Ad avviso di chi scrive, nel corso dell’anno che volge al termine due eventi hanno segnato profondamente il mondo delle persone con disabilità: la manifestazione di protesta e di proposta del Comitato 16 Novembre (Associazione Malati SLA e Malattie Altamente Invalidanti) e la richiesta del riconoscimento giuridico (come avviene nel resto d’Europa) della figura del caregiver familiare.
Si tratta, per altro, di due eventi fortemente legati tra di loro dall’attenzione verso coloro che venivano definite “persone con disabilità gravissima” e che ora – in ossequio alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – si chiamano “persone che necessitano di supporti assistenziali di particolare intensità” o anche “persone gravemente non autosufficienti” in relazione al rifinanziando fondo che si occupa di loro.
Il Comitato ha proposto una lista di condizioni esistenziali, particolarmente accurata e ben redatta scientificamente, per delimitare l’àmbito delle persone con grave non autosufficienza in dipendenza vitale da assistenza continua 24 ore su 24 e per poter quindi procedere alla loro “conta” e determinare l’ammontare delle provvidenze loro destinate, nel quadro appunto del Fondo per la Non Autosufficienza.
L’azione invece di riconoscimento dello status giuridico di caregiver familiare (colui/colei che presta il lavoro di cura in famiglia) si svilupperà come una sorta di class action contro lo Stato, che a tal fine verrà citato in giudizio dai ricorrenti, già circa un migliaio in tutta Italia. Due illustri avvocati condurranno l’azione legale che appare fortemente innovativa e ben motivata tecnicamente (tutte le informazioni più approfondite si trovano nel blog «La Cura Invisibile»).
Per comprendere pienamente l’importanza del ruolo sociale svolto dal caregiver familiare – nella maggioranza dei casi una donna – basti ricordare alcuni dati che lo riguardano:
– presta mediamente da 10 a 14 ore di lavoro assistenziale al giorno;
– attualmente non ha alcuna forma di retribuzione, di possibile pensione e di copertura assicurativa contro gli infortuni;
– svolge la stragrande maggioranza del lavoro assistenziale in Italia;
– ha un’aspettativa di vita da 9 a 14 anni inferiore alla media (secondo uno studio effettuato da un Premio Nobel!), per via dell’usura esistenziale, dello stress e delle malattie “professionali” spesso neppure curate.
I caregiver familiari e le persone con disabilità che necessitano di supporti assistenziali particolarmente intensi con tutti i membri delle loro famiglia attendono quindi un provvedimento di giustizia e umanità, possibilmente loro “vita natural durante”.