Nel nostro Paese abbiamo assistito, negli ultimi quattro anni, a una drastica riduzione dei Fondi per il Sociale (infanzia, non autosufficienza, famiglia…), cosicché oggi gli stanziamenti sono sostanzialmente un decimo rispetto a quattro anni fa. Vi si aggiungano i tagli dei trasferimenti agli Enti Locali, le conseguenze del Patto di Stabilità interna e lo scenario che ne viene tratteggiato non è certo dei più promettenti. In un quadro di profonda retrazione della spesa, ha ancora un senso ripensare alla ristrutturazione delle politiche sociali o questo non è possibile se non si adeguano le risorse?
«Abbiamo alle spalle un periodo di involuzione della protezione sociale, caratterizzato dall’idea di restringere una spesa considerata eccessiva e improduttiva e quindi da concentrare soltanto sulle fasce marginali della popolazione. Questa impostazione – cui ci opponiamo – rischia di peggiorare ulteriormente e irrimediabilmente la condizione delle famiglie italiane, già sovraccaricate di oneri economici e sociali, soprattutto se il Paese non riprende a crescere – tra l’altro sappiamo che un’oculata e mirata spesa sociale è parte di una strategia di sviluppo – e se non si introduce maggiore equità nelle politiche. Che non significa ridurre il sistema di welfare espellendo fasce di popolazione dalla tutela collettiva, ma graduare le prestazioni in modo da garantire i diritti attraverso una rete di protezione pubblica adeguata e appropriata in ragione delle effettive condizioni. Dobbiamo quindi sviluppare un’azione di riforma, avendo obiettivi chiari, su cui riorganizzare la spesa e investire le risorse. Si tratta pertanto di due aspetti inscindibili».
La FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha più volte sostenuto – quale che sia la prospettiva delle politiche sociali italiane – come sia preliminarmente necessario definire una volta per tutte i Livelli Essenziali Assistenziali, in modo che alcuni “percorsi” divengano un diritto soggettivo certo. Questa ipotesi sembra via via diventare inconsistente di fronte alla pretesa considerazione che alcuni diritti fondamentali possano essere compressi dalle disponibilità di bilancio. Come giudica questa istanza?
«È chiaro che la determinazione dei Livelli Essenziali è una scelta che ci aiuterebbe a impedire derive ulteriori, perché questi rappresentano lo strumento con il quale rendere esigibili diritti non comprimibili su tutto il territorio nazionale.
Sul sistema dei Livelli Essenziali – intendendo con ciò la definizione di quelli sociali e la ridefinizione di quelli sanitari e socio sanitari – la CISL ha espresso una posizione chiara e netta sulla loro necessità e urgenza, ma anche la disponibilità ad avviare un percorso che ci permetta di raggiungere gradualmente l’obiettivo. Magari partendo proprio dalla definizione di quelli per la non autosufficienza. Su questo punto, però, abbiamo scontato da una parte la sordità dei Governi, timorosi di attivare processi che potrebbero far crescere la spesa, dall’altra la conflittualità tra le Istituzioni, ciò che non ha permesso di affrontare il tema il quale, in un contesto federalista, dovrebbe vedere la corresponsabilizzazione di tutti i livelli. Né va trascurata l’assenza di un sistema informativo sociale per costruire su dati oggettivi tutto il percorso.
Questi problemi mi sembrano siano ancora tutti sul tappeto e la nostra pressione, insieme alle altre organizzazioni del sociale, si scontra con un’enfatizzazione da parte del Governo degli aspetti economici su quelli sociali e su una scarsa volontà di concertazione».
La “Manovra Monti” (Legge 214/11) ha previsto di recuperare 13 miliardi nel 2013 e 16 nel 2014 attraverso l’aumento di due punti delle aliquote IVA. Questo innalzamento che inquieta tutti per le evidenti conseguenze, potrà essere evitato se entro il prossimo ottobre verranno approvate misure, in ambito fiscale e assistenziale, tali da assicurare corrispondenti risparmi. La riforma fiscale sembra ancora in alto mare; per gli interventi di natura assistenziale non si va ancora oltre alle ipotesi. È possibile, dal punto di vista della CISL, azzardare delle previsioni?
«Azzardare previsioni sulla riforma assistenziale è ardito perché il Governo Monti adotta strumenti tradizionali di taglio della spesa – magari non lineari – e di aumento delle imposte. Non essendoci una riforma fiscale all’orizzonte che preveda interventi di alleggerimento tributario sulle persone e sulle famiglie, non è difficile immaginare che comunque andrà, a sostenere il peso del risanamento dei conti saranno le famiglie con redditi medi e medio-bassi e la popolazione con bisogni sociali più acuti».
E veniamo al tema “caldo” di queste settimane: la revisione dei criteri di valutazione dell’ISEE, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. La FISH osserva con qualche preoccupazione le ipotesi che si profilano dalla stretta lettura dell’articolo 5 della “Manovra Monti” che ne delega al Governo la predisposizione. Si è affermato che l’ISEE non è uno strumento per le politiche sociali, ma solo uno strumento di valutazione ponderata del reddito familiare. Non ci sembra una rassicurazione forte né del tutto convincente. Che ne pensate?
«Sull’ISEE in discussione col Governo c’è il tentativo di minimizzarne la portata. È corretto affermare che esso deve rimanere un elemento di misurazione il più preciso possibile della condizione economica della famiglia alla luce di dati reali, ma che rappresenta comunque uno strumento da ritenere come funzionale a una strategia di selezione equa nell’ambito del welfare, laddove si reputi necessario. Quindi è molto diverso, e non accettabile, se invece lo si vuole utilizzare per contingentare le prestazioni in una logica di mera politica economica, cioè di riduzione di spesa.
La questione è tutta qui e questo rafforza la necessità di un ampio confronto con i soggetti sociali che conoscono il valore e l’impatto dell’ISEE e pertanto possono indicare quale profilo esso debba assumere, per non far diventare una contraddizione in termini il cosiddetto “universalismo selettivo”».
Il Governo ha avviato dei tavoli di confronto sulle prime bozze di decreto. Anche la FISH, come le organizzazioni sindacali, ha potuto prendere visione del documento ancora in via di elaborazione ed effettuarne analisi e valutazioni. La Federazione ha espresso forti perplessità e preoccupazione in particolare per il computo anche di pensioni, assegni e indennità riservate ai disabili nel computo del reddito. Il quadro che ne ha tratto è che – stando alle prime versioni – il trattamento riservato ai nuclei familiari con persone con disabilità è molto più svantaggioso rispetto al passato e, per di più, è svantaggioso rispetto ai nuclei in cui non è presente una persona con disabilità (a parità di redditi IRPEF) e di composizione familiare. Questo risulta anche dalle vostre analisi?
«Come CISL abbiamo voluto approfondire il nuovo sistema di calcolo, perché sappiamo che in questo caso i complessi aspetti tecnici hanno profonde implicazioni politiche. È chiaro a tutti che l’ISEE, com’è ora, non permette di evitare la “doppia beffa” che chi non paga le tasse usufruisce anche delle prestazioni agevolate e questo non era e non è più ammissibile. Questa anomalia, però, non si risolve considerando tutti i redditi e i patrimoni allo stesso modo, senza considerarne natura e finalità. E infatti, se poi andiamo a formulare le simulazioni sulla base di quello che prevede la bozza di decreto – come la CISL ha fatto, grazie alla banca dati del nostro CAAF – su un’ampia casistica di “tipi” di famiglie italiane, appare in tutta la sua concretezza una contraddizione anche rispetto allo spirito e alla lettera della stessa delega. È addirittura grottesco che in riferimento ad analoghi nuclei familiari, finiscano per essere trattate peggio le famiglie con disabili e soggetti deboli.
Quando abbiamo presentato i nostri conti ai tecnici del Governo, dopo i dubbi iniziali, è stata riconosciuta la fondatezza di essi».
Quali scenari si aprono per le famiglie italiane? È forse difficile azzardare previsioni anche perché manca ancora un importante tassello: a quali prestazioni e servizi si applicherà l’ISEE…
«Secondo noi l’applicazione del nuovo Indicatore conferma in molti casi un appesantimento della condizione per le famiglie di pensionati, con disabili e per i proprietari di prima casa, mentre avvantaggia quelli con patrimoni mobiliari elevati.
Per una valutazione politica compiuta, sarà comunque necessario verificare l’ambito di applicazione, e anche il corrispondente sistema delle “soglie”, gli aspetti organizzativo-gestionali e il sistema dei controlli, quest’ultimo per evitare che si perpetui ancora l’iniquità derivante dalla sotto-dichiarazione dei patrimoni mobiliari e di alcune tipologie di redditi.
Abbiamo ribadito che l’accesso alle prestazioni – ad eccezione di quelle di contrasto alla povertà – dev’essere garantito a tutti, modulandone gli importi o l’entità a favore delle famiglie più in difficoltà.
Un buon risultato si potrà raggiungere solo se il confronto sociale con il Governo sarà vero, quindi in sostanza se ci sarà effettiva concertazione. Altrimenti rischiamo anche sull’ISEE di incappare in vicende odiose come quella degli “esodati” nella riforma delle pensioni».
Come si è detto, le analisi della FISH e quella stessa della CISL si basano su un documento ancora in via elaborazione. Qual è l’ipotesi peggiore prevedibile e quale quella “migliore”?
«L’ipotesi peggiore è l’applicazione dell’ISEE come ci è stata prospettata dal Governo, che opera cioè con una logica esclusivamente teorica e che guarda prevalentemente al risanamento dei conti pubblici similmente alla riforma pensionistica.
La “migliore” è quella di concordare la revisione dell’Indicatore con le associazioni dei disabili per la loro rappresentanza e con il sindacato, in modo da tutelare le famiglie con redditi medio bassi, quelle di anziani, disabili e non autosufficienti. Ciò, come detto, presuppone però una volontà di concertazione che al momento è ancora tutta da verificare».