Ritirare quel provvedimento gravemente iniquo

A chiederlo con una lettera inviata al direttore generale dell’INPS Mauro Nori, è questa volta la CGIL, per tramite della dirigente Nina Daita. Il riferimento è naturalmente alla contestatissima Circolare prodotta dall’Istituto a fine 2012, con la quale si è deciso di prendere in considerazione anche il reddito del coniuge, nel fissare il limite per le pensioni di invalidità
Mauro Nori
Il direttore generale dell’INPS Mauro Nori

Dopo la CISL, anche la CGIL, altra grande confederazione sindacale, prende duramente posizione contro quella parte della Circolare n. 149, prodotta dall’INPS il 28 dicembre, con la quale l’Istituto ha stabilito di prendere in considerazione, quale criterio per l’assegnazione della pensione alle persone con invalidità civile al 100%, anche il reddito del coniuge, indipendentemente dal numero di figli. In caso quindi di un reddito lordo annuo superiore a 16.127,30 euro, si perderà il diritto alla pensione (275,87 euro al mese).
In tal senso, a scrivere direttamente al direttore generale dell’INPS Mauro Nori, chiedendo di revocare il provvedimento, è stata Nina Daita, responsabile dell’Ufficio Politiche della Disabilità della CGIL Nazionale.

Si tratta infatti di una decisione, secondo Daita, «che produrrà gravissime iniquità, di un atto amministrativo che non si basa su alcun dettato normativo, ma su una Sentenza della Corte di Cassazione del 2011, che determinerà la perdita del diritto alla pensione, pari a 275,87 euro al mese, agli invalidi totali titolari che, assieme al coniuge, hanno un reddito lordo annuo superiore a 16.127,30 euro».
«C’è poi il rischio – ha aggiunto Daita nella lettera al Direttore Generale dell’INPS – che si aprano diverse controversie e contraddizioni. In primis è da segnalare una disparità di trattamento tra gli invalidi totali e gli invalidi parziali, per i quali varrebbe ancora il reddito personale, e di fatto verrebbero penalizzati i più bisognosi (anticostituzionale?). Inoltre, è importante considerare che la giurisprudenza mette a disposizione molte altre Sentenze, che contraddicono quella presa in considerazione dall’INPS stessa». «Infine – ha concluso la dirigente sindacale – tutto questo produrrebbe fortissime ineguaglianza tra persone con disabilità, e naturalmente si aprirebbe la strada a numerosissimi contenziosi legali, dannosi sia per il Cittadino che per lo stesso Istituto. Ed è inutile sottolineare quanto queste novità stiano alimentando ansia e disagio nella categoria degli invalidi civili». (S.B.)

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