Se per farsi capire dai telespettatori, un Vescovo dice che «basta guardare il comportamento di una persona Down o comunque con disabilità intellettiva, per avere un’idea del “diavolo” che compie o fa compiere gesti inconsulti», allora qualcosa non funziona nella sua capacità di comunicatore televisivo, ma anche di imitatore del Vangelo di Gesù.
Eppure, questo è accaduto alcune settimane fa a un Vescovo [monsignor Andrea Gemma, vescovo di Isernia, esperto di esorcismi, come abbiamo riferito in questo sito nei giorni scorsi, N.d.R.] sugli schermi di TV 2000, emittente della Conferenza Episcopale Italiana.
Qualunque persona di media cultura avrebbe evitato un paragone simile, perché fuorviante e perché non degno di un Vescovo. Infatti, c’è da chiedersi quale formazione culturale abbia un uomo simile, che ignora il lavoro che in Italia si svolge da almeno cinquant’anni per l’inclusione sociale delle persone con disabilità.
Ma la cosa ancor più grave – per un Vescovo – è che egli sembra ignorare il documento prodotto dalla Santa Sede nel 1981, in occasione dell’Anno Internazionale delle Persone con Disabilità, gli atti del corso di formazione per insegnanti di religione pubblicati nel 1988 dall’Istituto San Tommaso di Messina e il lavoro che da decenni svolge pure l’Ufficio Catechistico della Conferenza Episcopale Italiana, proprio sulla Pastorale rivolta alle persone con disabilità, tramite convegni, pubblicazioni e manifestazioni , tra le quali la più significativa è stata la Giornata Giubilare delle Comunità con le persone con disabilità, svoltasi in San Pietro nel 1984, insieme alla splendida omelia di papa Giovanni Paolo II, pubblicata dall’«Osservatore Romano» del 1° aprile 1984.
Da questa ampia documentazione risulta in modo evidente come le persone con disabilità siano al centro dell’attenzione sia della società civile che delle comunità religiose, come esseri umani degni del massimo rispetto per i valori laici e religiosi di cui sono portatori e che talora – in modo certamente eccessivo – vengono paragonati da molti uomini di Chiesa addirittura ad “angeli”. Dico “in modo eccessivo” perché eccedere in paragoni di sublimazione fa dimenticare che si tratta di persone umane come tutti, così come i paragoni negativi – quelli appunto del Vescovo in questione – sono altrettanto offensivi, proprio perché mettono in ombra i valori di cui, pur con le nostre diversità, siamo ricchi.
A sua scusante, quel Vescovo potrebbe addurre che egli è un esorcista e che quindi vede il diavolo dappertutto. Però, nonostante questa sua attività, egli non può dimenticare come Gesù si rivolgeva alle persone con disabilità, stimolandone, con i miracoli, l’inclusione sociale e identificandosi con loro, quando diceva che «tutto quello che avrete fatto ai più piccolo dei miei fratelli lo avrete fatto a me».
Altro che paragonarci al diavolo! Gesù ci tratta alla pari come fratelli, senza neppure quel pietismo lezioso che talora ci accade di sperimentare in alcuni uomini di Chiesa che hanno assai poco fatto proprio il Concilio Vaticano Secondo.
Se quel Vescovo ha voluto fare un esempio, a suo avviso chiarificatore, proprio perché “fissato col diavolo”, ricordo che altrettanto paradossale fu il paragone fatto dal giornalista Enzo Biagi,invitato a un convegno di Comunione e Liberazione, proprio sul diavolo. In quella circostanza, infatti, egli ebbe a dire, sconcertando gli uditori, che da ateo affermava di avere visto il diavolo nientemeno che nella persona dell’arcivescovo Paul Marcinkus, già presidente dello IOR, la banca vaticana.
Ma se vogliamo lasciarci alle spalle la sbalorditiva similitudine del Vescovo e la stupefacente similitudine di Biagi, credo sia opportuno semplicemente pensare alle persone con disabilità – pensarci – come faceva Gesù, ovvero come a dei «suoi fratelli».
Per un ulteriore approfondimento, suggeriamo anche la lettura del testo intitolato Solo la testimonianza di Gesù risorto dà senso alla croce della sofferenza, intervento di Salvatore Nocera al Sinodo Mondiale sui Laici del 7 ottobre 1987.