La situazione sembra di quelle in cui Kafka si butterebbe a capofitto. La notizia era uscita qualche settimana fa [anche il nostro giornale se n’è ampiamente occupato, N.d.R.]: farmaci che per una persona con epilessia sono letteralmente “salvavita” rientrano fra quelli che devono essere sostituiti con i “generici”, ma i medici e le associazioni hanno denunciato: «Non sono interscambiabili». Così, per usare il farmaco necessario, chi ha epilessia deve pagare la differenza di prezzo.
Qualcosa è cambiato: grazie infatti all’impegno delle case produttrici, questa differenza si è assottigliata, ma continua a esserci. Non solo, anche in questo caso l’Italia è divisa: in alcune zone è pagata dalla Regione, in altre dalle famiglie. Insomma: se hai l’epilessia, meglio non avere problemi economici e, se fosse, sperare di abitare in Emilia Romagna o in Trentino.
Il diritto alla cura, sancito dalla Costituzione, in questo caso solo in poche Regioni è garantito per tutti e nella maggioranza è oneroso anche per chi è indigente. Davvero sembra di stare in un racconto di Kafka. Le persone con epilessia utilizzano farmaci che potrebbe essere pericoloso cambiare. Semplificando: per decreto [il cosiddetto “Decreto sulla Spending Review”, Decreto Legge 95/12, convertito nella Legge 135/12, N.d.R.], i farmaci che si debbono utilizzare sono quelli generici. I medici prescrivono i farmaci necessari necessari, anche se non generici, perché quelli sono indispensabili. Il farmacista invita a usare i generici, altrimenti il paziente deve pagare il farmaco. Cambiarlo potrebbe però comportare gravi conseguenze. E comunque, se anche chi non potesse pagare il farmaco tornasse dal medico e chiedesse che venisse prescritto il generico, il medico, giustamente, si rifiuterebbe di farlo, sapendo i rischi che questo comporta. E il farmacista, in assenza di un’indicazione del medico, non cambia il prodotto indicato con un generico. Contorto, ma è la realtà. Quindi: l’epilessia è diventata una “condizione per ricchi”, non per chi è povero. Almeno in alcune Regioni.
Questa situazione non è nuova. Denunciata in settembre dall’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), dalla LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia) e dalla FIE (Federazione Italiana Epilessie), non si è ancora risolta. E interessa un gran numero di famiglie: si stima, infatti, che l’epòilessia colpisca circa mezzo milione di persone, nel nostro Paese, il 30% delle quali farmacoresistenti.
È sceso il livello di attenzione anche perché le case produttrici di due dei farmaci interessati, Topamax e Kappra, hanno unilateralmente abbassato il costo, portando le differenze a 7 e a 1 euro e mezzo. Poco, a prima vista, ma che diventa molto, quando si vive di sola pensione di invalidità o con una minima.
L’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha demandato alla Regioni (le ha anzi invitate a farlo) la possibilità di intervenire per azzerare la differenza a carico della persona con epilessia. Questo sarebbe ancora più semplice, ora che vi è stato un abbassamento del prezzo. Eppure, complici i problemi economici di tutti i Governi Regionali e l’instabilità politica di alcuni, questo non è accaduto, se non in rari casi.
Ecco perché continuare a parlarne e continuare a denunciare. La crisi non può diventare sempre un alibi per provvedimenti che vanno a colpire le fasce più deboli.
Il presente testo è già apparso (con il titolo “Epilessia: i farmaci indispensabili si pagano. Senza differenze”) in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it». Viene qui ripreso, con una serie di adattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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