Purtroppo per il sostegno degli alunni con disabilità – e non solo per quello – sembra proprio che la “musica non sia cambiata”, all’inizio di questo anno scolastico, anzi… E dopo le situazioni di cui abbiamo già parlato nelle scorse settimane, ci concentriamo oggi su quanto accade in Sardegna, grazie alle dichiarazioni di Marco Espa, componente della Commissione Sanità e Politiche Sociali nel Consiglio Regionale della Sardegna e di Francesca Palmas, responsabile per il settore della scuola nell’ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi), vicepresidente della Consulta Persone con Disabilità della Provincia di Cagliari e componente dell’Osservatorio Scolastico Permanente sull’Integrazione Scolastica del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, intervistati per il settimanale dell’Arcidiocesi di Cagliari «Il Portico», rispettivamente da Sergio Nuvoli e Maria Luisa Secchi che ringraziamo per la gentile concessione a riprendere i contenuti dei loro servizi.
Onorevole Espa, ha saputo?
«Sì, sta accadendo quello che ogni anno sembra debba succedere come un inevitabile segno del destino».
Che senso ha negare il sostegno alle famiglie e costringerle a presentare ricorsi che regolarmente vincono? Perché continua a succedere?
«In effetti è proprio questo il periodo in cui, purtroppo, le famiglie si vedono costrette a fare ricorso, sostenute da associazioni come l’ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi), la prima, nel 2004, a crederci. Per le famiglie con figli con disabilità la decisione di ricorrere è pesante, molto dolorosa. Il ricorso, infatti, non è un fatto facile: è una fatica serissima, non è solo una questione di costi, ma anche un problema psicologico. La cosa più anomala è che da una parte le Istituzioni (Tribunali, Consigli Regionali, qualche esperienza in Parlamento) producono provvedimenti e norme a tutela delle persone con disabilità e il loro diritto allo studio. Dall’altra i burocrati statali ritengono più conveniente mantenere questo clima di incertezza, convinti che alla fine lo Stato ci guadagni qualcosa».
Può spiegarsi meglio?
«La giurisprudenza del Consiglio di Stato e dei Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) dice con chiarezza che il sostegno dev’essere assegnato secondo quanto indicato dalle certificazioni prodotte. Invece però di farlo, qualcuno continua a costringere le famiglie a presentare ricorso: probabilmente chi detiene i poteri forti della burocrazia ritiene che per uno che fa ricorso, due non lo fanno e in questo modo il 66% delle risorse è risparmiato! È una cosa disumana, cinica, politicamente perdente per chi la lascia fare. Spero tra l’altro che si possa sensibilizzare la Corte dei Conti: i TAR e il Consiglio di Stato cominciano infatti a riconoscere il danno esistenziale, 2-3.000 euro per ogni causa da richiedere allo Stato, al Ministero, alla Direzione Scolastica Regionale, ovvero a chi resiste davanti a cause che sa già di perdere. Somme “interessanti” che, se chieste come risarcimento dalla Magistratura Amministrativa, potrebbero far cambiare impostazione alla burocrazia e ai suoi responsabili troppo “distratti”, i quali pensano che opporsi alle famiglie “tanto non costi nulla”. Anche per questo spero che la Corte dei Conti entri presto in campo».
Però intanto il bambino perde l’anno…
«In tal senso va detto che i Tribunali sono abbastanza veloci. Piuttosto, se non ci fossero le associazioni, le famiglie rimarrebbero indifese davanti all’idea di ricorrere. Pensi soltanto all’idea dello Stato che resiste contro i diritti di un bambino con disabilità: è un fatto negativo anche dal punto di vista emozionale».
Come Davide contro Golia…
«Proprio così. Si può vedere, nelle carte delle azioni legali, il nome del Ministro che resiste contro il nome di un bambino con una disabilità grave. Ripeto: mi sembra un fatto davvero disumano».
Potrebbe essere richiamato il Ministero al rispetto della disabilità?
«Non è semplice. Infatti, ogni atto fa storia a sé: tante situazioni sono soddisfatte, altre no. Quest’anno, poi, il contenzioso – all’inizio erano solo “pochi coraggiosi” che hanno aperto una strada – sta diventando un fiume. Grazie a Dio, vedo una presa di coscienza maggiore che provocherà un boom dei ricorsi: davanti a un’ingiustizia si reagisce!».
Alcuni dicono che, nell’attribuzione del sostegno, la Direzione Scolastica Regionale stia forse privilegiando chi l’anno scorso ha vinto il ricorso. Se fosse davvero così, le parrebbe corretto?
«Se fosse così, sarebbe illegittimo. La prima volta che la Direzione Regionale ha cercato di “tappare il buco” con questi sistemi è stata bacchettata in modo violento: il diritto al sostegno non si riconosce negandolo ad un altro soggetto, ma aumentando l’organico. Se qualche dirigente fa così, rischia in proprio: sarebbe un atto che rasenta il penale. L’obbligo del dirigente è invece quello di ottenere personale e ore aggiuntive: le Sentenze dicono che la protezione di un diritto legittimo non può essere subordinata a un problema di bilancio. Lo dicono i tribunali».
C’è un problema di debolezza della Direzione Regionale nei confronti del Ministero?
«C’è sicuramente nel meccanismo gerarchico, sono organismi periferici dello Stato. Le certificazioni di medici di base e neuropsichiatri sembrano contare molto poco: eppure sono loro che seguono più da vicino i bambini. Serve maggiore integrazione tra i servizi, ognuno deve rispettare l’altra Istituzione: se qualcuno ha dubbi sulle certificazioni, può e deve attivare gli strumenti disponibili per le verifiche».
Sembrano esserci anche problemi sull’assistenza educativa, rifinanziata grazie alla Regione…
«Ho saputo, forse ci vogliono più risorse. Ma in questo ambito assegnare a tutti i bambini lo stesso numero di ore – come qualcuno pensava – sarebbe un errore clamoroso. La giustizia, infatti, è assegnare a ciascuno il giusto, non a tutti la stessa cosa».
Tagli al sostegno, interpretazioni fantasiose, richieste di certificazioni in eccesso: faccia un appello alla Direzione Scolastica Regionale.
«Ha uno strumento preciso: dia le cattedre in deroga e recuperi in fretta la situazione dovuta ai “buchi”. L’appello è ad attivarsi subito per risolvere il problema. Se le persone con disabilità non frequentano la scuola, aumenta la spesa per il sociale. Se si rafforza la scuola, si risparmia su altri settori. Ma per capirlo basterebbe il rispetto dei diritti umani».
«Sarà servito – si chiede Francesca Palmas dall’ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi) – tutto il lavoro fatto sinora per programmare in tempo un’organizzazione adeguata ad accogliere tutti i bambini e i ragazzi con disabilità nelle scuole? È l’interrogativo che accomuna ogni anno famiglie e associazioni che operano in questo ambito».
Ma quali sono le prospettive per l’anno scolastico da poco iniziato?
«Dai primi di settembre sono tante le telefonate giunte presso la nostra associazione da parte delle famiglie e degli insegnanti per esprimere le loro preoccupazioni. Sappiamo già che i docenti non sono del tutto sufficienti, perché in molte scuole è stato assegnato un sostegno che in realtà è dimezzato rispetto alle effettive richieste espresse dalle famiglie. Inoltre, non si sa se gli educatori, figure qualificate che combinano e coordinano il proprio lavoro con l’attività specificatamente didattica del sostegno, siano già presenti sin dall’inizio dell’anno».
Quali sono i principali interrogativi per le famiglie?
«È ancora un clima di incertezza ad accompagnare le famiglie anche all’inizio di questo anno scolastico. Non ci si spiega infatti come mai i genitori di ragazzi con disabilità debbano ogni anno fare i conti con le stesse preoccupazioni. Per capirci meglio, immaginiamo che i genitori dei bambini cosiddetti “normodotati” accompagnino i propri figli a scuola, e nonostante l’inizio delle lezioni, ogni anno siano assenti i docenti di Lettere o di Matematica e che quindi non si sappia bene a chi saranno affidati i propri figli».
Quanto è importante “informare” le famiglie?
«La comunicazione è fondamentale perché occorre informare sulle possibili soluzioni a questi problemi e far sapere quanto la solidarietà tra le famiglie sia radicata. È quindi importante avere chiaro cosa si può fare, come collaborare e come risolvere le problematiche che potrebbero insorgere. La disponibilità dell’ABC è assicurata. Attualmente siamo collegati a livello regionale (e non solo) con altre associazioni. Ci tengo a sottolineare inoltre l’importante collaborazione che sussiste anche tra noi e le Istituzioni. L’integrazione, infatti, non riguarda soltanto la scuola».
Ci spieghi meglio.
«È indispensabile che si instauri una piena collaborazione con le Istituzioni preposte, quali le ASL e gli Enti Locali, ciascuna portatrice delle proprie competenze. L’integrazione nasce da un lavoro di rete e anche quest’anno l’ABC lavorerà in tale ottica. In questa realtà, ciascun attore deve svolgere il proprio ruolo in modo coordinato con gli altri».
Anche quest’anno ci saranno gli annuali ricorsi al TAR da parte del le famiglie?
«Occorre aspettare per conoscere con certezza quali siano le effettive assegnazioni degli insegnanti di sostegno anche in termini di ore. Qualora il Ministero dell’Istruzione non concedesse ulteriori deroghe e le famiglie si ritrovassero con un totale di ore assegnate inferiori a quelle espresse nel proprio PEI (Piano Educativo Individualizzato), non rimarrà altro che intraprendere la strada dei ricorsi al TAR. Dal 2004 ad oggi, il Tribunale Amministrativo ha sempre dato ragione ai ragazzi. Infatti, il diritto allo studio non può mai essere considerato subordinato a questioni di ragione economica».