Con la stipula dell’accordo di collaborazione tra la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e la GESAC, l’ente gestore dell’Aeroporto di Napoli Capodichino, avvenuta il 16 luglio nella sede dell’aeroporto e della quale abbiamo ampiamente riferito nei giorni scorsi, non solo la Federazione suggella e rafforza una proficua collaborazione che risale al 2003 e grazie alla quale – in termini di accoglienza delle persone con disabilità – l’Aeroporto napoletano è stato segnalato come esempio di buona prassi a livello europeo e anche dalle Nazioni Unite, ma ottiene anche il riconoscimento della propria competenza tecnica e di un ruolo prioritario di guida all’affermazione di un approccio culturale rispettoso dei diritti umani essenziali.
A siglare il protocollo sono stati Marco Consalvo, direttore generale della GESAC e Pietro Barbieri, presidente nazionale della FISH. Quello napoletano è però un esempio di eccellenza e purtroppo la situazione non è la stessa nel resto dell’Italia, né nel resto d’Europa, come vedremo anche prossimamente, commentando la recente emanazione delle Linee Guida prodotte dalla Commissione Europea su tali questioni. Per questo la Federazione si interfaccia da lungo tempo con l’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), al fine di rendere la prassi di Capodichino il più diffusa possibile.
Barbieri, quali sono i rapporti attuali tra FISH ed ENAC?
«C’è una buona cordialità in incontri saltuari. Abbiamo lavorato con intensità per l’approvazione del documento attuativo del Regolamento Europeo sui Diritti dei Passeggeri con Disabilità (CE 1107/2006), dopodiché ci siamo organizzati per la sua implementazione in due modi: fornire al personale aeroportuale adeguata formazione e monitorare lo stato di attuazione del Regolamento stesso. Nel primo caso, l’assenza di regole per accreditarsi come ente titolato a offrire formazione non ha aiutato nel garantire omogeneità e appropriatezza alla formazione. Nel secondo caso è stato presentato un documento analitico – aeroporto per aeroporto e compagnia per compagnia – utile per orientare le scelte di ENAC, degli handler [le società dei servizi di assistenza a terra, N.d.R.] e delle compagnie aeree. Qualche timido risultato è stato raggiunto. Ci apprestiamo a redigere un nuovo report, con l’obiettivo di non mollare l’osso».
Come commenta il protocollo di collaborazione con la GESAC?
«È parte di un percorso già avviato. I gestori di Napoli Capodichino hanno intrapreso una collaborazione con la FISH che si riconferma alla luce di nuove esigenze: cambia il personale e c’è la necessità di reinquadrare il loro impegno sui passeggeri con disabilità, e non solo nella fase di acquisizione di competenze del personale direttamente coinvolto».
Quale obiettivo è stato raggiunto con questo accordo e che importanza ha in un’ottica nazionale?
«A nostra conoscenza, è l’unico aeroporto così massicciamente coinvolto con le associazioni delle persone con disabilità. Ha scelto di farlo con un’organizzazione-ombrello in grado di orientarli su tutte le scelte riguardanti i servizi per le persone con mobilità ridotta. È vero che non ha i numeri di scali come Fiumicino o Linate. È vero anche, però, che tra gli scali di media grandezza è l’unico a mostrare tale impegno, tanto da meritarsi la segnalazione di buona pratica italiana alla Commissione Europea. Cosa ancora più particolare, in questo momento, dove le attitudini mediterranee sono ritenute persino “pericolose” per la tenuta della moneta unica e dell’intera Unione dei 27».
Quali sono le istanze principali che la FISH fa presenti all’ENAC?
«Chiediamo all’ENAC di esercitare con maggior vigore il suo ruolo di controllo nei confronti dei gestori aeroportuali e delle compagnie aeree, ai fini del rispetto dei diritti dei passeggeri con disabilità: dall’atto di ratifica del Regolamento abbiamo attraversato diverse crisi del trasporto aereo, ivi incluse il fallimento e la rinascita di Alitalia. Non possiamo non tenerne conto, ma neanche entrare in un permanente giustificazionismo: prima l’avvento delle low cost [compagnie aeree che propongono voli a basso costo, N.d.R.], poi la sicurezza post 11 settembre e ora la crisi dei debiti sovrani. Noi viaggiamo oggi e oggi abbiamo necessità di tutelare i nostri diritti».
Quali sono le sue esperienze personali di viaggiatore e come commenterebbe, dal punto di vista della sua esperienza, la capacità di accoglienza di passeggeri con disabilità a bordo degli aeromobili e negli aeroporti in italia?
«Quattro cose su tutte. La prima: l’incertezza determinata dalle regole imposte da handler e aeroporti, scritte interpretando l’incrocio tra diritti delle persone con mobilità ridotta, sicurezza e innovazione commerciale. Ciò è causa di equivoci che possono causare persino il mancato imbarco, come è accaduto a me nel settembre scorso.
La seconda: le “sale amiche” si sono trasformate nel luogo della concentrazione e dell’attesa delle persone con mobilità ridotta, ingenerando in molti casi una nuova situazione di segregazione, seppur temporanea e in “non luoghi”, come direbbe Marc Augè [etnologo e antropologo francese, N.d.R.]. Erano un luogo della concentrazione delle competenze e ora sono diventate un “luogo altro” dove “nascondere” le persone con ridotta mobilità.
La terza: l’assegnazione dei posti è più volatile dell’andamento attuale delle borse: c’è chi ti garantisce la seconda fila sul corridoio e poi riempie i posti a fianco, causando un ardito salto del disabile da parte degli altri passeggeri; chi invece ti sbatte in ultima fila insieme ai detenuti in transito e ai bagni; chi, infine, ti impone il posto vicino al finestrino con enormi difficoltà per raggiungerlo. E se viaggi su Lufthansa e provi a protestare, il meglio che può accadere è che il capitano esprima con fare nazista: «O così oppure RAUS!».
La quarta: c’è un problema tutto italiano e soprattutto romano: la consegna dell’ausilio sotto bordo. Accade solo da noi, e soprattutto a Fiumicino, dove devi ritenerti fortunato quando riesci ad ottenerlo! Mario Melazzini [presidente dell’AISLA – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, N.d.R.], Rita Barbuto [direttore di DPI Italia – Disabled Peoples’ International, N.d.R.), e tanti altri, oltre al sottoscritto, hanno vissuto esperienze incredibili. Vincenzo Falabella [presidente della FAIP – Federazione delle Associazioni Italiane Para-Tetraplegici e della FISH Puglia, N.d.R.] è passato direttamente ai fatti, denunciando alla magistratura la compagnia aerea e l’handler per sequestro di persona».
Qual è l’obiettivo della FISH rispetto a questi temi?
«Come già detto, si tratta di incalzare l’ENAC su questi temi affinché se ne faccia carico. Vogliamo poi un diverso impegno del ministro pro tempore: il diritto alla mobilità in ogni ambito è un tema politico e solo una diversa allocazione di risorse può spostare l’accento sull’eguaglianza di opportunità. Sì, anche nei trasporti. Continueremo inoltre a insistere affinché i gestori aeroportuali e le compagnie aeree orientino le loro politiche verso un rispetto sempre più stringente dei diritti dei passeggeri con disabilità, cosa che purtroppo ancora troppo spesso non avviene, in violazione dello spirito e dei dettami dello specifico Regolamento Europeo».