Comincio a temere che il peggio sia in arrivo. Si sa che nei momenti di crisi l’ideale per prendere decisioni impopolari è approfittare dei periodi di distrazione di massa. E luglio e agosto si prestano perfettamente allo scopo, da che mondo è mondo. Anche perché, nonostante le difficoltà di bilancio familiare, l’“ultima trincea” sono rimaste forse proprio le vacanze estive, magari ridotte a brandelli, o addirittura imposte da uffici e aziende che così riducono i costi e tirano il fiato, sperando in un settembre meno cupo.
I segnali per il welfare sono micidiali. Leggo e sottoscrivo l’appello che viene lanciato in questi giorni da vari soggetti del Terzo Settore, tra i quali la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap): Per il diritto alla Salute: colpire gli sprechi, spendere meglio, ma fermare i tagli. Primo firmatario il presidente della Federazione Pietro Barbieri e con lui, a seguire, molti altri nomi ben noti.
Cito un passaggio dell’appello assolutamente perfetto: «L’allarme sulla crescita della spesa sanitaria è infondato, come segnala anche l’ultimo rapporto della Corte dei Conti. E, nei confronti internazionali, l’Italia associa minore spesa a migliori servizi. Eppure ci sono ancora margini per “migliorare”: recuperando efficienza ed efficacia, contrastando sprechi e illegalità. Ma è assolutamente indispensabile distinguere tra operazioni a “breve termine” e altre che necessitano di tempi più lunghi per ottenere risultati duraturi; e selezionare gli interventi, tenendo conto delle diverse condizioni e dei diversi comportamenti tra le regioni. Altrimenti il tutto si riduce a operazioni per fare cassa».
Niente di nuovo, direte, per chi segue da sempre questi temi. Eppure l’idea che si è formata nell’opinione pubblica, anche sulla spinta di una campagna mediatica da “poteri fortissimi”, è che la causa di tutti i mali della spesa pubblica italiana risieda proprio nel complesso meccanismo del welfare e del settore socio-sanitario in particolare.
Il fatto è che un Governo tecnico – per definizione “irresponsabile” politicamente – continua a lavorare su numeri e tabelle, applicando simulazioni di risparmio, e traducendo le grandi scoperte in provvedimenti “prendere o lasciare”, rispetto ai quali ogni tentativo di discussione o di interdizione viene considerato alla stregua di conservatorismo burocratico, di statalismo ormai superato, di resistenza al cambiamento e alla modernizzazione del Paese, imposta da altri burocrati e tecnici, lontani dall’Italia e appollaiati nel quartier generale finanziario dell’Europa.
Succede così che nel tritatutto dei tagli finisca persino l’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali presso la Presidenza del Consiglio, un piccolo gruppo di dipendenti pubblici distaccati da vari Ministeri e ora costretti a tornare alla sede d’origine, abbandonando al suo destino la creatura diretta con straordinario impegno da Massimiliano Monnanni.
E così registro e sottoscrivo un altro appello, ove si scrive tra l’altro: «Solo negli ultimi mesi l’UNAR ha avviato piani di attività fondamentali che necessitano di impulso e coordinamento forte e di un altrettanto forte coinvolgimento delle autonomie locali e dell’associazionismo: la Strategia Nazionale di Inclusione dei ROM, Sinti e Camminanti; il Piano Nazionale di Azione contro Razzismo e Xenofobia; il Programma per l’Applicazione della Raccomandazione del Consiglio d’Europa su Orientamento Sessuale e Identità di Genere; l’apertura e la programmazione di attività di UNAR al contrasto della discriminazione sulla base della disabilità». Già. Appena pochi giorni or sono, proprio l’UNAR era intervenuto per bloccare la degenerazione di un sito di “satira” nei confronti delle persone con disabilità, Umoremaligno.it 2012/07/05/il-confine-tra-satira-e-violenza. E l’azione di questo organismo pubblico favorisce, se messo in condizione di funzionare (nel tempo da 23 dipendenti previsti, ora ce ne sono 13, e dopo i tagli, a ottobre, rimarrebbero in 4…) l’arrivo di fondi europei contro la discriminazione, e quindi una nuova e importante progettazione sociale in un campo a dir poco minato di discriminazioni.
Stiamo forse entrando nella fase dei “saldi” dei servizi pubblici di ogni tipo. E mi pare di cogliere, al di là delle firme e degli appelli, una certa rassegnazione, mentre il giovane Silvio Berlusconi, noto difensore del welfare pubblico, si appresta a ridiscendere in campo, e a sinistra ci si divide anche sulle previsioni del tempo. Cominciamo almeno a pensare, ad articolare una risposta corale e meditata. Prima di essere “esodati” come Cittadini.