalla prima comunione perché «incapace di intuire la portata del sacramento».
C’è anche un sacerdote, don Piergiorgio Zaghi, 70 anni, da ventiquattro parroco della chiesa dell’Immacolata Concezione a Porto Garibaldi, Comacchio, terra di mare, Po e anguille, che al telefono taglia corto («Non ho nulla da dire, voglio essere rispettato»), mentre mai come ora sarebbe il momento di parlare e spiegare, se non altro per rispetto verso gli amici del ragazzino che si chiedono, e lo hanno scritto in una lettera a don Zaghi, «perché il nostro compagno è stato escluso? È cattivo? Si comporta male? A noi sembra bravo e tranquillo… ».
Può darsi che il buonsenso torni a prevalere in questa storia che di evangelico ha ben poco, anche se le premesse non sono incoraggianti, almeno a sentire le parole provenienti dalla Diocesi che, tramite il vicario monsignor Antonio Grandini, ha così motivato sulle colonne della «Nuova Ferrara» il rifiuto di don Zaghi a porgere l’ostia al bambino: «Non c’è stata alcuna discriminazione: per ricevere il sacramento il ragazzino dovrebbe almeno distinguere il pane dall’ostia, e questo al momento non è avvenuto».
La storia di Luca (nome di fantasia), 10 anni, è quella di un bimbo inevitabilmente diverso dai suoi coetanei, ma non per questo escluso dalla vita. Ha frequentato il corso di catechismo nella chiesa di don Zaghi e, come racconta la madre, «ci andava volentieri, anche se non si può negare che il suo grado di attenzione fosse inferiore a quello dei compagni».
Qualche giorno fa è successo quello che nessuno si aspettava. Doveva essere una sorta di prova generale in vista della cerimonia: tutti i bambini (una ventina) si sono schierati davanti al parroco, che simulava la somministrazione dell’ostia. Arrivato il turno del piccolo Luca, don Zaghi è passato oltre. Niente comunione per lui.
In un batter d’occhio la cosa si è saputa tra le quattromila anime di Porto Garibaldi. E lo stesso don Zaghi, il giorno dopo, durante la messa, ha provato a spiegare: «So che la dottrina non prevede l’esclusione dall’Eucarestia per le persone incapaci di intendere e volere, ma sarebbe almeno necessario che il bambino capisse il valore del sacramento».
C’è un retroscena in questa storia. Le difficoltà del piccolo Luca erano già emerse durante il catechismo. Pare che il bambino rifiutasse l’ostia e che la sputasse. Don Zaghi aveva sottoposto il problema alla Curia di Ferrara e quest’ultima aveva proposto di somministrargli al posto dell’ostia una caramella, consentendogli così di partecipare alla cerimonia. Ma il parroco, personaggio poco incline alle mediazioni (raccontano che in passato abbia negato la cresima a un ragazzo perché figlio di una coppia convivente, ma non sposata), ha rifiutato.
Ora non sarà semplice uscirne. La madre del piccolo ha dato incarico a un legale di denunciare l’episodio alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: «È un’evidente discriminazione – dice -, spero che il parroco ci ripensi. L’ordinamento canonico non fa alcun riferimento all’età o alla capacità di intendere».
Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, parla di «oscurantismo da Medioevo». E Giovanni Ramonda, della Comunità Giovanni XXIII, ricorda a don Zaghi che «i disabili, come diceva don Oreste Benzi, sono angeli crocifissi».
*Il presente testo, qui riproposto con alcuni riadattamenti al contesto, è stato pubblicato da InVisibili, blog del «Corriere della Sera», con il titolo Nega la comunione a un bambino disabile: “Non può capire”. Viene qui ripreso per gentile concessione.