Ho 25 anni, sono affetto dalla distrofia muscolare di Duchenne e quindi non autosufficiente, ma ho molto da dare. Chiedo poco: il mio desiderio è quello di assumere un assistente personale per alcune ore alla settimana, che mi permetta di uscire di casa, di vivere la società il più possibile.
Non chiedo autonomia completa, anche se per una qualsiasi persona adulta questa sarebbe una normale aspirazione. Il mio nucleo familiare riesce a ottemperare alle mie esigenze “di sopravvivenza”, ma i normali desideri di realizzazione sociale – dalla semplice passeggiata a una qualsiasi attività, perché no, anche lavorativa – mi sono preclusi, perché mia madre non può staccarsi da casa per troppo tempo per non lasciare solo mio padre, anch’esso con disabilità a causa di un ictus. E non sarebbe nemmeno giusto, visto che già provvede a tutti i miei bisogni, né stimolante per me, essere costantemente accompagnato da mia madre, sentendomi quasi come un “bambino cresciuto”. Una figura più distaccata, invece, com’è appunto un assistente personale mi farebbe sentire più vicino ad una maggiore autodeterminazione.
La Legge 162/98 permette agli Enti Locali di disciplinare – allo scopo di garantire il diritto a una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell’autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita, non superabili mediante ausili tecnici – le modalità di realizzazione di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati per i soggetti che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia.
Quanto quella legge non trovi concreta applicazione in Abruzzo, lo vediamo nella mancanza di tali programmi negli Enti di Ambito Sociale, se non in rari casi (si veda ad esempio l’EAS Aventino 20), realizzati con estrema fatica.
Questo nonostante l’atto di indirizzo applicativo del Piano Locale per la Non Autosufficienza per l’anno 2012 abbia previsto (con Delibera dela Giunta Regionale n. 906 del 23 novembre 2010) l’assegnazione per progetti di un beneficio economico attivato su richiesta e finalizzato alla vita indipendente o alla promozione dell’autonomia personale, attraverso il quale la persona non autosufficiente, in forma autogestita, possa fruire dei servizi socioassistenziali che l’Unità di Valutazione Multidimensionale ritenga necessari per la realizzazione del Progetto Assistenziale Individualizzato. Il tutto, purtroppo, è stato lasciato alla facoltà delle Amministrazioni Locali.
Il 4 novembre 2011, chi scrive ha inviato una lettera raccomandata all’Ente di Ambito Sociale 7 e ai sindaci dei Comuni membri (Atri, Pineto e Silvi), esortandoli a inserire nel proprio Piano Locale per la Non Autosufficienza per l’annualità 2012 l’assegnazione per progetti, ma quella lettera è stata prontamente ignorata, senza nemmeno ottenere un qualche tipo di risposta.
Per le persone con disabilità non autosufficienti di questo territorio, dunque, oltre all’assistenza domiciliare diretta, affidata alle cooperative, non c’è altro, a differenza di alcuni Comuni abruzzesi che stanno sperimentando le prime forme di Vita Indipendente.
Ma non bisogna fermarsi e si deve chiedere a gran voce ciò che la Regione prevede di attuare, facendo pressione affinché ciò che è scritto non diventi solo una frase ricca di belle parole.
Nel frattempo sarò costretto a pagarmi da solo un assistente personale, per garantirmi poche ore di vita sociale alla settimana, riducendo al minimo i miseri 700 euro che prendo dallo Stato. E invece la Regione potrebbe davvero dare una svolta alla situazione e varare una definitiva legge per la Vita Indipendente, che permetterebbe di risparmiare su futuri ricoveri in istituti (i nostri genitori non sono eterni). Una legge promessa da anni, che obbligherebbe tutti i Comuni a garantire il diritto di noi persone con gravi disabilità ad autodeterminarci, come è scritto ad esempio nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.