Varie volte, da queste pagine, sono stati raccontati e denunciati episodi di bullismo e violenza compiuti su giovani con disabilità. Tutto ciò, però, non avviene solo in Italia, anzi, in queste settimane balza agli occhi il sorprendente numero di casi di maltrattamenti subiti ad esempio da bambini, bambine, ragazzi e ragazze con autismo in altri Paesi.
Il primo caso riguarda il Belgio, dove una mamma ha denunciato i soprusi subiti dalla figlia, adolescente con autismo, nei dintorni della scuola. Ridevano di lei, la strattonavano, le tiravano i capelli e la prendevano a schiaffi: questo è quanto subìto da Kayleigh, una tredicenne vittima di bullismo da parte dei coetanei, mentre era in attesa dell’autobus.
Il video, che riprende le angherie, ha fatto il giro del web [ora risulta rimosso, N.d.R.] e a divulgarlo è stata proprio la mamma della ragazzina, come atto di denuncia per il trattamento che sua figlia, affetta da una forma di autismo, è costretta a sopportare ogni giorno.
Il secondo caso è molto più grave e avviene in Gran Bretagna, a Cudworth, dove uno studente è morto a causa delle ustioni prodotte da alcuni teppisti che gli avevano dato fuoco durante la festa per il suo diciottesimo compleanno.
Steven, un ragazzo autistico, si era appena trasferito con la madre Bernadette, per sfuggire ai bulli che lo tormentavano a causa della sua situazione: lo prendevano in giro, gli lanciavano vernice addosso e avevano reso la sua vita una vera e propria miseria. Sei mesi fa si erano trasferiti dunque nella nuova casa di Cudworth, dove Steven aveva organizzato qualche giorno fa una festa per il suo compleanno. Secondo quanto riportato dal quotidiano inglese «Daily Mail», verso le due di notte, i vicini hanno visto Steven uscire dalla casa urlando e assalito dalle fiamme: sono accorsi in suo aiuto cercando di spegnere il fuoco, ma il ragazzo aveva ustioni molto estese e così, nonostante i soccorsi, è morto verso le 23.40 del giorno successivo, nell’ospedale di Wakefield.
Questi sono episodi di tal gravità da farci vergognare del comportamento di nostri simili. La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ci fa tuttavia osservare che queste ultime subiscono violenza anche ogni volta che vien loro negata la possibilità di partecipare alla vita attiva della società, nel lavoro, nel tempo libero, causa barriere o in nome di una presunta “impossibilità soggettiva” («È troppo grave per…»).
E allora andiamo a cercare qualche episodio che ci riconcili con i nostri simili, ad esempio una cosa piccola, ma grande nello stesso tempo perché non si era mai realizzata.
Parliamo dei recenti Giochi Nazionali Estivi Special Olympics Italia, le “Olimpiadi per ragazzi speciali”, evento consistente in un vero e proprio progetto educativo, per promuovere gli allenamenti e la pratica dello sport olimpico in persone con disabilità intellettive, dando loro continue opportunità di sviluppo fisico e psichico, facendo loro dimostrare coraggio, capacità, e creando sempre nuovi motivi per gioire insieme alle proprie famiglie, ai propri amici e a tutta la comunità. Fine ultimo di Special Olympics è quello di dare, alle persone con disabilità intellettive, la possibilità di diventare Cittadini utili alla società e quindi accettati, apprezzati e rispettati dall’intera comunità.
A trascinarci nell’avventura è stata l’ANGSA della Spezia [Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici, N.d.R.], che ha partecipato a questa “impresa” per conto della nostra Associazione. Il bottino è stato fantastico: ben 5 ori, 1 argento e 2 bronzi, risultati particolarmente apprezzati perché derivano dall’impegno di anni di insegnanti, volontari e atleti, un impegno e una forza di volontà che meritano una menzione davvero speciale. E merita attenzione anche l’ambito in cui è nata questa “scommessa”, quello cioè di un’Associazione impegnata a promuovere l’educazione specializzata per l’autismo, l’assistenza sanitaria e sociale, la ricerca scientifica, la formazione degli operatori e la tutela dei diritti civili a favore delle persone con autismo e con disturbi generalizzati dello sviluppo, affinché sia loro garantito il diritto inalienabile a una vita libera e tutelata, il più possibile indipendente, nel rispetto della loro dignità e del principio delle pari opportunità.
È nel perseguire queste finalità e nel lungo cammino percorso per realizzarle che si può dare il significato più vero e profondo alla conquista da parte degli atleti spezzini e al motto degli Special Olympics: «Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze».