«Vogliamo un Piano Sociosanitario che garantisca una solida rete di servizi sanitari e assistenziali alla popolazione del Veneto»: con queste parole d’ordine la FISH del Veneto (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) annuncia un sit-in per martedì 12 giugno a Venezia (ore 13.30), davanti alla sede del Consiglio Regionale di Palazzo Ferro Fini, preludio di una serie di altre iniziative di protesta e proposta in tutta la Regione, programmate per il successivo 29 giugno.
Proprio alla vigilia, dunque, della grande mobilitazione di Milano del 13 giugno, di cui stiamo quasi quotidianamente riferendo, anche nel Veneto le persone con disabilità e le associazioni che le rappresentano, insieme alle le loro famiglie, decidono di dire basta ai tagli indiscriminati sui servizi e a quelle che vengono definite come vere e proprie «tasse sull’handicap». Vediamone le ragioni, grazie al seguente messaggio ricevuto dall’Ufficio di Presidenza della FISH del Veneto.
Il Consiglio Regionale del Veneto si appresta a discutere e ad approvare il nuovo Piano Sociosanitario 2012-2016. Ci auguriamo che il Consiglio lo modifichi profondamente. In caso contrario la speranza dei Cittadini del Veneto di poter disporre di un’efficiente rete di protezione sanitaria e sociale, resterà tale ancora per molto tempo.
La relazione che accompagna il progetto di legge è infatti volutamente generica sulla riorganizzazione della rete ospedaliera e sugli interventi riabilitativi e assistenziali che dovranno essere attuati per affrontare le sfide relative alla disabilità e alla non autosufficienza che la longevità e le malattie croniche correlate hanno reso evidenti e dirompenti.
Non basta l’elenco degli àmbiti strategici su cui intervenire per riqualificare i servizi sanitari e assistenziali e per dare contenuto all’intento programmatorio. Non bastano le intenzioni innovative – di cui non si vede traccia – se queste non si accompagnano ad indirizzi tesi a garantire la tutela e i diritti del Cittadino e a precise proposte. Senza queste, gli indirizzi troveranno attuazione nella discrezionalità operativa della Giunta.
L’asserita volontà di «ridefinire i Livelli Regionali di Assistenza» e di porre in atto misure di razionalizzazione dei profili delle prestazioni» ci preoccupa. Tale volontà razionalizzatrice non sembra infatti orientata a eliminare gli sprechi, le disfunzioni organizzative o l’eccessivo numero di dirigenti, ma a ridurre l’accesso ai servizi.
La riduzione delle prestazioni sanitarie e sociali è in atto da tempo e le persone con disabilità e gli anziani non autosufficienti ne subiscono le pesanti conseguenze. Di fronte a tale situazione, i continui richiami alla compartecipazione si configurano come un’illogica provocazione.
La proposta del nuovo Piano Sociosanitario non può essere disgiunta da questo scenario reale perché è con questo scenario che ogni giorno decine di migliaia di persone sono costrette a fare i conti; è questo scenario che sta provocando in tutto il Veneto le proteste della popolazione e che ora ci obbligherà a manifestare il 12 giugno davanti a Palazzo Ferro Fini e il prossimo 29 giugno in tutti i Comuni capoluogo di provincia.
Le timide affermazioni contenute nella già citata relazione che accompagna il progetto di legge sulla necessità di adeguare la programmazione, di confermare e consolidare l’integrazione sociosanitaria, di potenziare l’assistenza territoriale e di ridefinire la rete ospedaliera – seppur condivisibili – evidenziano la pochezza dell’azione, l’assoluta mancanza di coraggio riformatore, quando non addirittura l’involuzione sul terreno dei diritti di cui in buona sostanza non si parla.
Come riqualificare la spesa e garantire i diritti e i servizi essenziali, sanitari e assistenziali ai Cittadini del Veneto? Questa è la domanda a cui dovrebbero rispondere partiti come PdL e Lega – in primo luogo – visto che sostengono, e si apprestano ad approvare, una programmazione che disegnerà il panorama dei servizi sociosanitari per i prossimi anni.
Non basta neppure l’intenzione di voler ridurre il numero delle Aziende ULSS. Questa, infatti, sembra più un’azione tesa a calmare gli animi, quasi una giustificazione per mantenere più o meno lo status quo, mentre è necessaria una drastica azione di riorganizzazione dell’intero sistema.
Ecco perché serve una buona dose di coraggio riformatore! Serve un sistema snello ed efficiente, una presenza visibile e attiva sul territorio 24 ore su 24, un’azione decisa sulla domiciliarità e di reale contrasto all’istituzionalizzazione. Finiamola con i ghetti per gli anziani e favoriamo per davvero la loro permanenza a casa propria, o in strutture di tipo familiare!
Volete sapere che cosa intendiamo esattamente? Provate a chiedere che cosa pensano le persone con patologie croniche che hanno bisogno di fisioterapia quotidiana, o di terapia in acqua, che sono in lista d’attesa da anni, che non hanno servizi riabilitativi o a cui vengono tagliati quelli esistenti. Oppure cosa pensano le famiglie di giovani disabili a cui viene precluso l’accesso alle attività educative e riabilitative ai centri diurni.
Provate a chiedere alle persone a cui i Distretti lesinano l’intervento infermieristico. Chiedete a coloro che non fruiscono di un’assistenza adeguata o a chi riceve il finanziamento per il progetto di Vita Indipendente o di aiuto personale, con un anno di ritardo, perché l’ULSS non eroga i fondi nemmeno quando ci sono.
Provate a chiedere alle famiglie su cui ricade il peso dell’inefficienza e della carenza dei servizi e avrete risposte precise.
I servizi personalizzati, l’assistenza domiciliare e quella integrata devono essere potenziati, bisogna dare concretezza al progetto individuale di assistenza e di supporto ai familiari sulla base della situazione soggettiva evidenziata dalla UVMD [Unità di Valutazione Multidisciplinare Distrettuale, N.d.R.]. Bisogna innovare in profondità l’organizzazione e le forme del servizio, ma il Piano Sociosanitario in discussione non lo fa.
Questo dovrebbe essere il momento delle scelte e dell’assunzione di responsabilità. Non è così. Il Bilancio di Previsione per il 2012, appena approvato, non si è infatti misurato con il preoccupante scenario attuale e futuro paventato dal Piano in discussione e non ha compiuto le scelte finanziarie che avrebbero dovuto supportarlo. I finanziamenti destinati alla disabilità e alla non autosufficienza hanno di fatto subito una riduzione. La discussione sul Bilancio di Previsione ha ignorato insomma la proposta del Piano Sociosanitario Regionale e continua a ignorare anche la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, nonostante la Regione Veneto l’abbia fatta propria.
Infine, altri tagli al bilancio sanitario, preannunciati per il 2013, disegnano un cupo orizzonte.
Di cosa intende quindi discutere il Consiglio Regionale? Quale indirizzo e azione programmatoria intende mettere in atto? Preferisce “vivacchiare” o affrontare i problemi?
La FISH manifesta e per una seria programmazione dei servizi sociosanitari, chiede:
– il rafforzamento del fondo destinato alle politiche sociali dei Comuni;
– una vera politica per la domiciliarità e il rilancio dei programmi di assistenza per la Vita Indipendente e l’Aiuto Personale;
– il potenziamento sul territorio delle strutture per la riabilitazione;
– i piani individuali previsti dalla legge, i servizi diurni e residenze su modello familiare;
– il potenziamento delle Unità Spinali Unipolari;
– trasporti garantiti per gli studenti;
– una nuova regolamentazione dell’assistenza protesica.
Respingeremo con decisione qualsiasi ipotesi di compartecipazione degli utenti e delle famiglie ai costi di gestione dei servizi essenziali.