Duro colpo al non profit e ancora scarsa chiarezza

Oltre a provocare una grande confusione, il regolamento recentemente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sul pagamento dell’IMU da parte delle organizzazioni non profit, «penalizzerà fortemente - secondo il Forum Nazionale del Terzo Settore - quelle organizzazioni che svolgono in Italia attività a grande ricaduta sociale, caricandosi di responsabilità pubbliche»
Andrea Olivero
Andrea Olivero, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore

Dopo la pubblicazione, in Gazzetta Ufficiale, il 23 novembre scorso, del regolamento che disciplina il pagamento dell’IMU da parte delle organizzazioni non profit e che stabilisce quali enti non pagheranno l’imposta – dal 1° gennaio 2013 – in virtù della loro natura non commerciale, quali la pagheranno perché esercitano attività commerciale, e come verrà applicata per le unità immobiliari con utilizzazione mista (sia attività commerciali che non), il Forum Nazionale del Terzo Settore – organizzazione di cui fa parte anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – che già in precedenza aveva chiesto una normativa chiara e non penalizzante per il non profit, ribadisce ora trattarsi di una problematica complessa,con conseguenze importanti per tutto il non profit italiano, che non può dunque essere “semplicemente” liquidata come una polemica tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica.
«Il nodo cruciale – dichiara infatti Andrea Olivero, portavoce del Forum – è proprio uscire da questa controversia e considerare che le norme sul pagamento dell’IMU interessano l’intero e variegato mondo del non profit, vale a dire oltre 235.000 organizzazioni, tra le quali anche quelle di matrice cattolica. Un mondo che occupa, in Italia, circa 750.000 persone in forma retribuita e che impiega oltre 3 milioni di volontari, che contribuisce al 5% del Prodotto Interno Lordo e che fornisce servizi fondamentali ai Cittadini, dalle mense ai dormitori, dall’assistenza ai disabili alla cura degli anziani, dalla protezione civile alla difesa del patrimonio culturale, con pochissimi sostegni e incentivi».

Il regolamento diffuso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze stabilisce dunque – per gli enti non profit – l’esenzione dal pagamento dell’IMU solo per le attività non commerciali, definendo i requisiti che un’organizzazione deve possedere per essere definita tale: il divieto di distribuire utili, l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili per scopi di solidarietà sociale e infine l’obbligo, in caso di scioglimento, che i fondi residui vengano devoluti a un altro ente non commerciale.
Secondo l’analisi prodotta dal Forum del Terzo Settore, tuttavia, il problema arriva quando si legge l’articolo 4 del regolamento, che definisce ulteriori condizioni legate alla non commerciabilità, distinte per settore di attività dell’ente: assistenziali e sanitarie, didattiche, ricettive, culturali e ricreative oppure sportive. In questi casi, se l’ente è accreditato o convenzionato, le attività devono essere gratuite o possono essere richiesti «eventuali importi di partecipazione alla spesa»; se invece l’ente non è accreditato né convenzionato, le attività devono essere gratuite o può essere chiesto un versamento di corrispettivi di «importo simbolico» e, comunque, «non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio».
«Ecco quindi il problema – secondo Olivero – ovvero che ai criteri definiti, si aggiungono termini quali «retta simbolica» o importo «non superiore alla metà dei prezzi medi di mercato», senza che essi vengano definiti. Viene chiesto in sostanza di far riferimento a un prezzo di mercato che però non deve essere costruito secondo le logiche del mercato. Una norma, quindi, che crea molta confusione e lascia aperti ampi margini di interpretazione».
«Inoltre – aggiunge il portavoce del Forum -, è del tutto improprio invocare il divieto di concorrenza, in quanto le organizzazioni sociali si caricano di responsabilità pubbliche, cosa che i singoli privati non fanno. Pertanto i benefìci di cui eventualmente godono sono ampiamente compensati dai maggiori oneri nei confronti dei Cittadini che le organizzazioni si assumono. Le organizzazioni non profit svolgono infatti un’attività che ha un vantaggio sociale il quale compensa ampiamente il beneficio che viene dato da queste norme».

«Ricordiamo infine – conclude Olivero – che fino al 2011 gli enti non commerciali in possesso di immobili “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”, erano esonerati dall’obbligo di presentare la dichiarazione ICI e quindi esenti dal pagamento di tale imposta. Un regolamento come questo, oltre a ingenerare una grandissima confusione, di certo non aiuta quanti, in Italia, svolgono attività a grande ricaduta sociale, anzi andrà a penalizzarli fortemente». (A.M.)

Per ulteriori informazioni: stampa@forumterzosettore.it.

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