Lo abbiamo definito, a suo tempo, «un libro da diffondere in questi momenti difficili» e anche un’opera «che fa riflettere e crea dibattito». È Persone disabili. In Famiglia, a Scuola e in Società (Ferrari Editore, 2011) di Francesco Fusca, ispettore del Ministero dell’Istruzione in Calabria e da esso prende spunto Giuseppe Marasco, per questa lunga intervista con lo stesso Fusca.
Qual è la prima cosa di cui si preoccupa un Autore quando scrive un saggio su una tematica così complessa come quella delle Persone disabili?
«In generale, un Autore che scrive un saggio si preoccupa che il libro sia “scritto bene”. E cioè, parafrasando Oscar Wilde, che il Lettore sia “ammaliato” e “servito” sia nello stile letterario (sobrio, semplice, lineare…), sia nel contenuto proposto.
In particolare, dovendo scrivere di/su un tema/problema così complesso e “delicato” – quali sono Disabilità/Solidarietà (tra “svantaggi” e “disturbi”, tra deficit e handicap: come, scientificamente, distingue Andrea Canevàro, sgomberando il campo da equivoci), e la Cultura e Civiltà – credo che l’Autore debba possedere “passione profonda” ed “esperienza partecipata” per una “materia” tanto “sottile” quanto facilmente “spezzabile” in… tabù – “orchi” – Monte Taigèto – Rupe Tarpèa…».
Leggendo la prima parte del libro, nella quale doverosamente definisci concetti e parole sulle Persone disabili usate diffusamente e spesso abusate e distorte, ho immaginato l’entrata in scena di un personaggio che crede nelle parole non solo come strumenti per comunicare e per raccontare storie, ma anche per trasformare e cambiare la realtà.
«Concordiamo sul “peso” socio-culturale e politico che le parole veicolano. Riflettiamo sull’analisi che Gian Antonio Stella (“Corriere della Sera” del 9 febbraio 2012) propone all’opinione pubblica. Dice: due milioni e ottocentomila Persone con disabilità, in Italia, sono “invisibili”. Dunque, le Persone disabili in Italia… non si vedono: sono invisibili. Cosa saranno mai due milioni e ottocentomila Persone disabili circa, a fronte di 60 milioni di Persone? Cifre irrilevanti, insignificanti: così ragiona – e, di conseguenza, fa – chi governa. Ovviamente, a nostro parere, si tratta di: s-ragionare e di s-governare…
Evidentemente si ragiona così (ragione?): “Oggi, questi storpi, matti, ciechi, sordi… non li possiamo sopprimere come ieri (attraverso… l’alta aulica etica del tristemente famoso Arbeit macht frei = Il lavoro rende liberi!); e allora che cosa facciamo? Semplice: Non li vediamo e, dunque, non ci sono perché non esistono; dunque, non costano, non rompono… Ergo: se non li vediamo… non ci sono. E dunque, ancora: Non c’è problema!».
Nella descrizione degli interventi di Integrazione e Valorizzazione delle Persone con disabilità dai grande rilievo alla “professionalità competente” che coniughi anche con il gioco e la gioia, ma che potrebbero sembrare elementi che mal si conciliano con professionalità e competenza.
«Sotto il profilo psico-pedagogico, la nostra Scuola, la Scuola italiana, nell’Unione Europea a 27, è stata – e ancora è – per alcuni aspetti strategici, monotona ripetitiva grigia. Sovente incontriamo Scuole “inattuali”, fuori storia e lontane dagli apporti della ricerca scientifica in Pedagogia, Didattica, Metodologia, Organizzazione.
La “colpa” (ma non siamo alla ricerca di “colpevoli”!) non è dei docenti della Scuola del nostro Paese, ma di chi ha governato (male e, a volte, malissimo, dimenticandosi, o facendolo a bella posta) la politica scolastica nazionale. Insomma, la formazione professional-competente dei docenti in servizio è la chiave di volta di una grande Scuola italiana-europea al corrente con la ricerca scientifica che oggi, più che mai, fa pendant con “padronanza spendibile” di tecnologie multimediali e di “lingue straniere” (“straniere”?). Nei fatti, però, sebbene la politica scolastica europea continuamente insista sulla formazione dei docenti, in realtà essa, nel nostro Paese, è andata scemando, diminuendo e scolorendosi negli ultimi anni, sino a diventare quella patetica ridicola farsa del “diritto-dovere”.
Oggi, la professionalità competente, a parte tante belle eccezioni (per Fortuna!), è come la famosa “araba fenice”, di cui ciascun dice, ma dove sia nessun lo sa. Perché? Non è facile rispondere a questa auto-domanda. Tuttavia, come da anni “predichiamo” in Calabria e in Italia (e lo scriviamo), occorre che la formazione sia obbligatoria, pena la perdita del posto (questa volta sì, precarietà) da parte del personale scolastico (da quello ATA [Ausiliare Tecnico Amministrativo, N.d.R.] ai docenti: dalla Scuola dell’Infanzia sino alla Scuola del Secondo Ciclo). I Sindacati se ne devono fare una ragione. Il populismo e la demagogia sono morti. Se no, in Europa e nel Pianeta, ci fanno a pezzi… Occorre essere “competitivi” e la competenza professionale la dà solo e soltanto l’autoformazione continua e l’eteroformazione continua. Per tutto il corso della vita, per richiamare la Dimensione europea dell’insegnamento-apprendimento…».
Come è possibile trasformare l’Integrazione di un disabile in una risorsa educativa e didattica per tutti? Dietro un’apparente convinzione, c’è molta diffidenza sulle reali possibilità di Integrazione Inclusione Valorizzazione degli alunni/e con patologie ad esempio autistiche, o disturbi dell’attenzione. Bisogna, come tu dici, “cambiare le teste”.
«Oltre mezzo secolo fa, nelle Scuole dei Paesi del Nord Europa, quando un bambino/a si iscriveva a Scuola e frequentava, la classe accogliente diventava “speciale”. Cioè una classe-Scuola più, di più, superiore. Si puntava, già mezzo secolo fa, alla nuova materia-disciplina-studio profondo: l’Umanità. Studiare Umanità sia sotto il riguardo dell’Ontologia, sia sotto il riguardo cultural-civile.
Edgar Morin (sulle tracce di saggezza di Terenzio) ha ri-proposto, nella Conferenza Nazionale sulla Scuola Italiana, a Roma, nel 2007, la stagione del Nuovo Umanesimo. Una “materia” vincente improrogabile improcrastinabile… memori di Hiroshima e Nagasaki, delle Foibe, dei tanti nazi-fascismi sparsi oggi sulla Terra (non meno di una settantina sono oggi, nel Pianeta, le guerre imperversanti, nelle quali sostanzialmente muoiono bambini/e, anziani, disabili, donne…).
“Far le teste” o, come ci ha insegnato qualche secolo fa Aristide Gabelli, “lavorare per uno strumento-testa che sia capace di criticare selezionare distinguere, tra tutti e tutto”. Ci vuole Cultura anzi, Culture. Plurale. Plurale è bello e vincente. Pluralismo è Democrazia. Oggi Morin semina interessanti idee con la sua testa ben fatta (che è il contrario della testa ben piena, di cui è piena zeppa l’odierna Umanità, a partire da quella italiana, infarcita della spazzature delle televisioni, di certo internet, di profittismo, di apparenza senza sostanza…).
Insomma, per la stragrande maggioranza di Uomini e Donne, oggi è meglio puntare sull’avere che puntare sull’essere».
L’impegnativa trattazione saggistica è ricondotta alla leggerezza e piacevolezza narrativa a ogni paragrafo con riferimenti testuali. A mo’ d’esempio, Andrea Canevàro (1996): «…c’era D. nella nostra sezione, non la sindrome di Down». Una strategia che la dice lunga sulla tua competenza nel fare libri.
«Canevàro, Università di Bologna, uno dei massimi pedagogisti in Italia e in Europa, con il quale abbiamo lavorato negli anni in più occasioni, tra l’altro distingue sulle parole-concetti handicap e deficit. Chiarendo che a Scuola, in aula, l’alunno/a disabile porta il suo deficit (o menomazione) che, normalmente, comporta una serie di handicap. Tutto è in rapporto al deficit, alla gravità, alla tipologia…
Comunque, la lezione di Canevàro, seguitissima dagli insegnanti, spiega il “lavoro di fino”, svolto “con maestrìa” dai docenti (specializzati per il sostegno e curricolari, insieme), per la quale lezione si cerca di eliminare o almeno ridurre gli handicap che la menomazione sempre comporta (sia se si tratta di cecità, sia se si tratta di sordità, sia se si tratta di idiozìa).
La visione della Persona disabile a Scuola è sempre più coscientemente “olistica” e, dunque, “visione d’insieme” dei vari diversi arricchenti aspetti della personalità di ogni Cittadino/a titolare di diritto soggettivo pieno. Quando l’Integrazione Inclusione Valorizzazione delle Persone con disabilità che frequentano la Scuola è processo positivo, significa che gli Operatori della Scuola e gli Operatori del Territorio hanno realizzato gli Accordi di programma e che le Unità multisciplinari ci sono e funzionano. Che sono ancora, però, in molte Regioni del nostro Paese, un sogno…».
Leggendo il tuo saggio Persone disabili, ci si imbatte in parole di denuncia che denotano una passione civile. Si sente il coinvolgimento emotivo quando parli della «Via italiana all’Integrazione e alla Valorizzazione delle Persone disabili» come un “uomo di scuola”-protagonista, che ha contribuito direttamente all’affermarsi di questo modello democratico di Inclusione. Quanta commovente passione si coglie in quegli avvertimenti e incitamenti! «Occorre stare molto all’erta!»; «Tutti tengano alta la guardia!»…
«Bisogna tenere alta la guardia. Tentativi, anche recenti, di tornare indietro (alle scuole-classi speciali), sono a portata di tutte… le tasche. Di persone politicamente autoritarie, falsamente elitarie, pericolosamente di segregazione il mondo è pieno. Soprattutto il mondo cosiddetto civile.
Persone disabili ha una finalità palesemente dalla parte degli altri. Difatti, nel giro di una manciata di mesi (dal giugno 2011), sono uscite due edizioni, che hanno voluto (e tuttora vogliono) accendere i riflettori sulla Cultura dell’handicap appannata, molto chiacchierata ma poco praticata, “tagliata” abbandonata derisa…
La Via italiana all’Integrazione ha reso famosa nel mondo la strategia organizzativa scolastica dell’Inclusione/Integrazione dell’alunno/a nella classe “normale” con i compagni/e “normali”, riducendo il numero dei frequentanti a 20. Questa “modalità”, sancita dalla Legge 517/77, è la felice conseguenza di una ricerca “su campo” della Commissione di studio capeggiata dalla senatrice Franca Falcucci. La conseguente Relazione Falcucci (1975) redatta dalla Commissione, dopo avere visitato le Scuole del nostro Paese [si tratta di Le radici dell’integrazione scolastica in Italia, disponibile cliccando qui, N.d.R.], spiega al Parlamento gli “effetti positivi” sotto i vari aspetti della personalità dei ragazzi/e in formazione, quando stanno e interagiscono in/dentro la classe e nell’Istituto con gli altri compagni/e. D’altronde, la “presenza” in classe di un/una disabile è fonte d’Umanità che arricchisce e allarga gli orizzonti sociali e le visioni culturali del mondo. Ce l’insegnano Stephen Hawking, scienziato astrofisico, che ha ereditato la cattedra che fu di Newton; Oscar Pistorius, atleta senza gambe, che fa i cento metri in dieci secondi; Salvatore Nocèra, avvocato, scrittore fine, esperto, profondo; Simona Atzori, danzatrice senza braccia, che dice: “Non mi manca niente; è che guardiamo troppo a quello che non abbiamo”…».
Alla fine il saggio delinea anche una “dimensione politica” nel senso classico del significato. Suggerisce le cose da fare, denuncia quelle non fatte o fatte male nell’ambito della formazione, degli accordi interistituzionali (“Accordi di Programma”) e spiega come queste azioni pratiche possano determinare l’efficacia dell’Integrazione o il suo fallimento. E il discorso ritorna sulle “parole” che possono creare pericolose derive quali la “fine giustizia ingiusta e la pseudo solidarietà” che coprono il reale rifiuto o rigetto di Persone disabili.
«Indubbiamente, le parole sono pietre. E non è solo un modo di dire letterario. Bene lo sanno gli Scrittori e soprattutto i Poeti. La normativa italiana sull’Integrazione è d’avanguardia. È noto a tutti. Gli studiosi della Pedagogia Comparata Speciale degli altri Paesi (giapponesi, statunitensi…) vengono, da decenni, a visitare studiare capire com’è possibile che Persone disabili, ai vari livelli di gravità patologica, possano stare-interagire-crescere-formarsi insieme con “normali”, a Scuola. La sfida è grande. Ed è in sintonia con il livello di Civiltà raggiunto da uno Stato…».
Il saggio sta avendo un grosso successo anche a livello nazionale. Se nelle prossime ristampe potessi aggiungere un capitolo, lo aggiungeresti? E di cosa parleresti?
«Il successo regionale e nazionale si deve a chi ha creduto e crede nella Cultura della Disabilità che è Cultura della Solidarietà. In questo contesto di idee, possiamo affermare che Persone disabili “cammina” sulle gambe buone, colte, competenti, civili, di Persone che… costano niente (miracolosamente), ma che valgono tanto (Valori). Alcuni nomi, tra centinaia, sia del mondo degli Operatori della Scuola sia del mondo degli Operatori del Territorio (senza fare torto a nessuno), sono i seguenti: Salvatore Nocèra, Nunzia Coppedé, Antonio Saffioti, Ferdinando Aiello, Mario Ambrogio, Sandro Autolitano, Salvatore Bagalà, Giuseppe Barberio, Gianfranco Barci, Mario Berardi, Tiziana Biolghini, Paola Bisonni, Viviana Burza, Caterina Calabrese, Maria Caligiuri, Assunta Canino, Susanna Capalbo, Teresina Ciliberti, M. Francesca Corigliano, Antonio Coscarella, Valentina Coschignano, Gennaro Cosentino, Angela Costabile, Rosina Costabile, Simonetta Costanzo, Maria Cuccunato Santelli, Giuseppina Cùndari, Tatiana Curti, Cinzia D’Amico, Adriana De Luca, Giuseppe De Rosa, Anna Maria Dema, Antonio Di Diego, Giuliana Faragasso, Emilia Federico, Bruna Filippone, Piero Luigi Fiore, Natalino Foti, Luciana Fuoco, Vincenzo Gerundino, Roberta Gervasi, Loredana Giannicola, Orlandino Greco, Antonio Iaconianni, Caterina Iannazzo, Giovino Iannotta, Giuseppe La Barbera, Giulio Le Pera, Rita Le Piane, Tonio Licordari, Giorgio Liguori, Cleofe Luberto, Marina Machì, Iolanda Maletta, Margherita Maletta, Teresa Mancini, Pietro Maradei, Cesare Marini, Nicola Marziano, Franco Maurella, Mario Melfi, Ida Mendicino, Anna C. Micci, Pasquale Montalto, Umile F. Montalto, Assunta Morrone, Franco Murano, Gino Murgi, Mario Nardi, Pietro Natòli, Loredana Nigri, Vincenzo Pietropaolo, Franco Piperno, Cesare Pitto, Anna Primerano, Giuseppe Sassano, Natale Scalise, A. Maria Schiavo, Genoveffa Scordo, Nello Serra, Maurizio Simone, Simona Simone, Giovanni Simoneschi, Laura Sirangelo, Giuseppe Spadafora, D. Franca Staffa, Riccardo Succurro, Giuseppe Trebisacce, Luigi Troccoli, Tina Uva Grisolia, Gabriele Vincenzo e M. Giulia Votta.
Se dovessimo aggiungere un capitolo a Persone disabili, si punterebbero i riflettori: (a) sul rapporto tra deficit (nel senso descritto da Andrea Canevàro) e disturbo (si pensi alla Legge n. 170/10 sui DSA, Disturbi Specifici dell’Apprendimento) e anche, di conseguenza, sul nuovo ruolo dell’Insegnante specializzato per il sostegno, da formare anche per i DSA. Ferma restando, ovviamente, la distinzione – scientifica – tra Disabilità (per la quale è sancita dalla legge la figura del sostegno) e Disturbo (per il quale non è previsto il sostegno, ma una formazione professionale competente di tutti i docenti della scuola italiana, dalla Scuola materna sino a quella Secondaria di Secondo Grado); (b) sulla formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, in primis. Obbligatoria, per gli uni e gli altri. Controllata anche per ottemperare alla norma, vigente ma impunemente disattesa, della premialità di cui, bis, come l’araba fenice della quale ciascun dice, dove sia nessun lo sa…».