Verrà presentato sabato 24 novembre a Roma (Istituto Nazionale per Sordi, Via Nomentana, 56, ore 10), dalla Sezione capitolina dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), il progetto denominato La chiave in tasca, durante un incontro presentato e concluso da Giampaolo Celani, presidente dell’Associazione, al quale interverranno Daniela Michelangeli e Carlo Rampioni, delegati dal Consiglio di Amministrazione per le Relazioni Istituzionali, mentre sulla “Chiave Bancomed”, che sarà al centro dell’incontro, si soffermerà un esponente della Società I&T Group-Innovazione e Tecnologie, seguito da alcune esperienze pilota sull’uso della chiave stessa.
Ma di che cosa si tratta esattamente? Cediamo la parola direttamente a Giampaolo Celani, che per spiegarlo, parte dalla citazione di una nota canzone di Giorgio Gaber.
Nel corso dei primi mesi del 2012, la Sezione di Roma dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) ha voluto indire, per la prima volta, i suoi Stati Generali, ispirati dalle parole di una nota canzone di Giorgio Gaber («Vivere, non riesco a vivere, ma la mente mi autorizza a credere che una storia mia, positiva o no, è qualcosa che sta dentro la realtà… Liberi, sentirsi liberi, forse per un attimo è possibile, ma che senso ha, se è cosciente in me la misura della mia inutilità… vanno, anche le cose vanno, vanno, migliorano piano piano…, e vedo bambini cantare, in fila li portano al mare, non sanno se ridere o piangere, batton le mani… far finta di essere sani…»).
In particolare è emerso che le persone adulte e anziane con sindrome di Down trovano particolare difficoltà nei controlli di salute individualizzati, previsti dalle linee guida internazionali. I problemi, infatti, iniziano quando i servizi pediatrici – che tendono a procrastinare l’assistenza ben oltre l’età pediatrica – devono essere sostituiti da quelli per adulti.
Il numero delle persone che hanno risposto al questionario per la pubblicazione del volume del Comune di Roma La qualità di vita delle persone con sindrome di Down a Roma, con età inferiore ai 30 anni, è simile al numero delle persone conosciute in AIPD. Invece, il numero delle persone con età superiore ai 30 è risultato doppio rispetto a quello delle persone in AIPD.
Questo risultato – che quantifica una situazione nota, ma mai documentata – ha permesso di descrivere condizioni di vita di persone adulte e anziane poco conosciute. Per focalizzare l’attenzione alle condizioni sanitarie, possiamo dire che se nell’età pediatrica il 100% riceve controlli di salute, dopo i 30 anni solo il 50% li riceve. La coesistenza di tre o più condizioni patologiche nella stessa persona – considerata un indice di fragilità – aumenta invece con l’età, come è comune per tutti, ma con una frequenza molto più elevata e molto più precoce nelle persone con sindrome di Down. Di conseguenza, dobbiamo considerare l’assistenza sanitaria come una priorità per la difesa dei diritti primari di queste persone.
Nel corso della vita di chiunque, ma specificamente di una persona con sindrome di Down, tanta documentazione si raccoglie in merito ai controlli di salute. Si è perciò ritenuto importante e utile che quel materiale informativo personale raccolto debba essere reso disponibile al titolare dei dati e ai propri familiari, riversato in uno strumento informatico (chiave USB), in modo che si possano avere tutte le informazioni ritenute importanti per una presentazione completa, dal punto di vista sanitario.
Anche questo strumento potrà contribuire a mantenere l’autonomia raggiunta dalla persona con sindrome di Down adulta: grazie ad esso, infatti, potrà rivolgersi alla struttura sanitaria e presentarsi senza avere la necessità di essere dotato di particolari doti comunicative. Le carte parlano. La famiglia, a sua volta, avrà modo di non doversi trascinare fascicoli di documenti tenuti insieme a fatica, dal momento che con la piccola chiavetta – anche non intendendosi di informatica – potrà consegnare allo specialista tutta la documentazione comprovante la situazione sanitaria del proprio congiunto. Il medico, infine – anche quello che si trova in un’altra località – potrà avere a disposizione quelle carte che serviranno direttamente a dare gli elementi che rappresentano la realtà di quello specifico paziente.
Insomma, concludendo ancora con le parole di Gaber, «…ma la mente mi autorizza a credere, che una storia mia, positiva o no, è qualcosa che sta dentro la realtà…».
Presidente della Sezione di Roma dell’AIPD.
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