Sarebbe un problema prima di tutto di comunicazione quello relativo all’accessibilità delle persone con ridotta mobilità negli aeroporti: questa l’analisi di Giuseppe Carrabba, direttore centrale del Coordinamento Aeroporti per l’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile). Al di là delle barriere fisiche, insomma, molte persone con disabilità in Italia non usufruiscono degli spostamenti aerei o incontrano difficoltà logistiche nel farlo, a causa della scarsa quantità di informazioni da cui sono raggiunte.
«Il dato preciso che viene dai gestori aeroportuali – rileva Carrabba – e che conteggia sia le richieste previste che quelle improvvisate, ci dice che nel 2009 ci sono state 542.384 assistenze [con il termine “assistenze” Carrabba fa riferimento al servizio che viene erogato da apposito personale aeroportuale a favore delle persone con disabilità che ne hanno bisogno, da quando arrivano in aeroporto a quando salgono sull’aereo, e da quando sbarcano dal velivolo a quando escono dall’aeroporto, N.d.R.] e che nel 2011 sono salite a 717.554. Sembrano numeri alti, ma in realtà sono irrilevanti rispetto alla cifra totale di circa 40 milioni di passeggeri. Insomma, sono poche le persone con mobilità ridotta che volano, tenendo conto che questo dato lo calcoliamo sul numero di richieste di assistenza che ci sono pervenute. Certo, in questi numeri c’è anche un dato positivo: dal 2009 i passeggeri con disabilità risultano in costante aumento».
Come mai, quindi, il numero complessivo resta esiguo?
«Personalmente mi ero dato l’obiettivo di incrementare il numero delle assistenze per il 2012, in particolare in vista delle Paralimpiadi. A questo proposito ho inviato una lettera al CIP (Comitato Italiano Paralimpico), da cui però non ho ricevuto risposta. Proponevo un incontro, ma purtroppo non ho avuto la loro disponibilità.
In ogni caso, a parte questo inciso, il numero esiguo me lo spiego evidenziando un problema nella diffusione delle informazioni, nella comunicazione. Non credo cioè che il problema principale stia negli impedimenti di accessibilità fisica, ma piuttosto in quelli di informazione, per cui molte persone con disabilità non si imbarcano negli aeromobili perché credono che non esistano le condizioni che glielo permetterebbero».
Ma a questo proposito, vi interfacciate a sufficienza con le associazioni di persone con disabilità?
«All’ENAC interessa la collaborazione delle associazioni perché è nostro obiettivo aumentare il numero generale di passeggeri, in questo caso di quelli con mobilità ridotta. Cerco di tenerle informate sullo stato dell’arte e di concertare con loro le azioni necessarie.
In tal senso, nell’estate dello scorso anno ho organizzato un incontro cui ha partecipato anche la FISH (Federazione Italiana Superamento dell’Handicap), nel quale ho illustrato la situazione e riassunto quanto abbiamo ottenuto in questi anni. Ho insistito molto sulla comunicazione, chiedendo l’impegno anche delle associazioni. Molto, certo, è stato fatto in questi anni, ma molto è ancora da fare e trovo che le associazioni non sempre facciano tutto quello che si potrebbe fare. Ho analizzato numerosi loro siti web e nonostante io lo abbia chiesto esplicitamente, sono assenti le informazioni sull’accessibilità degli aeroporti e in particolare sul Regolamento Europeo (CE) 1107/2006 [“Regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo”, N.d.R.] sui diritti dei passeggeri a mobilità ridotta. Basterebbe anche solo inserire un’icona dell’ENAC, cliccando la quale l’utente potrebbe entrare nel nostro sito web e trovare le informazioni. Scorrendo in basso la nostra home page, sulla destra, si trova la voce Mobilità nella disabilità, cliccando la quale si accede a una pagina con tredici domande frequenti. Ci tengo a dire anche che il nostro sito è accessibile».
Carrabba si riferisce in sostanza al Regolamento Europeo, entrato in vigore nel 2008, che disciplina i diritti/doveri dei passeggeri a mobilità ridotta nel trasporto aereo e i relativi doveri dei gestori aeroportuali e dei vettori aerei. Come spiega Gabriele Favagrossa, esperto della FISH per il settore dei trasporti – il quale segnala anche per inciso che nel sito internet della Federazione è stato inserito il link richiesto da Carrabba -, «esso stabilisce una serie di norme che mirano da un lato a evitare comportamenti discriminatori nei confronti dei passeggeri con disabilità e dall’altro a garantire loro un’assistenza di elevata qualità. Il Regolamento ha un ambito di applicazione unicamente europeo: riguarda infatti le società di gestione degli aeroporti situati nel territorio di uno Stato membro dell’Unione e le compagnie aeree comunitarie. Impone l’obbligo dell’imbarco delle persone con disabilità, che non possono venire escluse dal volo quando la causa è la loro disabilità, pena il rimborso del biglietto o l’offerta di un volo alternativo. Solo determinate caratteristiche dell’aereo o condizioni di sicurezza stabilite dalle normative possono in certi casi giustificare una negata prenotazione o imbarco. Il regolamento contiene anche una serie di garanzie di assistenza per ottenere le quali il passeggero è tenuto a fare richiesta almeno quarantotto ore prima del volo. Attenzione, però: al passeggero con disabilità è chiesto di prenotare l’assistenza almeno 48 ore prima dell’orario di partenza, ma se il passeggero non prenota, il gestore aeroportuale è comunque tenuto a fare ogni ragionevole sforzo per fornirgli l’assistenza in aeroporto».
Ma continuiamo l’intervista a Carrabba, chiedendogli che cosa, in particolare, sarebbe importante far sapere alle persone con disabilità.
«Proprio quest’ultimo punto viene ancora troppo sottovalutato. Continuano infatti ad aumentare i passeggeri che non richiedono preventivamente il servizio previsto per i passeggeri con disabilità. Al momento dell’acquisto del biglietto, c’è la possibilità di indicare la propria disabilità e l’eventuale necessità di assistenza. Molte volte, però, i passeggeri non inseriscono questo dato e arrivano in aeroporto, dove bisogna organizzare l’assistenza sul momento, e il gestore aeroportuale risulta così più impreparato di come potrebbe essere. L’assistenza, per ottenerla al massimo della sua efficienza, va richiesta per tempo. Su questo punto, ad esempio, ritengo si debba insistere, perché molte persone, con tutta probabilità, non sono al corrente di questa possibilità e non ci fanno caso in fase di compilazione del biglietto».
Il Regolamento CE 1107/06 prevede anche all’articolo 5 una specifica procedura di reclamo. Ricevete molti reclami, da parte di persone con mobilità ridotta che hanno subito un disservizio?
«Sono esigui. Forse trenta al massimo in cinque anni».
Un dato inaspettato. Come se lo spiega?
«Il motivo, anche qui, potrebbe essere legato alla carenza informativa, oltre che al numero totale, già di per sé esiguo, di passeggeri con mobilità ridotta. Oppure, effettivamente, non vengono riscontrati grossi problemi. Una volta che si è riusciti ad ottenere l’assistenza, si riscontrano preparazione e rispetto sia da parte del personale dei gestori che di quello dei vettori. Abbiamo affrontato questo punto con le associazioni, nell’estate dello scorso anno, e anche loro hanno confermato di non essere in possesso di dati differenti».
Nei prossimi giorni, in un’ulteriore intervista con il dirigente dell’ENAC, approfondiremo l’analisi di alcuni casi specifici, come quello “di eccellenza” dell’Aeroporto di Napoli e come la complicata vicenda capitata l’estate scorsa alla squadra nazionale di wheelchair hockey (hockey in carrozzina elettrica).
Con la collaborazione di Gabriele Favagrossa.
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