Ero pronto a scrivere, con la massima delicatezza possibile, di un tema complesso, anche dal punto di vista morale, come quello dell’opportunità o meno di arrivare fino all’arma dello sciopero della fame da parte di coloro – come le persone con sclerosi laterale amiotrofica – che già sono in condizione di grave rischio per la propria esistenza. E poi leggo, fra incredulità e raccapriccio, la notizia che la Commissione Bilancio della Camera (vorrei scriverne qui tutti i nomi, ma mi limito a indicare dove si possono leggere con tutta calma) ha approvato all’unanimità (sic!) un emendamento alla Legge di Stabilità (altro sic!) che impegna l’INPS (terzo sic!) a 450.000 (quattrocentocinquantamila) nuovi controlli ai cittadini con certificazione di invalidità civile, nei prossimi tre anni, per sgominare il fenomeno delle “false invalidità”. Questo è troppo anche per me. Voglio scendere. Voglio andarmene.
Che questo Parlamento non sia degno di governare il Paese lo si è capito da tempo, ma le vicende che seguo da vicino, ossia quelle legate alla sorte delle persone con disabilità e delle loro famiglie, sarebbero la “pistola fumante”, la prova evidente, la conferma anche per i più indulgenti.
Proviamo ad andare con ordine, partendo dallo sciopero della fame, ossia dalla “bolla mediatica” che ha maledettamente complicato la questione del rifinanziamento del Fondo per le Politiche Sociali e di quello per la Non Autosufficienza.
Un’altra Commissione della Camera, quella degli Affari Sociali, aveva cercato in qualche modo di rimettere ordine e soldi in un campo che era stato smantellato con scientifica e cinica protervia negli ultimi anni, svuotando tutti i fondi a disposizione, vanificando ogni possibile intervento coordinato attorno alle persone, attraverso i trasferimenti alle Regioni e ai Comuni.
Inutile dire adesso quali cifre alla fine saranno davvero disponibili e in che modo saranno finalizzate. Ogni giorno il balletto degli emendamenti cambia il quadro di riferimento. È ragionevole pensare che in qualche modo ci sarà di nuovo un Fondo per le Politiche Sociali e anche un Fondo per la Non Autosufficienza. Il primo dei due, però, riguarderà molte voci, mentre il secondo risulterà sicuramente insufficiente a rimettere in pista le leggi che pure ci sono.
In questo quadro sconfortante, ben si comprende l’angoscia delle famiglie, specie quelle in cui si manifestano le situazioni di maggiore gravità. Da qui nascono le iniziative dei Comitati – come quelle del Comitato 16 Novembre – sganciatisi dal movimento delle grandi associazioni nazionali e anzi, in molte situazioni, agendo in aperto dissenso con i metodi seguiti da FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità). Da qui parte il tam tam, attraverso la rete dei blog e dei social network, che porta alla diffusa scelta dello sciopero della fame.
Una patologia in particolare, la sclerosi laterale amiotrofica, conquista la scena mediatica, grazie al carisma di alcune persone e all’efficacia indubbia di un messaggio che in TV “spacca alla grande”. Una persona la cui testa funziona ancora benissimo, ma che si può esprimere solo con la sintesi vocale di un computer, ed è attaccata a un ventilatore polmonare, a letto o su una sedia a rotelle, smuoverebbe il cuore anche di un serial killer in pensione!
Il messaggio che è passato, dunque, anche grazie alla mobilitazione di grandi firme televisive e giornalistiche (ad esempio Roberto Saviano), è più o meno questo: tirate fuori i soldi per queste persone, non è possibile che non si trovino “poche centinaia di milioni di euro”. Fate finire questa tortura, non la possiamo tollerare. L’equivoco è servito ad ora di cena. L’opinione pubblica giustamente si commuove, prende parte.
Attenzione: è tutto vero. Stiamo parlando di situazioni effettivamente gravi, che richiedono un welfare competente e responsabile, nel territorio, con servizi domiciliari, aiuti economici, solidarietà attiva, rispetto dei diritti. Il fatto è che la situazione di gravità non riguarda poche decine, o centinaia, di persone “malate”. È la situazione nella quale vivono almeno 150.000 persone in Italia, all’interno della più vasta condizione di reale disabilità, magari meno impressionante e grave, che tocca qualche milione di cittadini (mi rifiuto di fare gli elenchi per patologia).
Non c’è niente da scoprire, non si dovrebbe arrivare alla commozione, alle lacrime dei Ministri (sempre gli stessi). Questo è un grande Paese civile, che ha saputo negli anni passati produrre leggi e sistemi organizzati di gestione dei servizi sociosanitari assolutamente in grado di affrontare, abbastanza bene (anche se si può fare sempre meglio) le situazioni come quelle note a tutti in queste convulse settimane. Adesso si è di fatto scatenata una misera e deplorevole guerra tra poveri e poverissimi. La gara è “a chi sta peggio”, perché in questa scala dell’orrore i gradini sono ripidi e infiniti. Un baratro che ci fa ripiombare indietro di trent’anni, rispolverando quel solidarismo compassionevole che speravamo sepolto e abbandonato ormai in modo definitivo, in favore di una politica ragionevole basata sull’individuazione corretta dei bisogni coniugata sulla base dei diritti essenziali di cittadinanza e di pari dignità.
Ecco perché – al pari di Associazioni come l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intelletticva e/o relazionale) – ero preoccupato per le implicazioni morali e pratiche di questa strada intrapresa con lo sciopero della fame. Ecco perché sono sempre stato d’accordo con il metodo seguito in silenzio dalla FISH, con il lavoro assiduo, ad esempio, di Pietro Barbieri e di Carlo Giacobini, che cerca di arginare le fesserie parlamentari attraverso una fitta e competente documentazione normativa, non limitandosi alla protesta pubblica (che pure c’è stata, e massiccia, il 31 ottobre scorso, durante la mobilitazione Cresce il welfare, cresce l’Italia), ma puntando a proporre soluzioni, a fornire analisi economiche, proiezioni di dati, simulazioni corrette dell’impatto di ogni norma sulla reale situazione del Paese e delle persone con disabilità. Solamente se rimaniamo uniti si vince (forse). La disunione, infatti, è disastrosa e soprattutto funzionale alla logica di un Parlamento ormai allo sbando, guidato da un Governo di “falsi tecnici” (altro che falsi invalidi…).
E allora torno ai 450.000 controlli in tre anni. Siamo arrivati alla STASI della Germania Est e di film come Le vite degli altri! È una follia senza senso. Come bene spiega Carlo Giacobini su queste stesse pagine: «Quindi: 800.000 controlli dal 2009 al 2012 (già effettuati) + 450.000 fra il 2013 e il 2015. Un milione e 250.000 persone controllate. Il che significa che bisogna definire un nuovo campione di persone sospette. Dunque, gli invalidi civili sono circa 2 milioni e 200.000, tutti potenzialmente falsi. Dalle “persone sospette”, in forza di una norma del 2007, vanno escluse le persone con patologie stabilizzate o ingravescenti. Logica vorrebbe che venissero esclusi anche quelli che sono già stati controllati in precedenza. E sarebbe altrettanto logico escludere dal controllo chi ha ottenuto il verbale dopo il 2007, cioè da quando le verifiche sono diventate una competenza del “rigorosissimo” INPS. Buon senso, infine, vorrebbe che venissero espunti dai “sospetti” anche gli ultraottentenni, generalmente affetti da gravi malattie degenerative, tanto evidenti quanto incontestabili. E gli ultraottantenni rappresentano da soli il 50% dell’universo. Rimane quindi il dubbio inquietante di come l’INPS costruirà il nuovo campione di 450.000 persone, senza violare la legge (ma questo non è mai sembrato rappresentare una remora per l’Istituto), e soprattutto per risultare efficace e rigoroso, agli occhi dei suoi “mandanti politici”».
E Giacobini dà una risposta a questo dubbio, che io condivido in pieno: si farà in modo di spacciare una sistematica riduzione dei benefìci spettanti agli invalidi veri (attraverso ad esempio la riduzione d’ufficio della percentuale d’invalidità in precedenza correttamente riconosciuta), come se fosse una vera campagna contro le “false invalidità”. Il tutto con la conseguenza rovinosa di ricorsi (persi), e di costi per commissioni mediche altissimi, e quindi con un risparmio ridicolo per il bilancio dello Stato, come già è ampiamente documentato per quanto riguarda i controlli sin qui effettuati.
Dovrebbero vergognarsi, e andarsene al più presto. Spegnendo la luce per risparmiare. Cinici e tecnicamente ignoranti. E colpevoli i giornalisti che gli vanno dietro come pecore. Troppi e altrettanto ignoranti!