Cinque anni fa, grazie a Facebook, rintracciai un mio caro amico di collegio che credevo vivesse a San Severo (Foggia), mentre invece viveva e lavorava in Molise, a Termoli (Campobasso), insieme alla sorella che si prendeva cura di lui. Domenico, questo il suo nome, iniziò a parlarmi – fino quasi ad “asfissiarmi” – di Vita Indipendente. Non vi dico, infatti, quante riflessioni mi portò a fare e quante e-mail mi mandò, che facevano riferimento appunto alla Vita Indipendente e ai suoi “leader nazionali”, dei quali ne cito solo uno, perché fu proprio lui a farmi capire l’importanza di quel concetto per una persona con grave disabilità.
Questo grande amico si chiamava Roby Margutti del Friuli Venezia Giulia, una persona straordinaria, che mi ha insegnato con grande umiltà a partecipare e a diffondere anche in Italia la cultura dell’autogestione della propria vita. Proprio da lì mi convinsi che era giusto fare qualcosa anche nella mia Regione e iniziai a lavorare per questo.
La fortuna volle che incontrassi sulla mia strada numerose persone disposte ad aiutarmi, la prima delle quali fu Cinzia Di Sebastiano, una donna meravigliosa, allora presidente dell’AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici) di Lanciano (Chieti). Con il suo appoggio, organizzammo a Lanciano, il 5 maggio 2007, il primo convegno sulla Vita Indipendente in Abruzzo. Tutto andò per il verso giusto e intervennero alcuni leader di questo movimento, come Dino Barlaam, attuale responsabile nazionale, Elisabetta Gasparini dal Veneto e altri ancora.
Per la prima volta feci un discorso pubblico, con tanta paura, ma poi pian piano il timore passò, come se qualcuno mi stesse alle spalle e mi suggerisse come comportarmi.
Molte volte avrei voluto abbandonare tutto, perché un concetto così semplice non veniva compreso: troppi gli interessi ruotanti attorno allo disabilità ed ero convinto che da solo non ce l’avrei mai fatta. Ecco quindi che proprio Barlaam mi disse: «Nicolì, da solo nun ce la poi fà, te devi trovà altre associazioni, devi cerca’ aiuto». Ascoltai il suo appello in romanesco e mi misi in contatto con la UILDM di Pescara (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), ove incontrai Camillo Gelsumini, una persona eccezionale, e insieme a lui conobbi poi anche Claudio Ferrante, altro “ribelle” che lottava contro le barriere architettoniche, ma che come Camillo non sapeva nulla di Vita Indipendente.
Formammo così un bel terzetto, che potrei definire “i tre moschettieri incazzati e zoppi abruzzesi”! Da quell’incontro, circa tre anni fa, si arrivò a un convegno, a Montesilvano (Pescara), durante il quale ponemmo le basi per far partire la nostra richiesta di avere in Abruzzo una legge che desse autonomia alle persone disabili.
La strada per arrivare a ottenere quel risultato è stata piena di attese, di rinunce e di incontri a vuoto. Abbiamo incontrato praticamente tutti i politici della nostra Regione, ma prima lo scandalo della sanità, poi il terremoto, nessuno ci prestava attenzione. Che fare allora?
Il mio istinto ribelle andò su tutte le furie, quando la Regione approvò una legge sulla dislessia, ed è lì che scrissi una lettera, denunciando un certo menefreghismo nei confronti dei nostri problemi, tirando così in ballo il Consigliere che quella legge aveva portato avanti. La mia lettera fu pubblicata da un giornale online abruzzese – molto seguito dai nostri politici -, tanto che dopo soli quindici minuti mi telefonò la segretaria del Consigliere che avevo coinvolto in quel mio atteggiamento di sfiducia verso le Istituzioni regionali.
Dopo una discussione molto animata, la segretaria mi fissò un appuntamento con quel Consigliere – Nicoletta Verì – che era anche presidente della Quinta Commissione Consiliare per gli Affari Sociali e la Tutela della Salute. Andai dunque a Pescara, insieme all’ormai inseparabile Camillo, e la giornata incominciò davvero alla grande… Il montascale della Regione, infatti, era rotto e l’incontro lo dovemmo fare in un bar nei pressi del Palazzo Regionale. Dopodiché, esposto il nostro problema, che era appunto quello di dotare la Regione di una Legge sulla Vita Indipendente, Nicoletta Verì ci promise che si sarebbe presa l’incarico di portare avanti lei il nostro Disegno di Legge.
A quel punto non sapevo se essere felice o no… Perche? Perché la nostra legge ha come principio quello di far vivere le persone con disabilità nella propria casa, e la dottoressa Verì, prima di entrare in politica, era stata dirigente di un noto istituto, dove soggiornavano proprio le persone con disabilità… Come poteva – pensavo quindi – una persona proveniente da un istituto, sostenere una legge che come principio vuole portare fuori dall’istituto le persone con disabilità? E invece pensavo proprio male, dal momento che non andò assolutamente così. La dottoressa Verì, infatti, iniziò a lavorare con noi giorno dopo giorno e pian piano la nostra proposta di legge venne sviscerata, aggiustata, tanto che, grazie ai suoi consigli, essa passò indenne per le varie Commissioni e sempre con votazione unanime!
Ed eccoci al 13 novembre 2012, il giorno in cui la Legge arriva al Consiglio Regionale. Non mi sembrava vero. Ancora adesso mi sveglio la notte, chiedendomi: «Ma è passata sul serio?». Ebbene sì, la Legge è passata indenne anche questa volta, con votazione unanime!
Che dire? Che i nostri politici di ogni ordine e grado hanno dimostrato realmente uno spiccato senso civico, un dovere, un obbligo, come mai si era visto prima. Alla discussione hanno partecipato vari Consiglieri, senza che mai s’intravvedesse alcuna finzione nelle loro parole, talora quasi commosse. Una menzione particolare va riservata per altro alla consigliera Marinella Sclocco, che ci ha affiancato durante tutto il percorso.
Sì, quel giorno mi sono sentito fiero di essere abruzzese; infatti, nonostante tutti i problemi che abbiamo avuto, siamo riusciti ad ottenere una legge che potrebbe sembrare anche impopolare, ma che non lo è affatto. Si tratta di una legge che porterà alle persone con disabilità un’assistenza migliore, alla Regione maggiori risparmi e anche una maggiore occupazione, dal momento che, per ogni disabile che otterrà un progetto di Vita Indipendente, ci sarà come minimo una persona che otterrà un lavoro certo, sicuro e ben retribuito.
Il successo di questo percorso, per altro, passa necessariamente anche da un’altra carissima amica che ho avuto il piacere di incontrare sulla mia strada: si chiama Rosella Travaglini, altra donna instancabile, una delle poche che, dirigendo un Ambito Sociale (l’EAS n. 20 Medio e Alto Sangro), ha creduto da subito alla Vita Indipendente, tanto da essere stata l’unica ad attivare nel territorio di propria competenza vari progetti, grazie anche all’intelligenza e alla complicità dei Sindaci della zona. In tal senso, è stato proprio con il progetto sperimentale assegnato a Severino Mingroni che abbiamo potuto dimostrare con fatti concreti ai nostri politici la validità di questa strategia.
Dopo l’approvazione della Legge, l’amica Nicoletta Verì ci ha convocato il 16 novembre a Pescara, nel Palazzo della Regione di Viale Bovio, per una conferenza stampa. Ci siamo quindi ritrovati in una stessa stanza tutti i maggiori esponenti del Movimento per la Vita Indipendente in Abruzzo.
Una piccola delusione ce l’hanno data le televisioni, che hanno decisamente snobbato la conferenza stampa, ma si sa: la disabilità non fa notizia e a pochi importa, se non la si vive! E comunque è stato bello ritrovarci tutti assieme, mettendo da parte anche le inevitabili incomprensioni che comportano le scelte sul da farsi.
Dopo l’intervento di Verì e del consigliere Ricardo Chiavaroli, che hanno ribadito il loro impegno affinché la Legge sia finanziata sin dal prossimo Bilancio per il 2013, ci è stata concessa la parola, a noi, artefici di tutto ciò. E a fine conferenza, mi è capitata la cosa più bella che mi potesse accadere: si è avvicinato, infatti, un gruppo di mamme, per ringraziarci di quello che avevamo fatto, dando voce anche ai loro figli che non ce l’hanno.
Ebbene, sono state queste poche parole a farmi sentire utile alla società, come tante altre volte mi era capitato, ma questa volta mi sono veramente commosso, perché proprio quello era stato il mio continuo pensiero: dare voce a chi non ce l’ha!… o perché, ingiustamente, gli è stata tolta.