Chi mi conosce sa che raramente parlo nei miei articoli della mia vita privata. Lo faccio non tanto per un senso di pudore, ma per rispetto di chi legge. Mi chiedo sempre, infatti, cosa possa interessare dei fatti miei a chi decide di soffermarsi su un mio scritto. Questa volta, però, è diverso. Questa volta riguarda migliaia di persone e allora mi sono detto: proviamo a fare da testimone diretto.
Lo scorso settembre, dopo anni di convivenza in attesa di una legge sulle coppie di fatto che non è mai arrivata, con la mia compagna abbiamo deciso di sposarci. Lo abbiamo fatto non perché crediamo nel matrimonio come istituzione di per sé, ma per garantirci l’un l’altra quei pochi diritti che la Costituzione prevede ancora.
Siamo entrambi laureati. Io disabile in situazione di gravità mi sono “inventato” un lavoro, fondando una cooperativa di tipo B, in cui sono impiegate attualmente sette persone. Tre di queste con disabilità. Proprio per le mie condizioni fisiche, il mio è un contratto part-time, di venti ore settimanali. Il mio stipendio medio è di circa 750 euro al mese, più o meno la stessa cifra che ricevo dallo Stato attraverso la pensione d’invalidità e l’assegno di accompagnamento. Lei ha un impiego, a 50 chilometri di distanza dalla nostra abitazione, con uno stipendio medio-basso.
Da sette anni ho attivo un Progetto di Vita Indipendente finanziato dalla Regione Toscana. La cifra che ricevo, però, non è sufficiente a garantirmi tutte le ore di assistenza di cui ho bisogno e così devo integrare, aggiungendo di tasca mia la cifra media di 700 euro mensili. La casa dove viviamo è nostra. Lasciatami da uno zio. Non si può certo dire che viviamo nel lusso, ma non ci manca niente, anche se la crisi si fa sentire.
Ho appreso con stupore la notizia della “famigerata” Circolare n. 149 dell’INPS, con la quale – com’è ormai noto – si è deciso di legare l’erogazione della pensione di invalidità civile al reddito cumulato dei due coniugi. In pratica, quello che fino a qualche giorno fa valeva per una persona adesso vale per due. In barba a qualsiasi logica contabile.
Confesso che all’inizio ho pensato a un refuso, magari dovuto ai postumi dei festeggiamenti di fine anno da parte di qualche impiegato dell’INPS. Ho atteso per alcune ore la rettifica. Niente. Ho aspettato allora un articolo, un servizio, un’agenzia da qualche giornalista. Del resto, mi sono detto, si tratta dell’ennesimo balzello (e che balzello) ai danni del Cittadino. Poi mi sono ricordato di tutti gli articoli e servizi fatti in questi anni in merito ai cosiddetti “falsi invalidi”. Senza contare il particolare momento politico in cui ci troviamo. Nel bel mezzo di una campagna elettorale più caotica che mai, dove gli schieramenti non sono ancora ben decisi e non si sa bene chi sarà il “padrone” nei prossimi anni, quindi meglio andarci cauti. E poi, diciamocelo, stiamo parlando di una materia piuttosto complessa, difficile da spiegare ai lettori/spettatori, mica si può pretendere troppo.
Ho confidato nella classe politica. Siamo o non siamo in campagna elettorale? Insomma, mi sembrava un bell’argomento su cui dissertare. Probabilmente il centrosinistra dovrà indire una consultazione della base per decidere quale posizione prendere. Il centrodestra, invece, dovrà decidere ancora se esiste o meno, e anche in questo caso l’incertezza del prossimo “padrone” regna sovrana. Sicuramente però – ho pensato – il centro avrà da dire qualcosa. In fin dei conti viene intaccata per l’ennesima volta la “sacralità” della famiglia, di fatto si fa una discriminazione tra disabili. Da una parte gli sposati e dall’altra i single. In effetti, però, visto che il leader dello schieramento coincide con quello dell’attuale Governo, responsabile fino a prova contraria del provvedimento, è un po’ da illusi aspettarsi una levata di scudi da questa parte.
Insomma, di sicuro i movimenti e i partiti che fanno dell’antipolitica il loro pane quotidiano avranno da dire qualcosa. Una roba del genere è un assist su un piatto d’argento. Un parlamentare guadagna 16.000 euro (il nuovo limite di reddito annuale cumulato, posto per avere diritto alla pensione d’invalidità) in un mese e mezzo; e con quello che guadagna in un anno il presidente dell’INPS [Antonio Mastrapasqua, N.d.R.], si pagherebbero circa cinquecento pensioni. Cose da dire ce ne sarebbero. Eppure anche da questa parte silenzio completo.
Quello che colpisce è anche il modo in cui il provvedimento è stato preso. Non con un atto parlamentare, ma con una circolare basata su una Sentenza della Corte di Cassazione, per altro molto dubbia. Come se con il passaggio al nuovo anno il nostro Paese fosse passato a un regime di common law [modello di ordinamento giuridico, di matrice anglosassone, basato per lo più sui precedenti giurisprudenziali, N.d.R.], senza che nessuno ci abbia avvertito.
Ma lasciando le questioni tecniche a gente più esperta di chi scrive, rimane l’amarezza soprattutto per il modo “carbonaro” con cui la cosa è stata fatta passare. Dateci qualcuno – non dico che ci metta la faccia, perché capisco che ci voglia coraggio ad andare in giro ed essere riconosciuti dopo una cosa del genere – ma almeno un nome o uno pseudonimo contro cui inveire.