Prima di tutto la sicurezza

di Liana Baroni*
Un sistema per far sì che un ragazzo che ne abbia bisogno sia sempre rintracciabile probabilmente eviterebbe il verificarsi di situazioni spiacevoli, come quella accaduta recentemente a Verona al giovane con autismo scambiato per uno spacciatore e potrebbe anche contribuire ad aumentare l’autonomia di ragazzi che in genere non sanno comunicare, né usare il cellulare
Localizzatore GPS
Forse un localizzatore GPS potrebbe evitare situazioni spiacevoli come quella recentemente accaduta a Verona a un ragazzo con autismo

Il caso di Verona del ragazzo con autismo scambiato per uno spacciatore e sottoposto a sedazione e radiografia addominale – vicenda della quale si è già discusso su queste pagine – ha messo in luce il grave problema di quei ragazzi con sindromi autistiche che si perdono e che non trovano aiuto da una popolazione culturalmente impreparata.
Nella lista di discussione Autismo33.it dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e in tanti interventi, sono state proposte alcune possibili soluzioni per ovviare a queste difficoltà: un braccialetto come per i diabetici o una catenina al collo coi propri dati, etichette cucite nei vestiti, un tablet o cellulare e così via.
Nella mia esperienza di mamma, anch’io mi sono trovata di fronte a questo problema. Anche mio figlio, infatti, è stato scambiato per un drogato da uno sprovveduto autista di autobus che – per molte ore ad ogni capolinea in cui la corsa si fermava e mio figlio non scendeva, non trovando mai la fermata di casa – non gli rivolgeva la parola, come se fosse “invisibile” e come se fosse giusto e socialmente corretto non rivolgere la parola a un tossicodipendente.

Varie volte ho tentato di risolvere il problema con la tecnologia. Quest’ultima, tuttavia, aiuta  fornendo i tomtom più sofisticati, i segnalatori contro i furti d’auto più efficaci, ma non aiuta a fornire un localizzatore GPS, che risponda subito su richiesta e che dia gratuitamente la posizione del ragazzo, assicurando anche un tempo di carica ragionevole (almeno un paio di giorni).
Se mio figlio avesse avuto questo localizzatore, non avremmo dovuto ricorrere a polizia, carabinieri, elicotteri, cani poliziotto, tutte cose che le forze dell’ordine, in questi casi, molto generosamente e professionalmente mettono a disposizione.

Devo anche dire che forse il motivo che ci spinge a non mettere cartelli evidenti con i dati dei nostri ragazzi è che tali “segnalatori di disabilità” ci appaiono come una sorta di “marchio H” e quindi come una discriminazione e un ritorno a un passato e a una mentalità non più accettabili.
Tutto ciò si scontra però con il tentativo di dare la maggiore autonomia possibile, di spingere le persone a fare qualche passo da soli. In effetti, i genitori di ragazzi con autismo sono bravissimi, come “terapeuti”, a dare autonomie nel mangiare, nel vestirsi e nella vita quotidiana, ma sollecitare il ragazzo a fare qualche passo da solo diventa una prova quasi insuperabile, soprattutto in Italia, dove in genere le madri appaiono più apprensive di quelle straniere.
E allora io dico: prima di tutto la sicurezza! Cerchiamo cioè di studiare per individuare il sistema migliore, affinché un ragazzo che si muove da solo sia sempre rintracciabile, e lottiamo perché tale sistema possa essere a disposizione di tutti i ragazzi che ne abbiano bisogno. Senza dimenticare che un sistema del genere – oltre a diventare uno strumento utile ad evitare casi drammatici – aumenterebbe in realtà le stesse autonomie di ragazzi che non sanno né comunicare, né usare il cellulare.

Presidente nazionale dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici).

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