L’assistenza a una persona con una grave disabilità quale la distrofia muscolare di Duchenne è un percorso di accrescimento reciproco «tra due persone, due cuori, due vite». Lo scrive la pedagogista Simona Lopapa nel libro Vissuti di qualità. Accompagnare nel percorso di vita persone con distrofia muscolare di Duchenne, che mercoledì 6 febbraio sarà presentato a Bologna (Libreria Irnerio-Ubik, Via Irnerio, 27, ore 18).
Oltre all’autrice, interverranno per l’occasione Angelo Errani e Vittorio Capecchi, docenti dell’Università di Bologna, Antonella Pini, presidente della UILDM di Bologna (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e Giovanna Cantoni, già insegnante e ispettrice del Ministero dell’Istruzione.
Nato dalla tesi di laurea dell’Autrice e pubblicato da Pendragon nella collana solidale per la UILDM (il ricavato della vendita sosterrà nuovi progetti di assistenza a favore delle persone con distrofia muscolare), il libro testimonia il percorso ventennale vissuto da Simona Lopapa, prima come assistente ed educatrice e quindi come amica e confidente di Bruno, a cui il testo è dedicato. «Bruno si è spento all’età di 30 anni – spiega Lopapa – e io mi ritengo una persona privilegiata, perché ho potuto percorrere strade ed esperienze che non a tutti è data la fortuna di intraprendere. Ho imparato la forza, la determinazione, il coraggio di questi ragazzi e di chi li ama».
La distrofia di Duchenne è una patologia invalidante progressiva, che colpisce le funzioni vitali fino alla morte e Simona ne ripercorre le tappe, dall’esordio in età infantile all’evoluzione, con le crescenti difficoltà motorie e respiratorie e i conseguenti bisogni di assistenza medica, psicologica e sociale.
L’accettazione di sé, il bisogno di appartenenza, l’inserimento scolastico, la ricerca dell’autonomia attraverso ausili e tecnologie, i ricoveri ospedalieri, le relazioni familiari, l’adattamento degli spazi di vita: a ogni passaggio è dedicato un capitolo, con consigli e testimonianze utili a educatori, familiari, amici, insegnanti e a chiunque «si impegni a realizzare per sé e per altri il diritto a vissuti di qualità», come scrive Vittorio Capecchi nell’introduzione.
Accompagnare nel percorso di vita chi ha una grave disabilità comporta il confronto continuo tra i limiti di chi assiste e quelli di chi viene assistito, tra le emozioni proprie e quelle altrui. C’è l’impegno costante a trovare risposta a nuovi bisogni e ad andare oltre le barriere architettoniche, fisiche, culturali e sociali.
«Una sola volta – ha scritto Lopapa – mi sono chiesta se avere accettato di assistere Bruno fosse stato un bene per me, se non fosse una follia pensare di stare accanto a qualcuno, dedicandogli tempo, energia e affetto, sapendo che ero destinata a perderlo. Ma compresi che non avevo sbagliato, che ne valeva la pena, perché la perdita di autonomie di Bruno mi ha fatto crescere». (M.L.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: uildmbo@libero.it, ufficio stampa@agendanet.it.
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