In una prima nostra intervista, pubblicata nei giorni scorsi, Giuseppe Carrabba, direttore centrale del Coordinamento Aeroporti per l’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile), aveva voluto insistere sull’importanza del sostegno delle associazioni nello sviluppare la comunicazione e nel diffondere le informazioni circa l’accessibilità e l’assistenza negli aeroporti e all’interno dei velivoli.
Questa volta abbiamo voluto affrontare con il funzionario dell’ENAC altri argomenti specifici, a partire da quello riguardante gli standard di riferimento per i siti web delle società di gestione degli aeroporti italiani, messi a punto lo scorso novembre, allo scopo di rendere più omogenee le sezioni dedicate ai passeggeri con mobilità ridotta. Un passo, questo, salutato positivamente dalle associazioni, alcune delle quali, tuttavia, hanno lamentato di non essere state interpellate nell’elaborazione di tale documento.
«Sono soddisfatto – dichiara Carrabba – di questo nuovo traguardo raggiunto: per tutti gli aeroporti, infatti, è stato stabilito un riferimento standard, sia per quanto riguarda il punto d’ingresso che per quanto concerne il linguaggio. Ora vogliamo ottenere lo stesso risultato con i vettori, anche se in questo ambito c’è maggiore resistenza. Le associazioni sono state consultate nell’estate scorsa e altre volte anche in passato. Si tenga conto – relativamente alla mia storia personale – che questa è la seconda volta che mi viene assegnata la direzione del Coordinamento Aeroporti. La prima volta era stato fino al 2006, e ci tengo a ricordare che insieme a me c’era una collega scomparsa durante il terremoto dell’Aquila. Lo dico per ricordarla. Poi mi hanno riassegnato qui dal 2010. E comunque, prima del 2005, abbiamo prodotto la Circolare ENAC gen-02, in vigore dal 2008, documento steso insieme alle associazioni».
«Tale Circolare – spiega Gabriele Favagrossa, esperto della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) per il settore dei trasporti – è stata elaborata al fine di interpretare e sviluppare alcuni dei contenuti del Regolamento Europeo (CE) 1107/2006 [“Regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo”, N.d.R.]. È importante il fatto che essa introduca e ribadisca in più punti un fondamentale principio di chiarezza e trasparenza verso l’utenza con disabilità. E vi si fa anche riferimento alla necessità di un percorso formativo sia per gli addetti all’assistenza dei passeggeri con disabilità ,sia per il personale che in aeroporto opera a contatto col pubblico, specificando i temi e i contenuti che devono essere trattati».
E tuttavia l’informazione, pur fondamentale, non basta a perfezionare il diritto delle persone con disabilità alla mobilità aerea. Ci sono infatti delle situazioni oggettive di barriere, a partire da quelle materiali, che a volte mettono ancora in difficoltà i passeggeri con mobilità ridotta. Né tutti i vettori e gli aeroporti si comportano allo stesso modo.
Recentemente – come avevamo a suo tempo ampiamente riferito – la FISH ha siglato un accordo con l’Aeroporto di Napoli Capodichino, che formalizza un percorso di collaborazione lungo ormai un decennio. Perché, chiediamo allora a Carrabba, questo esempio non si riesce a replicarlo in tutti gli aeroporti italiani? «Con l’Aeroporto di Napoli – spiega – la FISH ha iniziato un confronto fin dal 2003, quindi si contano ormai quasi dieci anni di collaborazione. All’epoca lo scalo necessitava di una ristrutturazione e con la FISH sono stati individuati alcuni interventi nell’ottica del cosiddetto “Universal Design” [“progettazione universale”, N.d.R.], interventi realizzati durante la ristrutturazione, e quindi più facilmente che non in casi in cui occorrerebbe un intervento ad hoc. Il Regolamento, in effetti, impone gli adattamenti ai canoni dell’accessibilità, ma stabilisce esplicitamente che essi vengano introdotti “durante interventi di modifica”. Quella di Napoli, insomma, non è una situazione replicabile altrove. Però, in generale, quando un aeroporto viene ristrutturato, si tiene conto della normativa sull’accessibilità e l’ENAC è impegnata a vigilare affinché questo avvenga. Ad esempio, in questo periodo, l’Aeroporto di Roma Fiumicino è in ristrutturazione e al termine sicuramente ci saranno dei miglioramenti circa il suo stato di accessibilità».
Ma il diritto delle persone con ridotta mobilità a volare in aereo senza problemi, è garantito anche quando si muovono in gruppo? In altre parole, le compagnie aeree sono in grado di garantire il volo anche quando il numero delle richieste è elevato? Pensiamo, ad esempio, a una squadra di whelchair hockey (hockey in carrozzina elettrica), che si muove con due carrozzine a testa, quella per l’utilizzo quotidiano e quella sportiva. Nell’estate dello scorso anno, infatti, è successo che la Nazionale Italiana di questa disciplina abbia dovuto noleggiare un furgone per portare in Finlandia, dove si sono disputate le finali dei Campionati Europei, le carrozzine elettriche degli atleti, poiché in aereo non c’era posto.
«Quello che è successo lo scorso anno alla Nazionale di wheelchair hockey – risponde Carrabba – è singolare. Alitalia sarebbe stata pronta ad affrontare una richiesta del genere. Certo, ribadisco, le informazioni devono essere trasmesse alla compagnia per tempo. Oggi il Regolamento consente a ogni passeggero di caricare due carrozzine, quella personale e quella sportiva, ma ci vuole l’aeromobile giusto, in grado di imbarcare un alto numero di carrozzine. Ci sono infatti problemi di ingombro, per cui occorre una stiva con la capacità adatta. Inoltre, serve rispettare alcuni altri accorgimenti. Ad esempio la carrozzina elettrica va staccata prima, perché c’è il rischio di versamento dei liquidi durante il trasporto. Può essere poi che quello che è accaduto abbia a che fare con motivazioni di sicurezza. In tal senso, ogni compagnia e ogni singolo vettore stabiliscono uno specifico numero di passeggeri con mobilità ridotta che sono in grado di imbarcare, e questo numero è legato alla certificazione dei singoli aerei rispetto alla sicurezza in caso di evacuazione. Com’è ovvio, le norme sulla sicurezza sono rigide e non ammettono eccezioni. Vengono stabilite dai costruttori degli aerei e né l’ENAC né nessun altro può chiedere una modifica. Ad esempio, ci sono dei tempi prestabiliti per l’evacuazione dell’aereo, che deve avvenire in due, tre minuti al massimo, perché il velivolo può prendere fuoco velocemente. Si tratta di tempi ridotti, all’interno dei quali lo scarto di pochi secondi può fare la differenza. La prassi, di solito, è quella di permettere l’uscita prima alle persone normodotate e poi a quelle con mobilità ridotta. Alcuni hanno contestato questo punto, eppure dal punto di vista pratico rimane il più convincente: se infatti uscissero prima i passeggeri con difficoltà motoria, si creerebbe un “imbuto”, loro avrebbero alle spalle la pressione delle persone in attesa e queste ultime rimarrebbero bloccate per alcuni secondi. Invertendo invece l’ordine di uscita, chi si muove agevolmente può farlo più in fretta utilizzando lo scivolo, e subito dopo chi utilizza la carrozzina o ha bisogno di assistenza particolare ha la strada sgombra per affrontare la fuoriuscita dal veicolo. Non si tratta, come dice qualcuno, di penalizzare le persone con disabilità: l’obiettivo è quello di salvare tutti».
Ma quali sono, chiediamo in conclusione, i prossimi passi previsti dall’ENAC, rispetto all’obiettivo dell’aumento del numero di passeggeri con mobilità ridotta? «C’è una novità – ricorda Carrabba – che ho anticipato nella riunione estiva con le associazioni. Entro il 2013 avremo infatti una Carta di Servizi per i Passeggeri con Mobilità Ridotta sui vettori aerei, contenente gli standard minimi di riferimento, facendo riferimento al Regolamento Europeo 1107/2006 e cercando di andare anche oltre lo stesso. Ad esempio, nel modello europeo si è stabilito che una compagnia aerea ottenga il Bollino Blu quando offre standard di riferimento superiori al minimo stabilito, e noi vogliamo andare in questa direzione. Esiste già una Carta dei Servizi riguardo i gestori aeroportuali».