Un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, presentata al Senato lo scorso 14 giugno, ha rimesso in evidenza ciò che si prospetta per la scuola italiana con l’attuazione del Decreto Direttoriale n. 7/12 previsto dalla “Riforma Gelmini”: .
Infatti, il citato Decreto 7/12 vede l’impiego nel sostegno di docenti che “grazie” a un breve corso (per la maggior parte delle ore on-line), scalzeranno gli attuali insegnanti di sostegno – in particolar modo precari – formatisi invece in passato attraverso ore e ore con i corsi SISS (le Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario). Questi docenti, dunque, che dopo una “spolveratina” di formazione, già a partire dal prossimo anno scolastico potranno cimentarsi con i nostri studenti con disabilità, sono i cosiddetti “docenti sopranumerari” o “perdenti posto” o “in esubero” – termini, questi, che farebbero rabbrividire chiunque volesse mettere mano a una riforma seria della Scuola.
Nella loro carriera scolastica, essi non avevano prima d’ora investito per la propria formazione e la propria professionalità in materie legate all’inclusione scolastica, per la quale erano state appunto previste altre strade, come la SISS che, seppur tanto discussa, richiedeva un investimento di due anni di tempo e di danaro agli insegnanti che volevano essere inseriti nel circuito del sostegno. Ora, invece, tanti di questi insegnanti formati – che hanno già maturato una certa esperienza con gli studenti con disabilità e nei quali lo stesso Ministero e dunque lo Stato, non dimentichiamolo, ha investito milioni di euro, poiché appartenenti ancora a quell’“universo dei precari” dei quali i vari Governi che si sono alternati non hanno mai saputo bene cosa fare – verranno scalzati in graduatoria da altrettanti docenti di ruolo, ma senza esperienza diretta con il sostegno e che si formeranno in meno di un mese, pur di mantenere il posto di lavoro!
Per noi, che abbiamo come unico riferimento il diritto costituzionale dello studente con disabilità all’istruzione nella scuola pubblica, prima ancora dei sistemi organizzativi, la domanda è: in quale modo tutta questa “riconversione” si ripercuoterà sulla vita scolastica dei nostri studenti con disabilità? Ebbene, crediamo che ci sarà senz’altro una perdita della qualità dell’insegnamento, a causa della possibile scarsa motivazione e della sicura poca formazione dei docenti di sostegno, con una conseguente maggiore difficoltà di attuazione di una presa in carico globale da parte di tutti i docenti curricolari, lasciati sempre più soli di fronte a problematiche collettive. Risultato: verrebbe meno la qualità dell’inclusione scolastica e la qualità stessa della scuola nel suo insieme!
Ancora una volta, pertanto, un provvedimento per nulla condiviso con le organizzazioni delle persone con disabilità e con le loro famiglie rischia di far prendere una “sbandata” a tutto il sistema scolastico e ancora una volta – anziché investire in qualità, formazione e ottimizzazione delle risorse umane e organizzative -, si mettono frettolosamente delle “pezze correttive”, per far fronte alle falle lasciate dai tagli indiscriminati.
Abbiamo già assistito, negli ultimi tempi, a un progressivo taglio che è stato previsto di 22 miliardi in cinque anni dal precedente Governo, al mondo della Scuola e dell’Università, con i risultati che sappiamo; adesso, quindi, si vuole colpire ancor più pesantemente un settore che dovrebbe essere invece il nostro fiore all’occhiello, un gioiello da salvaguardare e da potenziare e sul quale, ripeto, investire, cioè l’inclusione delle persone con disabilità nelle classi comuni di ogni ordine e grado?
Pensiamo solo al fatto che di fronte all’Europa e al resto del mondo ciò che ci distingue maggiormente, ciò che ci rende unici e “Paese avanzato” in materia di Scuola è proprio l’inclusione. Anziché dunque riorganizzare il sistema del precariato, per garantire la continuità educativa e didattica agli alunni, anziché lavorare per una presa in carico globale da parte dei docenti curricolari, investendo sulla formazione, anziché risolvere il gravoso problema delle classi sovraffollate, anziché ripartire in particolare dalle buone prassi in atto, dalle quali imparare per costruire e diffondere dei percorsi scolastici inclusivi di qualità, puntiamo a una vera e propria involuzione della stessa inclusione, nella quale in molti, delusi dalle difficoltà incontrate e dai fallimenti che si prospettano, rischiano di non credere più, prestando così il fianco a ulteriori politiche di tagli, mascherate da riforme del sistema scolastico.
E come se non bastasse, proprio dal disamore per una scuola pubblica che non viene messa nelle condizioni di poter fare, si aprirebbero strade verso la privatizzazione, già per altro paventate, che non farebbero che creare gravi discriminazioni e disparità di trattamento, dunque anche di opportunità, nei diversi territori.
Quest’ultima, per altro, è una tendenza già denunciata anche su queste pagine (si veda ad esempio l’articolo di chi scrive, intitolato Quel Disegno di Legge è un rischio per l’intera scuola italiana), ma ci preoccupano anche le recenti esternazioni di autorevoli esponenti di Governo, tendenti a privatizzare la disabilità (si veda, sempre in questo portale, il testo intitolato Un rifiuto forte e chiaro: la disabilità non si privatizza!): anche a noi inquieta il retropensiero – diffuso tristemente anche in àmbiti istituzionali – che gli stanziamenti per i diritti e la crescita della qualità della vita delle persone con disabilità siano una “spesa morta”, un “sovraccarico insostenibile”, un “capriccio di pochi”, e non già invece un investimento che, come dimostra, solo per fare un esempio, l’applicazione sarda della Legge 162/98, ha creato dal nulla ben 15.000 posti di lavoro.
Le organizzazioni delle persone con disabilità e loro famiglie si opporranno a tutto questo, con ogni mezzo; ricordo solo che sono ormai migliaia, in tutta Italia, le cause vinte contro il Ministero (dal 2004, in Sardegna, su nostra spinta, sono già più di centocinquanta), per ottenere un sostegno adeguato. I Giudici dei Tribunali confermano infatti il diritto soggettivo di ciascun alunno ad avere un insegnamento di qualità, in base alle esigenze di ciascuno.
Se sarà necessario, quindi, ancora una volta saranno proprio i Giudici che verranno chiamati ad esprimersi da parte di famiglie, che con tanti sacrifici e tanta fatica vorranno ancora tutelare il diritto allo studio dei loro figli. Tutto questo per gridare ancora una volta il nostro SI’ alla scuola pubblica italiana e al diritto allo studio e all’educazione per tutti, costituzionalmente garantiti.