Un caro amico mi parla di disorientamento delle persone con disabilità e dei loro familiari – o perlomeno del rischio di esso – nell’incrocio tra notizie giornalistiche, comunicati della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e note del governo sul nuovo ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e sull’indennità di accompagnamento.
Nonostante tutto sia alla luce del sole (come sempre), cerchiamo di mettere in fila un po’ di cose.
Cosa è accaduto
1. Il Governo, attraverso il sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali Maria Cecilia Guerra, sta costruendo un percorso di consultazione – assai prossimo alla concertazione – sul Decreto che deve emanare a seguito dell’articolo 5 del cosiddetto “Decreto Salva-Italia” [convertito nella Legge 214/11, N.d.R.].
I “consultati” sono: il Coordinamento degli Assessori ai Servizi Sociali delle Regioni, i responsabili ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) delle Politiche Sociali, i Settori Welfare dei sindacati CGIL, CISL, UIL e UGL, la FISH, la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e – dopo la loro protesta perché esclusi – il Forum del Terzo Settore e il Forum delle Famiglie.
Va precisato che – per l’emanazione del DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio) – non è prevista alcuna forma di consultazione, solo il parere delle Camere. Per atti di questa natura giuridica, infatti, mai nessun Governo aveva consultato la FISH e la FAND o qualsivoglia altro esponente del modo della disabilità.
2. A tutti i “consultati” – eccezion fatta per i Forum, che saranno auditi proprio domani – è stato presentato solo lo strumento di misurazione del reddito, non i campi di applicazione, che questi siano gli emolumenti come indennità e pensioni, oppure servizi sociali, socio sanitari o sanitari.
Con la FAND si sta tentando di arrivare all’incontro con il sottosegretario Guerra con un documento comune sull’ISEE. Senza successo però.
3. I sindacati vengono auditi la mattina del 14 maggio, la FISH e la FAND nel pomeriggio dello stesso giorno. Vengono usate le stesse slide di presentazione. Vengono consegnati gli stessi documenti. Al termine dell’incontro con FISH e FAND, chi scrive si è recato in CISL per altre ragioni, e ci siamo confrontati sui contenuti dell’incontro che avevano avuto loro e che avevamo avuto noi: identici i contenuti, identiche le preoccupazioni. Tanto ancora da negoziare sul calcolo dell’ISEE. Al termine decidiamo di produrre un comunicato stampa interlocutorio.
4. Il giorno dopo Roberto Petrini de «la Repubblica» pubblica alcune indiscrezioni con evidenti forzature: alle audizioni non ha partecipato alcun rappresentante del Ministero dell’Economia, tra i sindacati c’era anche l’UGL, e non si era parlato di campi di applicazione. La CGIL produce subito un comunicato di attacco contro i contenuti delle indiscrezioni de «la Repubblica». A due ore di distanza segue un nostro comunicato e successivamente tanti altri. A tal proposito non si capisce perché alcuni si ostinino a scrivere che i sindacati non hanno smentito. La CGIL, ad esempio, ha dichiarato nero su bianco che «non ci sta a far cassa sulle indennità» e tra l’altro il 16 maggio esce un comunicato a tre (CGIL, FAND e FISH).
Ciò che tutti paventiamo è che esista un altro luogo dove si sta studiando il taglio, trasformando il tavolo con la Guerra in un vero e proprio “trappolone”. Altra cosa – orribile – è che esista qualcuno tra noi auditi che possa avere avuto qualche altra occasione di dialogo e che abbia sottoscritto tali ipotesi. Ovviamente cresce la ridda delle ipotesi e la “caccia alle streghe”. Brutto clima.
5. Lo stesso giorno – 15 maggio – Guerra dirama un comunicato che smentisce nettamente le indiscrezioni de «la Repubblica», dicendo chiaro e tondo che negli incontri non si è mai parlato di quale prestazione o servizio sarebbe assoggettato al nuovo ISEE. Non dice però su cosa stia lavorando, quanto a campo di applicazione. Ergo, la notizia de «la Repubblica» è falsa (Guerra non ha parlato con nessuno né di indennità da tagliare né di limite di 15.000 euro annui, mettendo una pietra tombale sulla caccia alle streghe), ma non dice che non è un ipotesi sulla quale stanno lavorando. Ecco da dove nasce il citato comunicato di CGIL, FAND e FISH del giorno successivo.
6. In quelle ore convulse ci confrontiamo spesso con Giovanni Pagano – presidente della FAND – dichiarandoci entrambi disposti a tutto pur di difendere l’indennità di accompagnamento. Entrambi cerchiamo contatti con gli uffici della Guerra che rassicurano: quell’ipotesi riportata da Petrini non è in campo.
Nel tardo pomeriggio del 16 – per posta elettronica – arriva la proposta di Tommaso Daniele, presidente dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), di indire una manifestazione per il 23 maggio. Ci sentiamo con Pagano verso le 19.30. Conveniamo sui pericoli, ma vogliamo entrambi vedere documenti scritti, dato che abbiamo un tavolo aperto e che il successo di partecipazione alla manifestazione – in soli quattro giorni lavorativi – è a rischio. Conveniamo dunque sulla data del 30 maggio. Mi incarico di sentire personalmente Daniele, dato che quest’ultimo, con Pagano, non si era mostrato disponibile a cambiare la data.
7. La sera alle 20 il Partito Democratico convoca una riunione politica sull’ISEE, con CISL e CGIL tra i partecipanti. Tutti sostengono che dopo l’articolo de «la Repubblica» cambia tutto: prima di esprimere giudizi sullo strumento di misurazione, bisogna vedere a cosa si applica. Dichiarano a chiare lettere che «su questa roba non si fa cassa» e che non vogliono un altro episodio come quello dei cosiddetti “esodati”. Io annuncio la nostra ipotesi di scendere in piazza. Finiamo alle 23.30.
8. La mattina dopo alle 7 invio a settanta membri della FISH un SMS di consultazione sull’opportunità di manifestare e sulle due date in bilico. Dopo aver ricevuto risposta da circa l’80% dei membri FISH consultati – che si attesta unanimemente per il sì alla piazza, ma per il 30 maggio – verso le 9 chiamo Daniele, il quale afferma che si sarebbe consultato con le componenti dell’UICI.
Verso le 11.30 mi invia una mail dicendo che loro sono irremovibili sul 23. Hanno paura di un “blitz del Governo” e che il Decreto venga approvato senza consultazioni il 31 maggio, così come previsto dalla norma. Certo che così il 30 sarebbe tardi! Gli spiego quindi che non esistono i tempi tecnici per approvarlo entro il 31 maggio.
Subito dopo, sento Pagano che mi spiega come le altre organizzazioni FAND non siano favorevoli al 23, ma assieme conveniamo che non si può rompere il fronte unitario su un argomento così decisivo. E quindi proclamiamo la manifestazione per il 23 maggio. Ecco spiegato perché parte prima la comunicazione interna dell’UICI di quella pubblica, prodotta congiuntamente da FISH e FAND.
Il pomeriggio, all’incontro con il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo sull’educazione inclusiva, il presidente dell’ENS (Ente Nazionale Sordi) apprende da chi scrive la data del 23 e si mostra sconcertato, ma poi dice che si impegnerà. Siamo in ballo e si balla.
9. Il giorno dopo – 19 maggio -, mentre fervono i preparativi, vado a Venezia a un convegno sul welfare promosso dall’Università Ca’ Foscari, ove partecipo a una tavola rotonda come rappresentante del Forum del Terzo Settore, assieme al sottosegretario Guerra. È decisamente alterata per le nostre iniziative dopo le sue rassicurazioni. Le dico che è dall’emanazione del Decreto “Salva-Italia” che siamo in ballo e che il tira e molla sta sfiancando il mondo della disabilità. Mi dice che ha condiviso con la Presidenza del Consiglio un comunicato stampa di chiarimento. Nel frattempo FISH e FAND avevano inviato anche una lettera al presidente del Consiglio Monti e al sottosegretario Catricalà.
Alle 17 finisce il convegno di Venezia e mi faccio leggere telefonicamente il comunicato del Governo. Da lì in poi – fino alle 21 – cerco sia Pagano che Daniele, ma senza successo. Ricevo telefonate da molti amici della FISH che chiedono (e suggeriscono) sul da farsi. Tutti dicono: sospendiamo – non annulliamo – anche perché sull’ISEE c’è ancora molto da chiarire.
La mattina dopo, a Biella per l’inaugurazione di un orto ANFFAS [Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilià Intellettiva e/o Relazionale, N.d.R.] accessibile, invio l’SMS di sospensione ai settanta indirizzi FISH che ho in rubrica verso le 9. Subito dopo mi chiama Pagano dicendomi che si era rotto il suo cellulare. Concordiamo il comunicato stampa (che qualcuno, per far “tornare i propri teoremi”, scambia per solo comunicato FISH).
Cosa c’è in ballo
1. A tutti appare evidente che il “famigerato” articolo 5 è frutto di un compromesso tra il PdL e il PD, partiti che da posizioni diverse sostengono il Governo Monti. È perciò scritto male. I primi (il PdL) insistono sulle ipotesi della riforma fiscale e assistenziale Tremonti-Sacconi, contro la quale avevamo iniziato a manifestare (se ne legga cliccando qui) e sulla quale avevamo lavorato – per smontarla – con il Forum del Terzo Settore (se ne legga cliccando qui). Il PD insiste invece sul suo accantonamento e in particolare sull’automatismo del taglio lineare delle prestazioni fiscali agevolate e assistenziali previsto dall’altrettanto famigerato articolo 10.
La mediazione, per noi, è un rischio gigantesco, ma essendo inserita nel primo provvedimento del Governo Monti che serve a recuperare la credibilità del Paese, non poteva che essere “blindato”.
2. Sull’ISEE si gioca poi la “partita dell’equità”, uno dei tre paradigmi con i quali Monti tiene assieme una maggioranza tanto eterogenea.
Tutti sappiamo dell’evasione fiscale nel nostro Paese. Tutti sappiamo che c’è un’elusione anche dell’ISEE attuale nell’accesso alle scuole materne pubbliche, all’università, alle tariffe agevolate di luce e gas ecc. Una delle ragioni è la debolezza nel calcolo patrimoniale dell’attuale ISEE, sul quale va certamente posto un argine. Su questo è evidente che come Cittadini non possiamo che essere d’accordo. Inoltre – per non disconoscere completamente le strategie del precedente Governo – nel calcolo dell’ISEE il Governo Monti ha voluto aggiungere i redditi esenti, tra cui l’indennità di accompagnamento. Altrettanto ha fatto nel non escludere quell’emolumento dal campo applicativo dell’ISEE.
3. Chiaramente, quindi, esistono nella maggioranza ipotesi contrapposte. Ed è altrettanto chiaro che chi deve attuare l’articolo 5 di ciò deve tenere conto. Questa è la consapevolezza di tutti coloro che approcciano quel tavolo. Ed è un non detto che pesa come un macigno. Si opera come appesi a un filo sospeso nell’aria: il rischio è che chi non tiene l’equilibrio si faccia male davvero. In quest’ottica si deve leggere il recente comunicato della deputata Margherita Miotto.
4. Il ministro Fornero e il sottosegretario Guerra ci hanno più volte rassicurati, ma l’articolo de «la Repubblica» ha rotto quell’esile bilanciamento tra soluzioni imperfette per la tutela delle persone con disabilità e la paura.
Le rassicurazioni, nel tempo, sono state anche su altri fronti: sono spariti, ad esempio, i “falsi invalidi”. Cambia il Governo e cambiano le versioni del presidente dell’INPS Mastrapasqua: i falsi invalidi sono diventati «un fenomeno risibile», 1.500 su 1.800.000 prestazioni (se ne legga cliccando qui): solo lo 0,08%.
Nel momento in cui i media rilanciano le immagini della “falsa invalida” di Pinerolo e altri, Guerra va spesso in TV a ribadire il concetto: il fenomeno va combattuto, ma è fisiologico. Il problema è l’invecchiamento della popolazione. E il fronte viene aperto su un nuovo-vecchio indirizzo, i Livelli Essenziali. Si sposta cioè il baricentro dalla “disabilità-peso per la società” a un tema sul quale il Governo, nel suo insieme, deve intervenire.
In quei giorni ci annunciò anche ciò che sarebbe stato reso noto molto recentemente, ovvero il cosiddetto “Piano per il Sud” di 2,3 miliardi di euro del ministro per la Coesione Territoriale Fabrizio Barca, richiamando sempre però due fatti: a. il punto precedente; b. la crisi economica, l’euro, lo spread ecc.
Non è insignificante un passaggio fondato sulla verità dei dati e non sugli ideologismi della “purezza dei probi contro gli sciuscià sociali”, piccoli truffatori che mendicherebbero la beneficenza pubblica e usurperebbero ingenti risorse pubbliche, quasi dei “pensionati d’oro”. Tanto meno la promessa che si avvera del Piano per il Sud: un unicum in politica di questi tempi.
5. E poi c’è la paura di “non sfangarla” stavolta. Il 7 luglio 2010 riuscimmo a sconfiggere l’ipotesi nefasta del taglio all’indennità di accompagnamento. Parole dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: «Stavolta non ci speravo proprio che saremmo riusciti ad evitare il taglio». Ma oggi c’è una situazione internazionale troppo critica e degenerata. C’è anche un evidente propagarsi trasnazionale del fenomeno dei “falsi invalidi”, scoperti persino negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Svizzera. Oltre che in Grecia. Poi quella bozza di misurazione del nuovo ISEE, per niente convincente: un lodevole tentativo di compensare il calcolo di redditi esenti come indennità e pensione che però si rivela teorico e inefficace? Un errore? Oppure?
6. L’ineluttabilità della riduzione delle politiche sociali è un elemento di frustrazione. Del recupero delle risorse azzerate non si parla nemmeno se non nella cerchia purtroppo ristretta – seppur enormemente partecipata – di iniziative come Cresce il Welfare Cresce l’Italia.
Allo stesso modo un presidio assistenziale come l’indennità di accompagnamento – che la Corte Costituzionale definisce tale – passa come integrazione al reddito nel “silenzio assordante”. Analogamente qualcuno potrebbe porre il tema dei voucher, degli assegni di cura fino all’assistenza indiretta e diretta. Cosa dire poi della quantificazione per singolo intervento ospedaliero in Lombardia? Anche quello potrà divenire sostegno al reddito?
7. Non possiamo non cogliere che nell’ultimo comunicato della Presidenza del Consiglio c’è un cambio di passo. A parlare, infatti, non è più un Sottosegretario alle Politiche Sociali – sottovalutate praticamente da ogni Governo -, ma il vertice massimo del Governo stesso. E quello che dice non è di forma: «una riforma dell’indennità in funzione del bisogno». Se io so ancora leggere l’italiano, si tratta di riconoscere il bisogno assistenziale che col reddito non c’entra nulla. È quindi di una gradualità in base al bisogno che si parla. Un po’ come in Germania, dove l’indennità varia da 200 a 1.200 euro mensili. Dichiarazione molto ardita, quindi. Andremo a leggere le carte come si fa in una partita di poker.
Usciamo quindi dal risarcimento di una menomazione? Noi lo chiediamo da anni, dato che lo schematismo corporativista delle minorazioni associa come “plurihandicap” appunto le minorazioni, fregandosene bellamente della gravità oggettiva. Ad esempio, a una persona con autismo viene riconosciuta una sola indennità poiché vede, sente e cammina. Non importa se servono ben due persone al giorno per assisterla. Il nostro “Piave” non saranno certo le paroline «al solo titolo della minorazione». Non lo sono mai state. Vediamo se l’alternativa coincide con ciò che diciamo da quindici anni. Di certo il nostro “Piave” è che l’indennità di accompagnamento non può e non dev’essere legata al reddito. Non dobbiamo certo dimostrarla ora questa nostra posizione.
8. L’altro elemento, infine, è che vogliamo vere compensazioni sul calcolo dell’ISEE, a partire dal computo del lavoro di cura di genitori, coniugi ecc. ecc. Solo così abbiamo la certezza dell’equità.
Noi non spendiamo 6.000 euro annui per spesa sanitaria, siamo esenti ticket. Tanto meno 9.000 per badanti, non possiamo permettercelo. Alle volte gli anziani sì, perché hanno prodotto reddito per tutta la vita (al contrario di noi che siamo disoccupati all’80%) e hanno figli in grado di fungere da sostegno negli ultimi anni di vita. E poi la garanzia che l’ISEE non sia applicato agli emolumenti e ai servizi per l’inclusione sociale: non si può infatti permettere che una prestazione che consente a una persona di produrre reddito sia gravata da compartecipazione. Il rischio è che si mettano le persone di fronte alla scelta di lavorare o di essere assistiti, di essere indipendenti o “bamboccioni” per tutta la vita.
Cosa fare
1. Creare alleanze con forze sociali di ogni tipologia, con opinion e policy maker. È necessario che ad esempio le campagne contro i “falsi invalidi” – che sottendono al taglio delle scarse prestazioni sociali – trovino opposizione in un’area più solida che nelle semplici associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari.
Fa più opinione nel Paese un articolo di Gian Antonio Stella su «Corriere della Sera», di una manifestazione di poche centinaia di disabili. Fa più danni un universitario accademico che teorizza l’inutilità dell’indennità di accompagnamento di un effimero articolo di pseudo-scoop di un giornalista de «la Repubblica». Ha più forza politica una proposta che vede uniti sindacati e formazioni sociali che non un movimentismo informe.
2. Incalzare il Governo e il Parlamento su ogni atto che ci riguardi. Non mollare la presa, investendo energie sulla parte positiva dei dubbi. La disabilità “non va sull’Aventino”, è quotidianità, non è opposizione.
3. Tenere pronte iniziative di protesta se e quando necessario. Tutti devono sapere di esserne coinvolti. Abbiamo dimostrato di non tirarci indietro, anzi, di andare anche da soli, se necessario, mettendo in conto denunce penali per manifestazione non autorizzata (se ne legga ad esempio cliccando qui).
Negli ultimi anni l’abbiamo praticata spesso questa forma di lotta politica. D’altro canto è evidente che in tutto il mondo occidentale, ad essere sotto attacco è il welfare. Bisogna usare gli atti con strategia, però. Quando cioè ogni altra arma si è dimostrata inefficace.
Spero dunque che ora sia chiaro sia perché abbiamo scelto di sospendere la manifestazione del 23 maggio, sia perché non l’abbiamo annullata. In barba ai dietrologismi e alle “complotterie”. Al cui esercizio lasciamo altri.