Osservate la splendida vignetta di Altan qui a fianco riprodotta. Risale al 1995, numero di maggio di «DM», la rivista nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Fu una sfida che condivisi con la redazione di un periodico di settore, capace di raccontare la disabilità sotto diversi punti di vista. Mancava la satira, e decidemmo, tanti anni fa, di dedicare la quarta di copertina alla vignetta di un grande disegnatore italiano, libero di interpretare il tema dell’handicap a modo suo, seguendo istinto e stile.
Si può consultare l’intera raccolta di queste vignette, alcune delle quali assolutamente fenomenali, realizzate gratuitamente per la rivista delle persone con distrofia muscolare. In nessun disegno si scopriranno mai cattiveria, razzismo, insulto, sghignazzo. Ma sempre ironia, leggerezza, irriverenza, pensiero libero, rispetto per le persone. E comunque c’è grande differenza fra ridere e sorridere.
Bene, adesso facciamo un bel salto temporale e di ambientazione, e andiamo a leggere (mi spiace, ma sono sempre convinto che ognuno debba farsi un’idea precisa e diretta di ciò di cui si parla) i contenuti “satirici” di Umoremaligno.it, con una sezione di questo sito dedicata all’handicap. Un pezzo dal titolo Gnooohhh!. Riporto qui solo una perla, tra le tante e mi scuso con i Lettori di stomaco debole.
«Ho un amico completamente paralizzato. Braccia, gambe, tutto quanto, riesce solo a muovere un po’ le sopracciglia. Ecco, non è che sia proprio mio amico, come cazzo fai ad essere amico di uno così, non puoi neanche usarlo come copertura con la tua ragazza. – Come, dove sono stato? Tutta la sera con Gigi, lo sai. Gigi, diglielo anche tu. – … No, non si può. Impossibile essere amici di uno così. Però puoi usarlo per conoscere le ragazze. Al parco, si avvicina una bionda. – Che teeeneeeeeroooooo! Come si chiama? – Gigi. – Cucciolosissimo,cos’ha? – Tetraplegia spastica distonica. – Io avevo un distrofico, poi mi è scappato, una volta che siamo stati in montagna. – Oh, mi spiace. Una volta è quasi successo anche a me, con uno splendido esemplare di autistico. Ci provava sempre, alla fine abbiamo dovuto castrarlo. La bionda sorride. – Con lui non ce n’è bisogno. – Eh, no. Sorrido anch’io. – Scopiamo?».
Ecco: secondo voi, questa è satira? Fa ridere? Perché se vi fa ridere qualche problema c’è. Potremmo essere infatti arrivati a un punto di non ritorno. Ossia alla libera presenza, sul web, di “troll” a loro insaputa. Cioè persone che cercano effettivamente di attirare l’attenzione e la riprovazione generale, salvo poi invocare la libertà d’opinione e di pensiero quando – come in questo caso – succede che l’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali presso la Presidenza del Consiglio, decide di aprire un’istruttoria segnalando il caso alla Polizia Postale, «al fine di evitare il diffondersi di questi atti discriminatori che ledono la dignità ed i diritti umani».
Mi ha colpito l’articolo dello scrittore Stefano Massaron, su «Il Vostro Quotidiano.it», che coglie perfettamente i termini della questione, dal punto di vista non della disabilità, ma della satira: «Non è nobile, ma il contrario: invece di mettere alla berlina i potenti, se la prende con inusitata cattiveria con la categoria che – viste anche le ingiustizie del sistema assistenziale italiano – è al momento tra le più vulnerabili del Paese. Non c’è nessun diritto da difendere, qui, ma soltanto qualche deficiente a cui tappare la bocca. La democrazia è già abbastanza in pericolo per i fatti suoi senza che, facendosene scudo, diventi il pretesto per poter liberamente esprimere pensieri razzisti degni dell’eugenetica hitleriana [grassetti ripresi dalla citazione originale, N.d.R.]».
È la censura, l’oscuramento del sito, la risposta più corretta? Non so, non credo, non mi interessa. Mi basterebbe notare un sussulto di buona coscienza, da parte dei presuntuosissimi autori del sito, che si gloriano delle denunce arrivate o in arrivo. Mi basterebbe l’ammissione, sia pure tardiva, di avere esagerato, di non aver colto il confine tra satira e violenza.
Violenza, certo. Contro chi non si può difendere, o perché non ha parole, o perché comunque già è sottoposto allo stigma sociale per la sua diversità. E invece assistiamo alla solidarietà sgangherata dei difensori ad oltranza del libero web. In questo modo, paradossalmente, si apre la strada alla censura. E all’imbarbarimento.
Ma come si fa a non capire che prendersela con un ragazzo con sindrome di Down, o tetraplegico, è semplicemente un atto da vigliacchi?