Quei voti che dovrebbero contare

di Claudio Arrigoni*
«Siamo diversi per via degli occhi e per avere più difficoltà a imparare cose nuove - dice un giovane elettore con sindrome di Down -, però possiamo esprimere la nostra opinione e imparare come si vota». E invece molte persone con disabilità intellettiva continuano ad essere escluse dal voto, come denunciato anche dalla recente campagna di sensibilizzazione dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down)

Particolare di mano di uomo che depone la scheda elettorale nell'urna“Il mio voto conta”: quello di tutti. Nessuno deve essere escluso. Ma siamo sicuri che questo succeda? Risposta facile, apparentemente: certo, tutti possono votare. Eppure molte persone sono escluse. Perché se non si mette tutti nelle condizioni di poter capire la politica e di esercitare il proprio diritto, molto probabilmente ci sarà chi non lo farà.
Le persone con sindrome di Down sono circa 25.000 in Italia. Fanno parte dell’arcipelago delle persone con disabilità intellettiva e relazionale, centinaia di migliaia. Quel diritto deve poter essere anche per loro. E molto spesso questo non succede.

“Il mio voto conta!”: è la campagna di sensibilizzazione per il diritto al voto delle persone con disabilità intellettiva dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) e dell’ASL Roma E. «La maggior parte delle persone con disabilità intellettiva e relazionale non prende parte come elettore alla vita politica e di conseguenza non esercita il diritto di voto», dicono all’AIPD.
Richiama quello che chiede la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia e quindi Legge dello Stato (Legge 18/09). All’articolo 29, la Convenzione parla infatti molto chiaro: bisogna garantire che le persone con disabilità possano partecipare alla vita politica e fare questo «assicurando che le procedure, le strutture ed i materiali elettorali siano appropriati, accessibili e di facile comprensione e utilizzo» (chi vuole trovarlo velocemente, guardi questo articolo su queste stesse pagine). Uno dei punti fondamentali è proprio questo: mettere nelle giuste condizioni.
«La maggioranza delle persone con disabilità intellettiva non esercita il proprio diritto di voto per mancanza di informazione, consapevolezza ed educazione al voto delle stesse persone con disabilità intellettiva, scarsa consapevolezza dei loro familiari, amici e operatori di riferimento dei loro stessi diritti di capacità. Mancano inoltre interventi per facilitare l’esercizio del diritto di voto da parte delle Pubbliche Istituzioni»: Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’AIPD, che nei giorni scorsi  ha illustrato la campagna, conosce bene la situazione. Da diversi anni l’AIPD si interessa al tema del diritto di voto per le persone con disabilità intellettiva: «Nel biennio 2008-2010 è stato creato un sito specifico, dove c’è una raccolta completa di materiali informativi e per la formazione delle persone disabili su diversi temi: dall’espressione delle proprie opinioni alla partecipazione, dalla rappresentanza alla conoscenza delle istituzioni e dell’esercizio del diritto di voto».

Per seguire quello che la Convenzione ONU chiede, una delle cose da fare sarebbe tradurre i programmi politici in alta comprensibilità, seguendo quelle che sono le regole del cosiddetto easy reading, la “lettura facile”, che sono condivise a livello internazionale, sulle quali si possono trovare begli esempi proprio nel citato sito My Opinion, My Vote, proposto in sei lingue, con i programmi dei vari partiti a livello europeo e le parole della politica, il tutto spiegato con semplicità. Si può fare e non è difficile. Basta avere la voglia di farlo. Sfida per i nostri partiti: tradurrete i vostri programmi in “linguaggio facile”, seguendo le linee che esistono a livello europeo? Speriamo che qualcuno risponda: non farlo equivale infatti a un «No, non lo faremo».
«Il mio voto conta! – spiega Pietro Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e neoportavoce del Forum Terzo Settore – è un’iniziativa importante. È necessario infatti cambiare modello sull’idea delle persone in condizioni di marginalità: la disabilità non è una malattia, se non si esce da questo equivoco e non si considera una condizione ordinaria della vita, si continuerà a vivere nel pregiudizio. In questo contesto porre l’attenzione sulla questione del diritto di voto alle persone con disabilità intellettiva non è esattamente una questione superficiale. Paradossalmente di questo tema non ci si occupa molto, pare scontato o inutile e invece dev’essere una questione centrale. Ma se non ci credono per prime le Istituzioni e gli operatori, difficilmente potremo avere delle guide che portano e orientano le persone a esercitare il proprio diritto pieno di cittadinanza. Non esiste una qualità di diritto di voto, altrimenti mettiamo in dubbio la democrazia. Questa iniziativa dà un passo solido e chiaro in questo senso. Chiederemo con forza che questo sia rispettato».

Giovanni Grillo è un elettore con sindrome di Down: «Siamo diversi per via degli occhi e per avere più difficoltà a imparare cose nuove, però possiamo esprimere la nostra opinione e imparare come si vota».

Il presente articolo viene qui riproposto, con alcuni riadattamenti al contesto, da InVisibili, blog del «Corriere della Sera», per gentile concessione. Il titolo del pezzo originale è “Quando votare non è per tutti. Diritto al voto e sindrome di Down”.

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