In quest’ultimo periodo stiamo assistendo, più o meno consapevolmente, a una delle pagine più tetre dal dopoguerra ad oggi. Quella che infatti è stata una significativa conquista di diritti vitali per le persone con disabilità, rischia di subire, a breve, un terribile colpo di ghigliottina: le risorse economiche, il sostegno scolastico, gli strumenti di supporto per le famiglie, tutte le misure varate o in nuce, concepite in nome della crisi economica, di fatto limiteranno la libertà nella vita di molte persone.
Senza addentrarci oltremisura in un’analisi dell’attuale crisi, sul perché ci siamo arrivati e come la si stia affrontando, arriviamo al punto: il nostro NO a qualsiasi forma di appoggio, accondiscendenza o mediazione sia verso chi è in procinto di togliere risorse alla disabilità, sia al dialogo per ottenere le “briciole” che di esse rimarranno, in particolare per l’integrazione e il sostegno a scuola.
Parliamo del futuro di persone in situazione di disabilità con bisogni complessi, per le quali la continuità nella gestione del vivere quotidiano rappresenta non solo un bisogno primario a garanzia dell’integrazione nella società, ma spesso il senso stesso della vita. Da tempo e in più riprese abbiamo affermato che leggi e regolamenti sul sostegno delle persone con disabilità non mancano e sono, a parte alcuni aspetti, ben congegnati. Tuttavia, pur possedendo una normativa tra le più avanzate al mondo, il nostro Paese è relegato nell’arretratezza anche in questo ambito.
I motivi possono essere cercati nella mancata, incompleta e saltuaria applicazione della normativa o nell’interpretazione erronea e soggettiva di essa; senza contare le acrobazie del governante di turno per limitarne la portata, quasi che la disabilità fosse il centro di un “sadico gioco al bersaglio”, pensando ad esempio all’ultimo decreto sulla riconversione sul sostegno dei docenti sovrannumerari, che sembra “giocare” e “beffarsi” della sorte dei nostri figli.
Non ci stancheremo mai di chiedere che la legislazione vigente venga applicata senza perdere altro tempo e, conseguentemente, soldi; applicata senza cercare di svincolare da doveri precisi ed essenziali per un Paese che vorrebbe essere degno di confrontarsi con l’Europa.
Facciano attenzione governanti e legislatori a non guardare solo al loro “orticello”: lo sdegno che gli Stati esteri provano nei nostri confronti deriva anche dal mancato rispetto dei diritti delle persone più deboli. Evidentemente ai governanti, ai politici, agli amministratori del bene pubblico manca la coscienza su come vive una famiglia con figli con disabilità; ma siamo generosi e rinnoviamo loro la disponibilità ad accompagnarli in un’interessante full-immersion nelle realtà locali e poi all’estero, dove potranno cogliere lo stesso sdegnato stupore che vediamo noi, quando, costretti dalla nostra sanità a emigrare – causa liste d’attesa lunghissime o assenza del trattamento necessario – raccontiamo le vicissitudini dei nostri figli.
Da notare, tra l’altro, che si parla di Stati che dopo avere affinato la gestione della disabilità ancorché con “scuole speciali”, vogliono passare al nostro modello… Chi vuole, si accomodi. Poi ne riparleremo.
Anziché colpire i nostri figli e, in generale, le persone con disabilità, ci sono molti altri àmbiti dove far cassa che, all’oggi, non sono stati minimamente considerati (o, peggio, forse lo sono stati). Non è ancora stata toccata, ad esempio, quella numericamente limitata parte di popolazione che detiene la parte più cospicua delle ricchezze nazionali, così come non lo sono state le lobbies di molti settori economici, strategici per pochi, non certo per noi. Ma piuttosto di rischiare di pestare “amichevoli calli”, prima si cerca di togliere ai deboli che, si pensa, non protesteranno. E se proteste ci saranno, forse contano di accontentare il “rompiscatole di turno”, restituendo le briciole.
Si sbagliano di grosso. Prima che ai disabili, i governanti si tolgano e tolgano – alle cricche che li spalleggiano – lo stipendio, i capitali, la casa, la possibilità di fare due passi per strada, il rispetto e la fiducia in se stessi.
Chiediamo insomma che venga dato alle persone con disabilità tutto quanto è previsto dalla legge. Niente di meno. Semmai di più, giacché le famiglie ci mettono del loro, sia in termini economici che di qualità della vita, tutti i giorni. Altro che togliere e tagliare. Dato che da oltre vent’anni dalla promulgazione della legge base [la Legge Quadro 104/92, N.d.R.], ciò non è mai stato fatto, che sia dato quanto spetta! Poi ne riparleremo.
La proposta avanzata da recenti “studi” circa l’eliminazione dell’insegnamento di sostegno, passando dalla prossima assegnazione di docenti non specializzati agli alunni con disabilità, fino all’affidamento dell’insegnamento solo agli insegnanti di classe, equivale secondo noi ad annullare o limitare le possibilità di crescita dei nostri figli, con la conseguenza di futuri maggiori costi proprio a carico dello Stato [riteniamo ci si riferisca in particolare al Rapporto del 2011 “Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte”, di cui ampiamente si è occupato anche il nostro sito. Se ne veda l’ultimo testo pubblicato, contenente anche l’elenco di quelli precedenti, N.d.R.]. Ben altre prassi possono essere adottate nel solco di quanto permesso dalle norme vigenti, senza tarpare l’attuale didattica, i progetti e le proposte di un settore che non ha bisogno di essere demonizzato, ma, in generale, motivato e sostenuto quale preziosa risorsa per il futuro di tutta la collettività.
Affidare l’insegnamento degli alunni e degli studenti con disabilità solo agli insegnanti di classe sarebbe come far gestire le problematiche mediche dei nostri figli con bisogni complessi esclusivamente ai pediatri… Vorremo esserci, al Ministero della Salute, mentre un medico di base estrae un dente del giudizio o esegue altre operazioni più difficoltose. Oppure per vedere come si comporta la classe di una scuola secondaria dei figli del Ministro dell’Istruzione, gestita da un’insegnante della scuola dell’infanzia (o viceversa, a scelta). Ci provino, poi ne riparleremo.
È quindi necessario allargare l’orizzonte e considerare che la gestione didattica degli alunni e degli studenti con disabilità passa per la trama, costruita negli anni, tra insegnanti, Uffici Scolastici Territoriali, Amministrazioni Comunali, terapisti e famiglie.
Nelle norme che sono dietro l’angolo, basterà la soppressione di un fattore per innescare un inevitabile blocco delle buone prassi e delle esperienze che si sono sin qui succedute.
Dimensionamento, revisione degli organi collegiali, sostegno: con queste premesse dovremo ricostruire pressoché tutto. E le famiglie, i bambini, i ragazzi stanno già pagando carissimi i danni della recente riforma della scuola, voluta dal precedente Governi. Chiediamo dunque che non si sommino errori ad errori.
Legiferare per mettere una barriera ai sacrosanti diritti dei disabili rappresenta un’eversione ideologica e uno sperpero di denaro pubblico, sia per il tempo che si sta buttando (sono ormai anni che ci lavorano e ci provano!), sia perché se mai il Governo riuscirà a legiferare in tal senso, che si trovi o meno l’unità nel mondo della disabilità, i costi che tutto il Paese sopporterà per tornare allo stato attuale saranno assai ingenti. Perché ci torneremo, siatene certi. Mai a nessuno, infatti, permetteremo con queste idee di distruggere nel silenzio il lavoro faticosamente realizzato in anni di storia, anche con il contributo dei padri degli attuali governanti; un lavoro, una memoria che in questi giorni si sta vilmente azzerando.
In una società dove in nome del denaro tutto si può, la povertà è il male più efferato che si può pensare di causare alle persone. E diventa un crimine nei confronti di chi ha una disabilità. Tutto e solo in nome del “dio denaro”.