A Londra c’era proprio il “Mondo”!

Esordiente alle Paralimpiadi, il giovane nuotatore veneto Francesco Bettella ha ottenuto ottimi piazzamenti alla manifestazione londinese, restando soprattutto “stregato” dal clima vissuto in quelle giornate. E lancia un invito a tutti i ragazzi con disabilità a “buttarsi” e a provare a praticare lo sport, ottima via per aprirsi al mondo, fare esperienze nuove, socializzare e crescere

Francesco Bettella alle Paralimpiadi di Londra 2012

Una bella immagine di Francesco Bettella in vasca, prima di una gara delle Paralimpiadi di Londra 2012

Alle recenti Paralimpiadi di Londra 2012, il ventitreenne studente universitario di Ingegneria Meccanica Francesco Bettella ha rappresentato con determinazione l’Italia e anche la UILDM, di cui è socio presso la Sezione di Padova e dove viene seguito per le sessioni settimanali di fisioterapia. Francesco, infatti, ha una polineuropatia assonale (una forma di malattia di Charcot-Marie-Tooth) e da circa otto anni usa la carrozzina.
Per farsi trovare pronto all’appuntamento con Londra 2012, si è preparato con impegno e spirito di sacrificio, arrivando ad allenarsi in vasca anche due volte al giorno, per sette giorni alla settimana, alternando prove di resistenza, velocità e partenza dai blocchi. Esordiente in ambito olimpico, Bettella è arrivato a medaglia ai Mondiali del 2010 e agli Europei del 2011, nei 200 stile libero, suo “cavallo di battaglia”, specialità nella quale detiene il record italiano sulle distanze dei 50, 100 e 200 metri, oltre che sui 50 metri dorso. Anche per lo stile libero Francesco nuota a dorso, scivolando sull’acqua con grinta, spinto dalla bracciata doppia e dalle gambe incrociate. Una tecnica ideata da lui stesso, mentre studiava la Meccanica dei fluidi.

Com’è andata a Londra, Francesco?
«Molto bene. Prima di partire non sapevo cosa aspettarmi. Tutti quelli che avevano già vissuto la Paralimpiade avevano provato a spiegarmi che si trattava di un’esperienza diversa da altre occasioni internazionali, come i Mondiali o gli Europei, a cui avevo già partecipato. Però non potevo capire fino in fondo di cosa parlassero. Già dal primo giorno a Londra, però, ho cominciato a sentire – più che a capire – cosa significhi partecipare alle Olimpiadi. Fin da subito mi sono reso conto che regnava un clima diverso, unico, e girando per il Villaggio Olimpico, andando in mensa tutti insieme, si aveva l’assoluta percezione che ci fosse “il Mondo”: c’erano persone, atleti, le Nazionali di tanti Paesi che rappresentavano quasi tutte le culture.
L’emozione più forte l’ho provata il 29 agosto, all’ingresso dello stadio, la sera della cerimonia di apertura: l’impianto era pieno e c’erano circa 80.000 persone che trasmettevano sensazioni molto intense.
Per quanto poi riguarda le gare al London Aquatics Centre, le ho vissute piuttosto serenamente. Prima di partire temevo che non sarei riuscito a vivere questa esperienza nel migliore dei modi, a causa della pressione e delle aspettative, mie e di chi mi circonda, e invece sono riuscito a mantenermi abbastanza tranquillo. Inoltre, la gara di punta che dovevo disputare, i 200 metri stile libero, è stata la prima, quindi, poi, mi sono ancor più rasserenato».

Soddisfatto dei risultati ottenuti e dell’esperienza vissuta?
«Nei 200 stile libero sono arrivato quinto, ma con un ottimo tempo, migliorando il mio primato personale. È stata quindi un’ottima gara, oltre le previsioni. Sapevo che a lottare per le medaglie eravamo in cinque e che dovevo fare una gara perfetta, sperando nell’errore di qualcuno; invece il tifo e l’entusiasmo dagli spalti hanno dato uno stimolo in più e in vasca tutti abbiamo dato il massimo. Un pensiero alla medaglia lo avevo fatto, ma sono soddisfatto lo stesso.
Nelle altre gare i tempi sono stati buoni e mi sono classificato settimo, nono e undicesimo. Se dovessi fare un bilancio, sarebbe molto positivo perché, oltre ai tempi realizzati, ho sentito e vissuto appieno il vero spirito olimpico: un’esperienza unica che mi ha arricchito molto, non paragonabile a nessun’altra vissuta finora. Non potrò mai dimenticare l’eccezionale partecipazione e il calore del pubblico presente ogni giorno all’Aquatics Centre. In città ho addirittura firmato i primi autografi!».

Come saranno i prossimi mesi? Ancora dedicati al nuoto o con un rallentamento, per laurearti?
«In questo senso è sorto un problema. Avrei dovuto ridurre il tempo e le energie dedicati al nuoto, per concludere il mio ciclo di studi entro il 2013. Invece, prima di partire per Londra, il Comitato Internazionale ha modificato i calendari delle gare e ha programmato per quest’anno in Canada, i Mondiali in vasca lunga, che avrebbero dovuto svolgersi nel 2014. A questo punto ho deciso di continuare a mantenere un livello di allenamento intenso, perché ci tengo a presentarmi ai Mondiali e confermare o migliorare i risultati del 2010. E ho deciso che la laurea dovrà “incastrarsi” letteralmente con questo impegno: in luglio, se i Mondiali saranno a fine agosto, in settembre se saranno all’inizio di agosto!».

Sei rientrato da Londra con tante energie e molto determinato!
«Sì, è vero, e anche felice per la visibilità e l’attenzione che il nostro movimento ha ricevuto al rientro in Italia. Spero che non si tratti di una cosa passeggera, ma di una presa di coscienza che duri nel tempo, una trasformazione culturale caratterizzata dall’abbattimento delle barriere. Sento, infatti, che vengo sempre più guardato come uno sportivo, prima che come un ragazzo con disabilità che pratica sport, e questo è molto positivo. Spero anche che un po’ alla volta possa esserci un’integrazione tra la Federazione Italiana Nuoto e la Federazione Italiana Nuoto Paralimpico. Ad oggi non abbiamo mai fatto raduni collegiali insieme, mentre io auspico che le due Federazioni possano collaborare sempre più strettamente, fino a diventare un organismo unico, come accade già in molti Paesi. Arrivando, alla fine del percorso, a unire anche CONI e CIP in un unico Comitato, e quindi a un’unica Olimpiade, dando un grande esempio di integrazione e civiltà.
Vorrei approfittare, infine, per lanciare un invito a tutti i ragazzi con disabilità a “buttarsi” e a provare a praticare sport, andando alla scoperta delle Federazioni Sportive per disabili che molti non sanno nemmeno che esistono, perché posso testimoniare che lo sport è un’ottima via per aprirsi al mondo, fare esperienze nuove, socializzare, crescere. Per me è stato fondamentale per abbandonare la timidezza, l’introversione e diventare quello che sono oggi. Mi ha permesso di viaggiare, stringere rapporti di amicizia importanti, forti, di divertirmi, mi ha stimolato a diventare responsabile e a capire quello che voglio. In una parola, a maturare».

La presente intervista è stata pubblicata (titolo: “A Londra c’era il “Mondo”) da «DM» (n. 178), periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolari) e viene qui ripresa, per gentile concessione, con lievi riadattamenti al contesto.

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