In queste settimane il Governo sta elaborando il decreto che rivede i criteri di calcolo e le modalità di applicazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), cioè lo strumento usato per definire l’accesso alle prestazioni sociali. Si tratta di un decreto che interessa milioni di famiglie italiane perché potrà condizionare la partecipazione alla spesa per molti servizi (asili nido, assistenza domiciliare, servizi alla persona ecc.) e altrettanti sostegni economici (assegno di maternità, assegno al nucleo familiare ecc.).
Non si può per altro dimenticare che l’indicazione di rivedere l’ISEE è contenuta all’interno di una norma – la Legge 214/11, conversione del noto “Decreto Salva-Italia” – di rigido contenimento della spesa e a poco valgono le rassicurazioni circa gli intenti equitativi o di razionalizzazione.
È condivisibile, quindi, la diffusa preoccupazione da parte di chi a quei servizi deve fare ricorso e in particolare da parte delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
In tal senso va detto che le preoccupazioni maggiori – aumentate in questi ultimi mesi – derivano in particolare dal timore che per il calcolo del nuovo ISEE ci si riferisca anche a pensioni, indennità e assegni riservati agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordi. Infatti, l’ISEE, così calcolato, sarebbe più svantaggioso, soprattutto per le famiglie in cui sia presente una persona con disabilità.
Infine, il timore più diffuso è che il nuovo limite ISEE si applichi anche alle provvidenze assistenziali riservate agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordi, comprese l’indennità di accompagnamento e l’indennità di comunicazione, fino ad oggi erogate a prescindere da qualsiasi reddito.
Negli ultimi due mesi, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha elaborato diverse stesure del decreto di ridefinizione dell’ISEE, giungendo a una bozza piuttosto definita, anche se passibile di ulteriori correzioni, prima di essere sottoposta all’esame (consultivo) del Parlamento. Il quadro che ne esce non è migliorativo per le famiglie in generale e per quelle in cui sia presente una persona con disabilità.
Innanzitutto, la scelta di considerare alla stessa stregua di un reddito da lavoro o di una rendita finanziaria tutte le prestazioni assistenziali in denaro, spinge gli indicatori reddituali di chi le percepisce molto più in alto di dove siano attualmente, né le franchigie e le detrazioni previste compensano certamente l’effetto di quella scelta. Ma vediamo di capire meglio le ragioni di quanto detto.
Nel calcolo dell’indicatore della situazione reddituale verrebbero computati, oltre agli altri redditi da lavoro (e assimilati) o da rendite finanziarie:
– tutte le provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità) concesse agli invalidi civili;
– la pensione sociale;
– l’assegno di maternità;
– voucher o contributi per prestazioni sociali (quali, ad esempio, i contributi per la “Vita Indipendente”);
– assegni di cura;
– indennità agli invalidi del lavoro;
– contributi (nazionali o regionali) per l’abbattimento di barriere architettoniche o per l’acquisto di prodotti tecnologicamente avanzati
– ogni altro contributo pubblico.
Tutte queste voci, nella normativa ancora vigente, non sono computate.
Dalla somma dei redditi e delle somme percepite, sarebbero poi ammesse alcune franchigie:
° per chi vive in affitto, il valore del canone annuo previsto nel contratto di locazione per un ammontare massimo di 7.000 euro;
° per chi risiede in abitazione di proprietà, una franchigia pari a 5.000 euro, accresciuta di 500 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino a un massimo di 7.000 euro;
° 3.500 euro di franchigia per ogni persona con “disabilità media” (più sotto ne specificheremo il significato) presente nel nucleo;
° 5.000 euro di franchigia per ogni persona con “disabilità grave” o “non autosufficiente” presente nel nucleo.
Dalla somma dei redditi, inoltre, potrebbero essere detratte alcune spese:
– le spese sanitarie per disabili e quelle per l’acquisto di cani guida (detraibili in denuncia dei redditi), nonché le spese mediche e di assistenza specifica per i disabili (deducibili in denuncia dei redditi), fino ad un massimo di 6.000 euro;
– le spese per collaboratori domestici e addetti all’assistenza personale (solo se regolarmente assunti direttamente), fino a un massimo di 5.000 euro; questa seconda detrazione viene ammessa solo per le persone non autosufficienti.
Riassumendo: nei nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità, si aggiungeranno ai redditi anche altre somme (ad esempio l’indennità di accompagnamento o l’assegno di cura), si potranno detrarre alcune spese (sempre che siano dimostrabili) e vi sarà una franchigia differenziata.
Scomparirebbe invece, dalle scale di equivalenza, il parametro aggiuntivo dello 0,5, precedentemente riconosciuto per i nuclei in cui fosse presente una persona con disabilità con invalidità superiore al 66%.
È indispensabile, a questo punto, spiegare cosa si intenda per disabilità media, disabilità grave, non autosufficienza, poiché le diverse condizioni comportano un diverso trattamento.
Il Ministero, nel tentare di elaborare una non facile definizione, si è “scontrato” con il ben noto marasma degli inquadramenti vigenti delle diverse invalidità.
Disabilità media:
Minori invalidi titolari di indennità di frequenza
Invalidi civili dal 67 al 99%
Sordi prelinguali
Invalidi per servizio di terza e seconda categoria
Invalidi per lavoro dal 50 al 79%
Invalidi INPS
Disabilità grave:
Invalidi civili al 100%
Ciechi civili parziali
Invalidi per lavoro dall’80 al 100%
Invalidi per servizio di prima categoria
Inabili INPS
Non autosufficienza:
Titolari di indennità di accompagnamento (ciechi e invalidi civili)
Invalidi sul lavoro con diritto all’assegno per l’assistenza personale e continuativa
Inabili INPS con diritto all’assegno per l’assistenza personale e continuativa
Invalidi per servizio con diritto all’assegno di superinvalidità
Detto che la bozza di decreto non propone alcun riferimento alla certificazione di handicap (Legge 104/92), in conclusione, per comprendere il reale impatto di questa formulazione dei nuovi criteri – che ci si augura possano essere profondamente rivisti – suggeriamo senz’altro anche la lettura di una serie di simulazioni realizzate dal Servizio HandyLex.org, all’interno di un approfondito dossier sulle ipotesi di riforma dell’ISEE.