Quante persone svantaggiate e deboli sono occupate nelle imprese sociali veneziane? E ancora, di quali tipi di disagio sociale e lavorativo sono portatrici?
Una ricerca condotta da Legacoop Veneto, in collaborazione con Venezia Opportunità, azienda speciale della Camera di Commercio, ha analizzato le realtà della cooperazione sociale della Provincia di Venezia, per fornire un quadro aggiornato della situazione. I risultati e gli spunti di riflessione emersi saranno al centro di un convegno, venerdì 29 giugno a Marghera-Venezia (Sala Ravagnan della sede di Legacoop Veneto, Via Ulloa 5, ore 9.30-12.30).
Dopo i saluti di Gianfranco Lucatello, presidente di Legacoop Veneto, l’incontro prevede gli interventi di Loris Cervato, responsabile del Settore Sociale dell’Associazione, di Claudio Soldà, segretario generale della Fondazione Adecco per le Pari Opportunità, di Franco Moretto, dirigente del Terzo Settore della Regione Veneto e di Gianluigi Bettoli, presidente di Legacoop Sociali del Friuli Venezia Giulia.
La cooperazione sociale di tipo B – che in base alla Legge 381/91, impiega persone svantaggiate per almeno il 30% del personale interno dell’impresa, con l’obiettivo di favorirne l’inclusione sociale – è di fatto l’attore principale per la realizzazione di tali percorsi.
Accanto a questa normativa, la Regione Veneto – unica in Italia – ha approvato una propria norma specifica (la Legge Regionale 23/06), che a fronte di alcuni benefìci, allarga per le cooperative sociali l’inserimento al lavoro anche alle persone “deboli”, così come definite dal Regolamento Europeo 2204/02, introducendo una nuova categoria di svantaggio sociale.
Il monitoraggio di Legacoop Veneto – che verrà presentato durante il convegno del 29 giugno – ha fotografato un campione rappresentativo dell’80% delle cooperative sociali di tipo B del Veneziano (campione con un numero complessivo di soci lavoratori e dipendenti pari a 1.090 e un fatturato aggregato di oltre 30 milioni di euro): ebbene, nel 2011 le persone svantaggiate inserite in queste cooperative sociali risultavano essere 290 (pari al 27% del totale dei lavoratori), suddivise fra invalidi civili fisici, psichici e sensoriali e persone in situazioni di handicap (41%), trattamento psichiatrico/ex degenti istituto psichiatrico (27%), detenuti o internati in istituti penitenziari (16%), tossicodipendenti o alcolisti (16%).
Complessivamente, le cooperative sociali che hanno risposto all’indagine hanno aumentato il numero degli inserimenti di persone svantaggiate del 25,5% nel periodo dal 2007 al 2011: si va infatti da un minimo di un inserimento a un massimo di 53.
Sono invece 70 le persone deboli dichiarate dalle cooperative intervistate (pari al 6% del lavoratori), con una crescita percentuale tra il 2007 e il 2011 che è del 775%. Fra queste, lavoratori migranti (30%), ultracinquantenni senza lavoro (27%), adulti che vivono da soli con figli a carico (21%), persone in situazione di fragilità sociale (11%), tutte categorie che dal 2007 al 2011 hanno visto i propri inserimenti aumentare rispettivamente del 950%, 375%, 1.400% e 700%.
I lavoratori svantaggiati e deboli superano quindi il 30% del totale degli organici delle cooperative sociali veneziane, cosicché si può dire, come ha sottolineato Loris Cervato, che «in pieno allarme di disgregazione sociale, la cooperazione sociale si dimostra un indispensabile fattore di coesione, specie di fronte all’allargarsi del fenomeno di nuove povertà e di emarginazione». (IKON Comunicazione)
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