«Non si può pensare che lo Stato sia in grado di fornire tutto in termini di trasferimenti e servizi». E ancora: «Sia il privato che lavora per il profitto sia il volontariato no profit sono necessari per superare i vincoli di risorse. Il privato, in più del pubblico, possiede anche la creatività per innovare e per creare prodotti che aiutino i disabili. La sinergia tra pubblico e privato va quindi rafforzata».
Queste le parole del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero alla manifestazione della Fiera di Milano ReaTech Italia, durante il convegno del 25 maggio scorso, denominato Autonomia delle persone con disabilità: un nuovo contributo per assicurarla. «Prodotti che aiutino i disabili», aveva dunque dichiarato il Ministro, ed è necessario precisare che il riferimento specifico è a quelli assicurativi, rispetto ai quali Fornero ha aggiunto: «Per evitare accuse di raggiro o frodi, il ruolo pubblico dovrebbe dare credibilità inserendosi nella relazione tra la persona e il mondo assicurativo. C’è bisogno di innovazione finanziaria e creatività».
Si tratta di «parole – si legge in una nota della FISH (Federazione Italiana per il Suoperamento dell’Handicap) – che lasciano sconcertate le organizzazioni delle persone con disabilità, per la loro crudezza e per l’evocazione di una “cultura” che non si pensava potesse penetrare nel nostro Paese, risalendo fino ai vertici di un Governo che si appella ad ogni pie’ sospinto all’equità. Con la prima affermazione, infatti, Elsa Fornero gela qualsiasi ipotesi e speranza di innovazione sociale, di garanzia dei diritti civili, di efficacia ed efficienza dei servizi sociali, di miglioramento delle prestazioni per i disabili gravissimi e per i non autosufficienti, tradendo il retropensiero che gli stanziamenti per l’autonomia personale delle persone con disabilità siano una “spesa morta”, un sovraccarico insostenibile, un capriccio di pochi, e non già invece un investimento. In tal senso, ricorda tragicamente alcune brutali dichiarazioni del già ministro dell’Economia Giulio Tremonti (“Come può un Paese con due milioni e mezzo di disabili essere davvero competitivo?”)».
«Lo Stato rinuncia ad attuare quanto previsto dall’articolo 38 della Carta Costituzionale – commenta indignato Pietro Barbieri, presidente della FISH – e quanto sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Getta la spugna invocando un intervento caritatevole (o interessato) dei privati. Un lesto e mesto ritorno alle opere pie… o a qualcosa di peggio».
«Ma la seconda parte delle affermazioni del Ministro – si legge ancora nel comunicato della FISH – ha risvolti non meno inquietanti. Lo Stato, infatti, pur di liberarsi della spesa per la disabilità e la non autosufficienza, diventerebbe procacciatore d’affari per le Assicurazioni e le eventuali risposte assistenziali sarebbero erogate in virtù di una polizza pagata in vita dai Cittadini. Una privatizzazione assicurativa del welfare, dunque, a iniziare dalle persone con disabilità per spingersi fin dove la “creatività” lo potrà consentire».
«A chi non giovi tutto ciò – conclude la nota della FISH – è presto detto: a chi non può permettersi di pagare una polizza assicurativa e a chi nasce con una grave menomazione o la contrae in tenera età. Giova invece – oltre che allo Stato – sicuramente al notevolissimo giro d’affari delle Compagnie Assicuratrici, vero “toccasana”, per queste ultime, in un periodo di crisi, con nuovi introiti e nuove prospettive anche sul fronte immobiliare. Tradiscono quest’ultima attesa le stesse parole del Ministro: “Qualche volta le persone anziane si trovano intrappolate in una casa che costa troppo e hanno difficoltà ad ottenere aiuti”. Un patrimonio immobiliare, insomma, che fa gola a molti».
«Sono dinamiche e logiche che, ovviamente, non ci appartengono – sottolinea ancora Barbieri – ma che rischiano di stritolare ogni prospettiva di reale inclusione sociale o di condizionarla al censo, al patrimonio e all’età, più che a un diritto costituzionale e, prima ancora, umano». (S.B.)
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