Riflessioni sul diritto alla salute per le persone con disabilità: è questo il titolo del documento allegato a una lettera inviata qualche giorno fa da Pietro Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), al ministro della Salute Renato Balduzzi, nella quale si sollecitava una particolare attenzione al tema legato alla revisione dell’indennità di accompagnamento.
Sorta di sintesi ragionata dei principali temi di cui la stessa FISH, da anni, si è fatta e si fa tuttora referente per le persone con disabilità in Italia, il documento è sostanzialmente suddiviso in tre temi fondamentali:
– accertamenti sanitari delle condizioni di invalidità civile, stato di handicap e disabilità;
– LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), ausili, protesi e ortesi (e Nomenclatore Tariffario);
– riabilitazione e abilitazione.
Accertamento di invalidità, handicap e disabilità
La prima questione riguarda dunque le modalità con cui vengono effettuati gli accertamenti sanitari che riguardano l’invalidità civile (Legge 118/71 e successive modificazioni e integrazioni), lo stato di handicap (Legge 104/92) e la condizione di disabilità (Legge 68/99).
Si tratta di un attacco lucido e duro contro un sistema definito «elefantiaco» e «politicamente strumentalizzato», per ridurre ciò che viene visto come un’ingente spesa pubblica, riguardante le indennità di accompagnamento e le pensioni di invalidità civile. Una continua manipolazione di dati, come tutta la “campagna mediatica” contro i cosiddetti “falsi invalidi” – si legge nel testo della FISH – che servirebbe solo a dimostrare la necessità di ridurre la spesa per il welfare, che tuttavia, procedendo a un confronto con gli altri Stati Membri dell’Unione Europea, appare irrisoria.
La Federazione, al contrario, ritiene necessario abbandonare «concetti ottocenteschi» come quello della «capacità lavorativa», nata in un contesto sociale e industriale che favoriva alcune abilità a discapito di altre (e quindi certi lavori piuttosto che altri), ma che oggi, al contrario, non ha alcuna attinenza con la realtà. È quanto mai necessario, invece, parlare di presa in carico della persona con disabilità, facendo segnatamente riferimento alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e alla Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute (ICF) dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
LEA, ausili, protesi e ortesi
La critica della FISH al sistema della fornitura di ausili, protesi e ortesi è radicale, tanto più per il fatto che tale argomento viene trattato come una questione “di nicchia”, all’interno del dibattito sui LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).
Nel documento si parte quindi dall’ultimo, lontano aggiornamento del Nomenclatore Tariffario (Decreto Ministeriale 332/99), come tappa intermedia per permettere la conoscenza del mondo delle forniture di ausili e protesi. In tale percorso – che come nelle migliori tradizioni italiane da temporaneo è diventato definitivo – la FISH denuncia il completo e progressivo svuotamento del ruolo pubblico nell’individuare l’ausilio funzionale alla persona, al di là degli interessi – pur legittimi – delle aziende costruttrici e delle ortopedie.
In merito, la Federazione lancia due proposte:
– abrogare la funzione di autorizzatore da parte delle ASL, poiché la figura professionale del medico prescrittore dovrebbe bastare come garanzia tecnico-scientifica per la persona ed economica per l’Azienda;
– istituire il repertorio degli ausili, delle ortesi e delle protesi: la prescrizione, infatti, non dovrebbe lasciare margini alle pulsioni legittime, ma improprie. del mercato e quindi – oltre a una ratifica della Classificazione Europea degli Ausili – sarebbe certamente necessario prevedere a quale esatto Codice corrisponda ogni ausilio (marca e modello), con le sue caratteristiche tecniche.
Riabilitazione e abilitazione
L’ultima parte delle riflessioni della FISH sul diritto alla salute delle persone con disabilità riguarda il tema della riabilitazione e dell’abilitazione, questione ancora poco nota, almeno in Italia. Anche qui la Federazione sferra un attacco frontale all’attuale sistema di riabilitazione e, in particolare, al Piano Nazionale della Riabilitazione, definito quanto meno «anacronistico».
La FISH ne denuncia poi la scarsa coerenza, tra le citazioni, presenti in esso, tratte dalla Convenzione ONU e dalla Classificazione ICF dell’OMS e l’assenza di un approccio legato al modello bio-psico-sociale, sul quale, com’è noto, sia la Convenzione che l’ICF si basano. Infatti, il Piano Nazionale afferma la necessità di degenza in centri di riabilitazione, piuttosto che la presa in carico sul territorio. Esso sancisce inoltre che il medico rediga in solitudine il progetto riabilitativo, in contrasto perfino con quanto veniva affermato nelle precedenti Linee Guida sulla Riabilitazione del 1998. Per non parlare poi dell’assenza completa del concetto di abilitazione, presente in tutta la letteratura internazionale, nonché, già nel 2001, nel Rapporto Globale sulla Cronicità dell’OMS.
Il documento della FISH si conclude presentando alcune buone prassi fondate sulla presa in carico e sull’abilitazione, come, ad esempio, la sperimentazione del budget di salute nell’ASL Caserta 2.
Il Centro per l’Autonomia Umbro è anche sede della FISH Umbria (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Ricordiamo ancora che il testo integrale del documento della FISH analizzato nel presente testo è liberamente consultabile cliccando qui.
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