Con la Sentenza 763/12, depositata il 18 aprile scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Toscana ha enunciato alcuni princìpi che chiariscono sempre più la procedura per ottenere le ore di sostegno e la validità delle fasi di essa.
Il provvedimento, infatti, ha precisato che il diritto a un certo numero di ore di sostegno nasce solo quando esso è quantificato nel PEI (Piano Educativo Individualizzato), dopo una fase istruttoria che riguarda specialmente la formulazione della Diagnosi Funzionale e del Profilo Dinamico Funzionale. Tale fase preliminare si apre con la richiesta di ore di sostegno da parte dell’interessato il quale, in quel momento, ha solo un interesse legittimo che le ore vengano assegnate secondo le «sue effettive esigenze» (formula nornativa, questa, che si rinviene nell’articolo, comma 605, lettera b della Legge 296/06).
Successivamente si apre la fase degli accertamenti tecnici da parte del GLHO (Gruppo di Lavoro Handicap Operativo), che verifica se quelle richieste siano conformi alle effettive esigenze. Qui potrebbe emergere ad esempio il fatto che le ore richieste siano troppe e quindi il gruppo tecnico potrebbe ridurle, tenendo anche conto dei progressi realizzati precedentemente. Potrebbe ritenere, in altre parole, che per una maggiore crescita in autonomia dell’alunno le ore richieste fossero troppe e quindi da ridurre rispetto a quelle dell’anno o degli anni precedenti.
Questa valutazione rientra nella “discrezionalità tecnica” dell’Amministrazione e, pur riguardando ancora interessi legittimi (e non diritti soggettivi), non potrebbe essere portata di fronte al TAR, essendo la “discrezionalità tecnica” di per sé incensurabile in tale sede, a meno di non dimostrare vizi di legittimità, come un’erronea valutazione del presupposto (ad esempio un’erronea valutazione della Diagnosi Funzionale) o una carenza di istruttoria (ad esempio la mancata del GLHO per la formulazione del Profilo Dinamico Funzionale o del PEI).
Appena quindi la richiesta di ore viene quantificata nel PEI, nasce il diritto soggettivo a quel determinato numero di ore (articolo 10, comma 5 della Legge 122/10), che, ripeto, potrebbero anche essere meno di quelle dell’anno precedente.
Ed è proprio questa la novità rispetto alla gran parte delle Sentenze che concedono un aumento di ore, decisione, per altro, che si ispira implicitamente a quanto è già stato scritto con chiarezza nella Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, secondo la quale non necessariamente alla certificazione di disabilità grave deve corrispondere il massimo delle ore di sostegno, dovendosi guardare alla specificità del deficit.
Riteniamo opportuno a questo punto riportare testualmente un brano della motivazione addotta nell’interessante Sentenza del TAR toscano: «È importante però sottolineare, ai fini della soluzione della presente controversia, che non esiste un diritto soggettivo generale alla fruizione di specifiche misure di integrazione ed in particolare di un numero predeterminato di ore di sostegno scolastico. Spetta infatti alle Amministrazioni indicate dalla normativa, nel rispetto dei criteri di logica e ragionevolezza e con corretta applicazione di eventuali scienze tecniche rilevanti, individuare caso per caso le misure idonee a garantire l’integrazione scolastica avendo quale obiettivo anche la progressiva autonomizzazione della persona diversamente abile, nei limiti consentiti dalla sua situazione. Può quindi anche essere giustificata una riduzione delle ore di sostegno se ragionevolmente motivata dal, e finalizzata al, raggiungimento di tale obiettivo. Una volta formato il Piano Educativo Individualizzato, allora la pretesa all’integrazione in capo all’alunno diversamente abile assume concretezza di diritto soggettivo e si specifica nella fruizione degli interventi ivi rappresentati, e correlativamente nasce un’obbligazione in capo alle Amministrazioni competenti a renderli [grassetti del curatore nella citazione, N.d.R.]».
Da questo brano sembra pertanto potersi legittimamente dedurre che le riduzioni di ore – rispetto a quelle indicate nel PEI – effettuate dagli Uffici Scolastici Provinciali o Regionali sono illegittime, non solo se determinate da problemi di bilancio (come è stato affermato costantemente dalla Corte Costituzionale e da ultimo nella citata Sentenza 80/10), ma anche se motivate dalla mancanza delle effettive esigenze, quando queste affermazioni non poggino sul parere tecnico del Gruppo di Lavoro dell’Ufficio Scolastico Provinciale o di un eventuale Gruppo di Lavoro dell’Ufficio Scolastico Regionale, che però normalmente non esiste.