Stava camminando per strada. Lo hanno accoltellato. Senza un motivo apparente. E invece un motivo c’era: stava parlando con un suo amico e, entrambi sordi, lo faceva con la Lingua dei Segni, scambiata per i segnali di una gang. Così Robert Jarell Neal, 22 anni, ha preso un coltello e ha colpito Terrance Ervin Daniels, 45 anni, a Burlington, North Carolina, Stati Uniti.
Ne scrive il «Time» e non è la prima volta che accade. Nel giugno dello scorso anno, infatti, questa volta in Florida, stessa scena: due amici che chiacchierano usando la Lingua dei Segni, presa per il saluto della gang rivale, e vengono accoltellati. Quella volta fu una donna, Barbara Lee, 45 anni, che vide in un locale di Hallandale Beach due persone sorde dialogare con dei gesti. Li insultò e li accusò di far parte di un’altra gang. Quelli non capirono. Lei tornò con Marco Ibanez, 19 anni, che li accoltellò, per fortuna non gravemente. Daniels, invece, trasportato in elicottero all’Ospedale della University of North Carolina, è grave, ma stabile.
Storie di ordinaria follia, come capitano non solo negli States. Cause banali che portano a fatti di sangue. Ma in questi casi il motivo è anche altro: l’ignoranza. Non sapere che uno dei metodi che le persone sorde hanno per comunicare è quello di una lingua che non si esprime con le parole, ma con i segni. Ne abbiamo già parlato in varie occasioni, anche su queste pagine, raccontando, ad esempio, del bellissimo spettacolo Amalia e basta; e non torniamo sulle discussioni fra “segnanti” e “oralisti”, spiegata lì. Partiamo invece da questi due casi, per riflettere su altro.
Quei gesti scambiati per saluti o segnali di gang rivali farebbero infatti sorridere, se non fossero parte di episodi finiti in tragedia. Mostrano quanto c’è ancora da fare. Si potrebbe dire: beh, quelli facevano parte di bande criminali, magari erano disadattati, ci mancherebbe che sapessero della Lingua dei Segni. Troppo facile liquidarla così. Anzi, forse è proprio questo il punto.
Pensiamo a quanto non educhiamo sulle differenze. Di più: a quanto non comunichiamo sulle differenze. Su quanto poco si faccia nelle scuole (primarie e secondarie) per spiegare che esistono minoranze, che vanno rispettate e che vi sono dei modi anche per farlo, dal linguaggio al comportamento. Sappiamo e vorremmo fare in modo che questo cambiasse. Ci vorrebbe poco: inserire questo nei programmi di educazione civica, che sembrano scomparsi dalle scuole.
Sulla comunicazione, la spinta data dallo sport, i grandi campioni paralimpici e la Paralimpiade, hanno certamente aiutato a dare visibilità e anche a modificare atteggiamenti e cultura sulla disabilità, ma ancora non basta.
Per restare all’argomento sordità e alla Lingua dei Segni, mi piace pensare all’inno britannico cantato nella Lingua dei Segni alla cerimonia di apertura dell’Olimpiade, un’integrazione linguistica come mai vi era stata in un evento visto da centinaia di migliaia di persone. E a quella splendida True Colors, il brano reso alla fama mondiale da Phil Collins prima e Cindy Lauper poi, eseguito anche nella Lingua dei Segni dalla British Paraorchestra, protagonista all’apertura olimpica e supporto anche dei Coldplay, alla cerimonia di chiusura della Paralimpiade di Londra 2012, insieme ai grandi campioni paralimpici, che ha fatto il giro del web mondiale.
Per venire all’Italia, ha destato stupore e attenzione, pochi giorni fa, l’esibizione a Italia’s Got Talent, show trasmesso da Canale 5 e visto da milioni di spettatori, di Eugenio Scarlato, un rapper sordo, primo nel nostro Paese, che canta usando la Lingua dei Segni e sentendo la musica attraverso le vibrazioni, la canzone Dubbio dubbio, parola usata nel ritornello che è stato facilissimo imparare. Ed è stato bello vedere lo studio e i giurati alzare le braccia e agitare le mani per applaudire.
C’è chi a volte dubita, giusto per rimanere nel tema della canzone, sui reali motivi che spingono uno show ad avere esibizioni di questo tipo. Argomento che francamente non interessa affrontare in questo momento. Grazie anche a quell’esibizione, infatti, milioni di persone hanno visto, e apprezzato, che la musica e l’arte non sono preclusi a nessuno, neanche a chi non sente. E che ci sono tanti modi di comunicare.
E chissà, forse, se quei tipi delle gang americane avessero visto la British Paraorchestra in God save the Queen o il rap di Scarlato, avrebbero tenuto quei coltelli in tasca. Almeno in quelle due occasioni.