Giampiero Griffo si sposta spesso in aereo. È uno dei componenti del Direttivo Nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), oltre che membro dell’Esecutivo Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International). Di regole aeroportuali, procedure di prenotazione del biglietto, recupero valigie e quant’altro è ormai un esperto. Sa ad esempio che – utilizzando lui una carrozzina e non potendo muoversi senza – deve segnalare questa sua caratteristica in fase di prenotazione del biglietto, in modo che la compagnia aerea possa tenere conto di questa informazione nel preparare l’aeromobile a un volo sicuro, che tenga conto dei pesi introdotti, della disposizione delle persone e del numero di addetti del personale di volo.
Alla fine di aprile Griffo si è trovato coinvolto in un disguido a terra, causato da un errore della compagnia Alitalia in fase di prenotazione. Il fatto ha posto in una situazione di disagio sia lui che le altre persone con disabilità che si erano prenotate per lo stesso volo, e i viaggiatori tutti, costretti a sostare per oltre un’ora nei bus che trasportano i passeggeri dall’aeroporto all’aereo scelto.
Come sono andati i fatti?
«Prenoto un volo Alitalia e nella compilazione dichiaro di avere una disabilità fisica e di fare uso della sedia a rotelle. Alitalia accetta la mia prenotazione. Il giorno del volo mi sono presentato in aeroporto. Insieme a me c’è un’altra persona in carrozzina con il mio stesso codice, che viene assegnato a chi utilizza la carrozzina sempre, e altre tre persone con un codice diverso, quello che prevede l’accompagnamento fino alla porta, ma secondo il quale poi le persone saranno in grado di muoversi da sole».
Sei entrato in un velivolo Alitalia?
«No. La compagnia che gestisce il volo non è direttamente Alitalia, con cui avevo comprato il biglietto, ma Carpatair. E comunque in quell’aereo non ci sono riuscito a entrare per un po’».
Perché?
«Perché quando arriviamo alla porta dell’aereo, trasportati con il pullman con elevatore, le hostess ci comunicano che è stato superato il numero limite di passeggeri in assistenza. Non imbarcano nessuno e tengono tutti i passeggeri, disabili e non, bloccati nel pullman. La situazione rimane in stallo per oltre un’ora. Infine veniamo imbarcati tutti e il volo decolla. Il capo scalo responsabile per l’Alitalia su Fiumicino in quel momento deve aver deciso che il volo poteva decollare. Ma il punto è: il disagio che abbiamo vissuto è collegato alla condizione di disabilità di alcuni passeggeri, rispetto alla quale la gestione della compagnia ha manifestato delle carenze, mostrandosi impreparata».
Cosa può essere successo?
«Un’ipotesi è che – siccome le compagnie hanno regole diverse rispetto all’accettazione di passeggeri con bisogni speciali – non ci sia stato un adeguamento delle stesse tra Alitalia e Carpatair, alla quale la stessa Alitalia aveva affidato il volo. Oppure c’è stato un passaggio di informazioni errato. Ma mi chiedo: cos’è che ha bloccato tutto se poi, dopo un’ora, non è più stato considerato un elemento di blocco imprescindibile? Abbiamo volato senza condizioni di sicurezza? Oppure quelle stesse condizioni c’erano anche prima e quindi il regolamento è da rivedere?».
Rimanere nel pullman per tutto quel tempo deve essere stato molto disagevole.
«Certo. Quei veicoli sono pensati per un trasporto veloce. Quelli in cui viaggiano i passeggeri senza disabilità, poi, non hanno nemmeno molti posti a sedere. In casi come questo, bisognerebbe quanto meno provvedere con una soluzione alternativa per il periodo di attesa di salita nel velivolo».
A questo punto abbiamo deciso di rivolgersi direttamente ad Alitalia, chiedendo spiegazioni sull’accaduto. La nostra redazione ha comunicato all’ufficio stampa della compagnia tutti i dati relativi al volo Roma Fiumicino-Ancona prenotato da Griffo e ha sollecitato una risposta. Infine, la risposta è arrivata: «Il volo del Signor Griffo era operato per conto di Alitalia da Carpatair, con la quale la Compagnia ha un rapporto di wet lease [contratto di noleggio di un aeromobile, comprendente tutte le prestazioni accessorie, quali assicurazione, equipaggio e manutenzione, N.d.R.]. Per un errore in fase di prenotazione è stata autorizzata una sedia a rotelle in più di quanto l’aeromobile potesse imbarcare in cabina. Al momento dell’avvio delle operazioni di imbarco, il personale di scalo ha constatato l’errore e d’accordo con il Comandante ha interrotto le procedure d’imbarco per trovare la miglior soluzione al problema. Dopo circa quindici minuti il Comandate ha deciso di accettare a bordo tutti e due i passeggeri disabili con sedia a rotelle. La decisione è stata presa dopo avere verificato gli spazi liberi a bordo. Ci scusiamo con il signor Griffo e con tutti i passeggeri per il disguido e per il ritardo nella partenza».
Nessun problema di gestione diversa tra compagnie, dunque: secondo l’accordo in essere, la Carpatair si limita a eseguire quello che stabilisce Alitalia. Il problema specifico è avvenuto in fase di prenotazione, quando chi di dovere non si era accorto di avere accettato due carrozzine a bordo. Le regole di sicurezza, ha specificato Alitalia, dipendono dagli spazi del velivolo a disposizione per collocare la carrozzina e a calcoli di peso ed equilibrio nella distribuzione del peso e non al rapporto con il numero di addetti del personale a bordo. L’ok per il decollo è stato concesso – dopo un’ora – perché il capo scalo ha valutato che nell’aeromobile ci fosse spazio per la seconda carrozzina, dal momento che alcuni posti a sedere erano rimasti liberi e tra quelli era possibile inserire la seconda carrozzina piegata.
Mentre dunque i passeggeri attendevano scomodamente seduti o, per lo più, in piedi, in pullman, e mentre quelli in carrozzina rimanevano anche loro bloccati all’interno del mezzo accessibile, il capo scalo studiava gli spazi liberi in cabina e ricalcolava la distribuzione dei pesi. Tutti questi calcoli potevano essere affrontati solo una volta concluso il check-in dell’ultimo passeggero, per poter utilizzare numeri reali e non ipotetici. Queste le spiegazioni forniteci da Alitalia.
Rimane però il problema logistico, quello cioè della lunga sosta in pullman. Perché non si è lasciato che i passeggeri rimanessero in aeroporto? Alitalia ci ha risposto così: «Una volta che si è stati imbarcati, sempre per ragioni di sicurezza, non si può più tornare in aeroporto e girare liberamente: ecco perché tutta la gente è rimasta bloccata in pullmino».
E tuttavia, Griffo non è soddisfatto delle spiegazioni ufficiali: «C’è stato un disagio oggettivo e a pagarne le spese sono stati i passeggeri. Siamo stati noi ad attendere sotto il sole nell’ambulift per 40 minuti! Come può accadere un errore in fase di prenotazione, visto che è ormai tutto computerizzato e che le procedure sono standardizzate? E considerato che la prenotazione viene fatta almeno quarantott’ore prima? Mi risulta inspiegabile che siamo partiti dall’aeroporto senza che si sapesse delle due carrozzine. Infatti, quando siamo arrivati alla porta della cabina, il personale dell’aereo ci ha subito informato del problema (quindi si sapeva). Il punto è che non dovevano farci salire sui pullman finché la questione non fosse stata risolta. E poi mi chiedo: in caso di errore chi paga? Solo i passeggeri? Il check-in chiude gli imbarchi 25 minuti prima e noi siamo partiti dall’aeroporto dopo la chiusura degli imbarchi stessi, quindi l’Alitalia e Carpatair avevano già le informazioni relative alle due carrozzine ed erano a conoscenza del problema: perché allora ci hanno fatto partire prima di risolverlo?».
Forse pensavano che trovare lo spazio vuoto e ricalcolare la distribuzione del peso fossero operazioni più veloci.
«Se il check-in è chiuso si sa quanti passeggeri si imbarcano e si può facilmente individuare una fila di poltrone dove ubicare la sedia. Inoltre, nessuno ci ha chiesto alcuna informazione sul peso e sulle dimensioni della sedia (la mia pesa 8 chili, un nonnulla per i problemi di bilanciamento, inoltre è completamente pieghevole, ruote estraibili, assolutamente non ingombrante). Il peso di una sedia è problematico se si tratta di una carrozzina elettrica, ma non mi risulta che fosse questo il caso».
Griffo, insomma, afferma che non bastano le scuse dell’Alitalia per ristabilire l’equilibrio. Ci sono dunque gli elementi per chiedere il risarcimento del danno? Lo chiediamo a Gabriele Favagrossa, esperto della FISH per il settore dei trasporti. «In linea di principio – spiega – il problema del rapporto tra personale di assistenza e numero di persone con mobilità ridotta assistite si pone per il gestore dell’aeroporto, ma non per la compagnia aerea. Ci sono regolamenti sia IATA (International Air Transport Association) che delle singole compagnie aeree che prevedono per ogni modello di velivolo quali debbano essere le tipologie di persone con mobilità ridotta che possono essere imbarcate e con quali numeri. In genere, con la compagnia aerea il problema insorge quando (per varie ragioni) all’imbarco si presentano tipologie e numeri di persone con mobilità ridotta non compatibili con le regole del trasporto previste per quel tipo di aeromobile (ma è un problema di spazi dell’aereo e non di personale di assistenza: il personale di bordo non è tenuto a prestare assistenza specifica, se non per raggiungere il WC). Il problema principale – nel caso della compagnia aerea – è dunque il regolamento interno e/o il regolamento IATA che disciplina la materia di cui sopra. Tali regolamenti non sono pubblici: non ne ho mai visto uno. È una materia che le compagnie aeree custodiscono sotto la sfera della propria autonomia, ma credo proprio che queste regole di sicurezza vengano quanto meno sottoposte agli organismi di controllo tipo ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), per l’approvazione. Del resto non è semplice per noi avere le competenze tecniche per giudicare se gli specifici vincoli al trasporto di persone con ridotta mobilità (tipologie e quantità) previsti per ogni modello di aereo siano fondati o pretestuosi».
Quale ruolo possono ricoprire in questa fase le associazioni di persone con disabilità?
«È un fronte di discussione rispetto al quale ho la sensazione che ora come ora le associazioni non abbiano ancora la forza sufficiente per ottenere l’apertura di un confronto. Già stiamo faticando per ottenere cose molto meno complicate. Dato il sistema attuale sopra descritto, nella vicenda di Griffo mi pare che l’errore sia non di sistema ma circoscritto: si sono sbagliati ad accettare due prenotazioni di persone in carrozzina su un modello di aereo per cui i loro regolamenti prevedono il trasporto di una sola. Nella risposta di Alitalia non intravedo elementi di malafede o contraddizioni. Tant’è che poi hanno fatto il possibile per imbarcare entrambi i passeggeri in carrozzina. Diversa è la questione che si pone quando una compagnia rifiuta categoricamente un imbarco per motivi di sicurezza, anche se il suo trasporto sarebbe compatibile con il regolamento relativo a quello specifico modello di aereo. Qui il sentore di discriminazione si fa molto più forte e la giustificazione della sicurezza pare usata a torto».
Quindi non ci sarebbe in questo caso la fattispecie giuridica per ipotizzare un risarcimento danni?
«Nel comportamento di Alitalia non vedo un chiaro intento discriminatorio, ma piuttosto mi pare di capire che (per ragioni che non sappiamo) ci siano stati problemi organizzativi che hanno comportato gravi disservizi a tutti i passeggeri. Il disservizio di per sé ha però una gravità tale da ammettere un reclamo formale con richiesta di risarcimento danni».
In questi ultimi anni è in aumento il numero di persone con mobilità ridotta che utilizzano gli aeromobili per i propri spostamenti, specchio di un lento ma sempre crescente processo di inclusione sociale. Le compagnie aeree si trovano ad affrontare questioni sempre nuove e manca spesso il dialogo con le associazioni del mondo della disabilità. Se infatti una compagnia come Alitalia aprisse in trasparenza i propri regolamenti interni e mostrasse disponibilità a discuterli con organizzazioni come la FISH e con altri organismi di rappresentanza competenti a fornire informazioni dettagliate su esigenze specifiche, lo stesso processo di inclusione si accelererebbe e si eviterebbero alcune situazioni di disagio talvolta anche grave, se non casi di discriminazioni veri e propri.
Occorre anche tenere conto del fatto che, nel caso specifico, per alcune persone in carrozzina le condizioni di sosta in pullmino possono essere particolarmente faticose e problematiche. Si prenda ad esempio il recente caso che ha dovuto affrontare la FIWH (Federazione Italiana Wheelchair Hockey), per l’organizzazione del volo dei propri atleti in Finlandia, dove a breve si disputeranno i Campionati Europei di questa disciplina sportiva. La Federazione, infatti, ha dovuto organizzare il volo di ognuno dei propri atleti, considerando che per ciascuno non c’è solo il trasporto della carrozzina di utilizzo quotidiano, ma anche di quella sportiva. E se la prima può non essere necessariamente elettrica, di sicuro lo è la seconda. A breve, quindi, pubblicheremo un articolo per capire meglio che tipo di problemi si aprano in casi come questi e quali soluzioni ipotizzare.