La foto qui a fianco viene da Bologna, è di questa mattina [ieri, N.d.R.] e documenta l’assembramento degli studenti in Piazza San Francesco. Sulla destra si vede chiaramente, di spalle, un ragazzo in sedia a rotelle. Un suo compagno ha la mano appoggiata sul bracciolo della carrozzina, quasi a volerlo rassicurare: non sei da solo, ci siamo noi.
Ecco, il terremoto è anche questo: la paura, umana, di non poter neppure scappare, di essere più a rischio, per l’immobilità, per la difficoltà a mettersi rapidamente al sicuro.
Già nei giorni scorsi ho letto – nei tanti commenti che si diffondono nei social netwok – alcune mamme domandarsi che cosa avrebbero fatto, in caso di terremoto. L’istinto di protezione materna: non lasciare mai e per nessun motivo da soli i propri cari, specie se disabili. Mi colpiva la loro sincerità e immediatezza, specie quando il figlio ha una disabilità grave, o intellettiva, e perciò ancora più forte è la sensazione che non potrebbe badare a se stesso in autonomia, come possono fare le persone senza alcun tipo di handicap.
Il terremoto – come tutte le catastrofi naturali – mette a dura prova qualsiasi precauzione prevista dalle leggi e dalla Protezione Civile: dalle zone calme, agli ascensori, dalle strade ai mezzi di trasporto. Le difficoltà di tutti diventano panico o impossibilità per chi è impedito nei movimenti, o comunque non ha la possibilità immediata di un aiuto valido.
Anche in Abruzzo molti erano stati i racconti di lunga immobilità, di impossibilità, dopo il sisma, a riprendere la propria autonomia personale. Ora in Emilia, terra abituata alla solidarietà e ricca di servizi di volontariato (si legga ad esempio in «Corriere della Sera.it – Salute», cliccando qui, l’articolo del 22 maggio intitolato terremoto in Emilia: quasi 100 disabili nei centri d’accoglienza), immagino che in queste ore si stia vivendo un dramma indicibile. E per le persone in situazioni di particolare disagio, legate alla disabilità, il danno è a volte “invisibile”, perché fortunatamente non rientra nel conteggio drammatico delle vittime o dei feriti, ma è comunque importante e reale.