«Al di là dell’ottimo bilancio del medagliere azzurro (ventotto le medaglie vinte, dieci in più che a Pechino 2008), delle piccole polemiche circa l’opportunità o meno di organizzare l’evento in contemporanea alle Olimpiadi e delle storie dei singoli atleti, è forse opportuno interrogarsi sull’impatto che l’iniziativa ha avuto in termini di comunicazione».
Lo si legge in un comunicato congiunto prodotto subito dopo la cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi di Londra dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e dall’UISP (Unione Italiana Sport per Tutti), ove si rileva che «in Italia l’evento ha avuto una visibilità maggiore che nelle edizioni precedenti, anche se comunque in spazi limitati e riservati». «Ben diversa – si aggiunge – è stata la risposta in Gran Bretagna, grazie a uno straordinario ed efficace impegno della BBC, la TV che ha svolto esattamente il ruolo civico ed educativo che ci si aspetterebbe da un’emittente pubblica».
«In moltissimi pub – commenta in tal senso Pietro Barbieri, presidente della FISH, presente a Londra nei giorni delle Paralimpiadi – le TV erano sintonizzate sui giochi e gli avventori li seguivano con interesse e passione. Ho visto megaschermi nei parchi pubblici, dove la gente faceva il tifo durante le partite di calcio dei non vedenti o durante le finali dei 100 metri. I telegiornali sportivi aprivano sempre con le notizie sui Giochi Paralimpici con servizi accattivanti e dettagliati. È stata la BBC, con il suo lavoro, a creare interesse e partecipazione. E a questo si aggiungano tutti gli interventi strutturali per tentare di rendere realmente fruibile la capitale inglese».
Si tratta dunque di un risultato, secondo la FISH, che «restituisce, almeno nel Regno Unito, un’immagine di reale interessenon solo verso gli atleti e i protagonisti primi, ma che ha anche un più importante effetto: le persone con disabilità vengono intese come incluse in una società, in una collettività più ampia che verso di loro dimostra un interesse non occasionale».
«Lo spettacolo più sorprendente – aggiunge Barbieri – si è visto per le strade, fra la gente, alle fermate d’autobus rese accessibili e nell’osservare un’organizzazione che non ha puntato solo a una buona logistica, ma anche a trasmettere un messaggio culturale».
E tuttavia, come sottolinea Giuliano Bellezza, responsabile per i Diritti Sociali dell’UISP, «perché questa prospettiva si consolidi, è necessario anche un maggiore impegno da parte dei Governi. Vogliamo infatti che non si spengano i riflettori su questa realtà. E lanciamo poi un appello: anche a costo di rivedere l’impianto del sistema olimpico, le risorse degli Stati e dei Governi per lo sport e soprattutto per lo sport destinato alle persone con disabilità, siano adeguate. L’obiettivo principale dev’essere infatti che il movimento olimpico susciti nelle istituzioni locali una diversa cultura dello sport di base, con particolare attenzione allo sport sociale e per le persone con disabilità». (S.B.)
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