I lettori di Superando conoscono già Pietro Rosenwirth e i suoi viaggi in groppa allo scooter (se ne legga cliccando qui). Quando abbiamo cominciato a pubblicare storie di viaggi avventurosi, sulla scia di quello compiuto da Giampiero Griffo che ha raggiunto le cime di Machu Picchu (se ne legga cliccando qui), nonostante i limiti della carrozzina, abbiamo invitato i Lettori a farsi avanti con storie simili da raccontare. Le risposte sono arrivate e ora invitiamo ancora chi ci legge a continuare a contattarci per condividere con noi questo tipo di avventure.
Tra i messaggi arrivati in redazione c’era anche quella di Pietro e certo non poteva mancare. D’altronde, come detto, le sue iniziative avevano già suscitato la nostra attenzione e avevamo dedicato un articolo al suo vagabondare in groppa a uno scooter adattato alla sua condizione di persona con ridotta mobilità, attività per le quali è stato di recente anche ospite d’onore all’inaugurazione della settima edizione della mostra triestina Mitos moda arte mare.
«Cammino e riesco a muovermi – spiega Pietro – ma solo circa un muscolo ogni cinque del mio corpo risponde ai comandi, perciò faccio tutto con molta fatica e lentezza. Se cado con la moto, devo aspettare che qualcuno passi e mi tiri su, da solo non sono in grado di rialzarmi. Anche se con quest’ultimo modello che sto utilizzando, l’Handytrike, la stabilità è tale che cose del genere accadono difficilmente».
È ancora pericoloso quello che fai?
«Lo era soprattutto prima dell’Handytrike. Ho avuto molti incidenti stradali con complicazioni varie. Hanno peggiorato la mia situazione fisica, anche in seguito a certi interventi chirurgici mal riusciti».
Di quanti incidenti stiamo parlando?
«Ci credi se ti dico che ho perso il conto?».
E continui a risalire sullo scooter nonostante tutto?
«È la prima cosa che faccio appena esco dall’ospedale. Per me girare in moto significa sentirmi libero. Si abbattono le differenze tra me e le altre persone, posso andare dove voglio, alla velocità di tutti e sono più agile delle carrozzine. Quando metto in moto e parto, inizia una specie di estasi che va in crescendo, è un’esperienza meravigliosa. Lo scooter è la compensazione delle difficoltà che ho alle gambe. Mi fa sentire libero, leggero, felice».
I viaggi con mete distanti però sono davvero pericolosi…
«Ci si può credere o no, ma tutti gli incidenti di cui ho parlato li ho avuti in città, dove vivo. Durante i viaggi non mi è mai successo niente. Anzi, sono convinto che ogni volta che parto accada una specie di magia, per cui qualcuno mi protegge. Incontro solo persone gentili, disponibili, e niente di pericoloso mi è mai accaduto».
Qualche esempio?
«Una volta a Sparta mi sono perso e ho chiesto indicazioni. La persona a cui mi sono rivolto, invece che limitarsi a spiegarmi il tragitto, è salita nella sua macchina e mi ha fatto strada. L’ho seguita con lo scooter fino alla via principale, di fronte alla quale mi ha segnalato da che parte svoltare. E questo è solo uno degli esempi. Continuano ad accadermi cose del genere».
Finora, a ripensare ai tuoi spostamenti, qual è stata la meta più avventurosa?
«Mi viene in mente la città di Istanbul».
La capitale della Turchia? E perché?
«È affollatissima, ci sono persone sui mezzi e a piedi ovunque, è difficilissimo spostarsi. È tutto un saliscendi ripido di colline. La manutenzione stradale, poi, non esiste. Le strade sono diroccate, piene di buche, il terreno è ciotolato e su questo tipo di superficie camminare per me è difficile. Inoltre, all’improvviso – che vuol dire senza alcun tipo di preavviso – spuntano delle scale e per evitarle bisogna fare tutto il giro dell’isolato. Posso dire che si tratta di una città orrenda dal punto di vista dell’accessibilità, per me è un’unica gigantesca barriera architettonica. Con all’interno dei paradossi pazzeschi».
Cosa intendi?
«Che all’interno di una società che sembra non accorgersi dei problemi di mobilità delle persone in carrozzina, càpiti poi in una moschea che addirittura mette a disposizione una propria carrozzina a uso interno, per la visita dell’ambiente religioso, offerta non solo a chi è abitualmente in carrozzina, ma anche a chi ha difficoltà a camminare scalzo e teme di scivolare. Istanbul in effetti è una città di paradossi. Convivono sporcizia e pulizia, inaccessibilità e accessibilità estrema. Ad esempio càpiti improvvisamente in certe strade asfaltate di fresco, senza che io sia riuscito a indovinare un criterio sensato. Però lo scooter mi ha decisamente avvantaggiato».
In che senso?
«Proprio perché Istanbul è tanto complicata da girare, in auto di sicuro avrei avuto molte più limitazioni. Con lo scooter mi sono infilato un po’ dappertutto e così ho potuto accedere ad aree della città che altrimenti non avrei mai potuto raggiungere».
Quando ci sei stato?
«Era l’estate dell’anno scorso e ci ho trascorso quattro giorni, parte dei ventisei del mio tour tra Grecia, Turchia e Italia. Quella volta ho macinato quasi seimila chilometri con uno scooter di serie, dopo averne trascorso dieci a Corfù in un campeggio con amici per “riscaldarmi”. Da lì, poi, sono partito da solo, in traghetto».
A Istanbul eri completamente da solo?
«Ho però avuto il tramite di un’agenzia di viaggi accessibili che mi ha messo in contatto con persone del posto».
Un’agenzia italiana?
«Sì, si chiama Mondo Possibile. Tramite loro ho trovato un assistente locale e tutto quello di cui avevo bisogno per esplorare la città».
È andato tutto bene?
«Devo dire che l’agenzia è seria e preparata, ma i contatti sul posto non lo sono altrettanto. L’agenzia mi ha offerto un veicolo, un autista, una guida turistica che parlava inglese e spingeva la carrozzina ad esempio al Gran Bazar, luogo accessibile ma davvero enorme, così grande che da solo mi sarei senz’altro ammazzato di fatica. Questo personale locale, però, non è così preparato. Ad esempio, non hanno le idee chiare su quali siano i percorsi accessibili. D’altronde mi rendo conto che siamo in un settore che ancora di strada ne ha tanta da fare. Con i gruppi organizzati le cose di solito funzionano meglio, ma viaggiare da solo nelle mie condizioni è difficile e molto caro».
Come pensi evolverà questa situazione?
«Non evolverà solo a livello “ufficiale”, diciamo. I social network permetteranno sempre di più alle persone di crearsi contatti a livello personale. Tramite Facebook, ad esempio, sto costruendo una rete di contatti privati nei luoghi che voglio raggiungere durante i miei viaggi. Così, ad accogliermi e aiutarmi, mi capita già di trovare qualcuno di loro».
A parte questi momenti in cui ti appoggi a un’agenzia specializzata, per il resto del tempo sei da solo?
«Sì. Senza assistente. Mi organizzo in modo da trovare stanze accessibili negli alberghi, soprattutto per quanto riguarda i bagni. Cerco di avere tutto l’occorrente. Anzi, a dire il vero, in viaggio per me è più facile arrangiarmi, più che a casa. A casa devo per forza avere un assistente per cucinare, pulire casa e altre cose del genere. In viaggio mangio fuori e le stanze degli alberghi non le devo certo pulire perciò…».
Quasi quasi viaggeresti sempre?
«Beh, andiamoci piano. A parte i costi, ci vuole tantissimo tempo per organizzarlo bene, un viaggio, soprattutto per quanto riguarda la parte degli alberghi».
Quante ore rimani seduto sulla tua moto durante i viaggi?
«Al massimo ho guidato nove ore e mezza, da Ankara fino ad Alessandropoli. Di solito guido tra le cinque e le sei ore, partendo verso le nove di mattina e fermandomi tutte le volte che ne ho voglia o sono stanco».
Vai anche in posti che le carrozzine non riescono a raggiungere?
«Certo. Ad esempio una volta ho fatto un fuori strada, mi è successo in Grecia. Sono finito tutto intorno al Lago di Vegoritida, a nord ovest di Salonicco. È un lago bellissimo, circondato dalle montagne. Il paese finisce a tre-quattrocento metri dal lago, dopo di che ci sono coltivazioni e strade bianche o ciotolate. Nel mio viaggio del 2010 non avevo ancora l’Handytrike, avevo uno scooter cittadino, per niente preparato a esperienze del genere, ma a dire il vero non ci ho pensato due volte e, tra stradine e prati, sono arrivato al lago».
Ti è piaciuto?
«C’erano dei colori meravigliosi. La giornata di sole era splendida ed è stato bellissimo, talmente perfetto che mi aspettavo che si aprissero le acque e spuntasse Venere. Se fosse successo non me ne sarei stupito, tanto il posto era incantato».