Per fortuna ha vinto Obama. Lo dico subito. Ero molto preoccupato per la tendenza manifestata dai sondaggi e confermata dall’incertezza del voto americano. Non solo per simpatie politiche, per altro nel mio caso evidenti. Ma temevo l’onda lunga del pensiero sociale di Romney e dei suoi elettori repubblicani. Uno dei cavalli di battaglia è stato infatti l’attacco alla riforma sanitaria fortemente voluta da Barack Obama. Bene: Romney ha perso. Il welfare negli Stati Uniti – con tutti i limiti che pure presenta da sempre – resiste. È un messaggio che ci riguarda da vicino, e ci deve rincuorare nelle nostre convinzioni più profonde.
Obama ha citato anche le persone con disabilità (così le chiama anche lui…) nel suo discorso dopo la vittoria. Lo ha fatto nella frase più importante, quella che richiama il “sogno americano”, di un Paese nel quale «non importa chi sei, bianco o nero, ricco o povero, etero o gay, sano o disabile, sei benvenuto». Certo, c’è una bella dose di retorica, e di entusiasmo tipico del vincitore che parla al suo popolo in festa. Ma Obama poteva a buon diritto citare i Cittadini americani con disabilità. Perché li conosce da vicino, e se ne occupa davvero.
La foto qui a fianco pubblicata, ad esempio. Siamo a metà del suo mandato, nel luglio del 2010 e il Presidente sta firmando il rifinanziamento della storica Legge, approvata vent’anni prima, la “madre di tutta la legislazione” sul superamento delle discriminazioni e delle barriere, l’ADA, ovvero American with Disabilities Act.
E in questi quattro anni – com’è ampiamente documentato nel sito della Casa Bianca, l’Amministrazione Obama ha portato a termine molti provvedimenti legislativi importanti: la Legge Quadro per le persone colpite da Alzheimer, la Legge per interventi precoci a favore delle persone non udenti, la Legge che prende il nome dalla Fondazione Christopher e Dana Reeve, a favore delle persone con paralisi spinale. E sullo sfondo, quasi in vigore, una Legge per l’accessibilità digitale, che in qualche modo si collega idealmente proprio agli storici provvedimenti per il superamento delle barriere architettoniche.
I finanziamenti sono sempre nell’ordine di miliardi di dollari. E non è un caso se tutte le leggi americane riferite alla disabilità parlano sempre di rights: diritti.
Ma al di là di ogni considerazione critica – anche negli Stati Uniti la crisi batte forte, e le persone con disabilità prive di lavoro sono il 65% del totale – i 50 milioni di Cittadini disabili americani possono contare su benefìci economici (anche di tipo assicurativo), che intervengono a loro vantaggio grazie alla riforma del welfare e dell’accesso ai servizi della salute voluta da Obama, e che forse ha rischiato di fargli perdere le elezioni.
Curiosa (ma inquietante) analogia con l’Italia di questi anni: anche negli Stati Uniti sta circolando una campagna contro la crescita del numero dei beneficiari delle provvidenze economiche per la disabilità, con accuse di “false invalidità” e richiesta di tagliare i fondi relativi. Non a caso è una grande catena televisiva, la Fox News, a guidare questa cattiva informazione, non sorretta dai dati reali, che confermano la marginalità fisiologica di un fenomeno, acuito caso mai dalla crisi economica e dalle nuove povertà.
Oggi mi sento appena più tranquillo. Male che vada accolgo l’invito di Obama e lo raggiungo negli States. Dove le persone con disabilità si vedono, eccome. Ma preferirei continuare a vivere qui, nel mio Paese. Un Paese che forse, sulla rielezione di Obama, potrebbe fare qualche riflessione meno banale del tifo da stadio.