Come abbiamo riferito nei giorni scorsi, il presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) Pietro Barbieri, con il quale presentiamo qui di seguito una nostra ampia intervista, è stato scelto da pochi giorni come nuovo portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, l’organo che rappresenta oltre un centinaio di realtà del Terzo Settore di fronte alle istituzioni. La FISH stessa ne fa parte dal 2008.
Perché nel 2008 la FISH ha scelto di entrare nel Forum del Terzo Settore?
«Per includersi in un movimento più ampio, in cui condividere politiche sociali, strategie di sviluppo inclusivo e forme di sussidiarietà che fossero patrimonio di tante organizzazioni della società civile. E in virtù della cifra del Forum quale rappresentanza sociale riconosciuta con atti formali, per dialogare meglio e con più forza con le Istituzioni del Paese. Un passo in linea con il percorso già intrapreso negli anni precedenti dalla FISH, teso allo sviluppo della costruzione di alleanze e reti che facciano uscire la disabilità dal recinto in cui è cacciata dal pregiudizio e dal paternalismo».
Come si è arrivati alla sua nomina di portavoce?
«Gradualmente. La mia partecipazione nel Forum, non solo come rappresentante del mondo della disabilità ma anche dell’atteggiamento con cui questo mondo tramite me si è posto all’interno del Forum, e cioè non tanto per far valere interessi specifici, quanto piuttosto per cercare insieme una sintesi, ha ricevuto via via più attenzione. Così, quando la carica di Andrea Olivero stava giungendo al termine, è cominciato a circolare il mio nome. Poi è arrivata la disponibilità di Paolo Beni per l’ARCI, e noi della FISH ci siamo messi a disposizione di un progetto di rilancio del Forum che vedeva quella disponibilità come centrale, visto che il nostro scopo non è ambire a un ruolo ma a un risultato. Il mio nome è riemerso quando Beni ha trovato posto nella lista del Partito Democratico alle prossime elezioni politiche e ovviamente ha ritirato immediatamente la sua disponibilità al Forum. A quel punto non mi sono tirato indietro».
Quali saranno i suoi primi passi?
«C’è la questione tutta interna della conoscenza della “macchina Forum”. In questi anni è stata parziale perché mi sono occupato delle politiche e non tanto – non essendo il mio ruolo – della “macchina”. Nell’immediatezza c’è bisogno, inoltre, di partecipare attivamente alle elezioni politiche. Siamo al lavoro per formulare un documento che rappresenti la sensibilità e le articolazioni del Forum e abbiamo già appreso che alcuni dei candidati premier avrebbero garantito al Forum il coinvolgimento effettivo nel dialogo sulle questioni sociali ed economiche del Paese.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri riconosce il Forum come parte sociale al pari dei sindacati, di Confindustria e degli altri organi di rappresentanza delle parti sociali. È una valenza da spendere subito. E al contempo, da parte mia ci sarà un’azione volta alla ricostruzione della coesione interna del Forum, incrinata dalle ordinarie schermaglie delle assemblee democratiche e di recupero di taluni».
Si riferisce all’uscita dal Forum della Confederazione delle Misericordie? È stata comunicata proprio nelle ore precedenti all’assemblea che l’avrebbe eletta…
«La scelta delle Misericordie, i cui rappresentanti hanno avuto la percezione di venire estromessi dal coordinamento, è soltanto la spia di un meccanismo che ha a che fare con la dialettica interna a un qualsiasi movimento a base così allargata. Il fatto che sia emerso all’esterno ha esacerbato la situazione, che però dovrebbe a mio parere rientrare, smussando gli angoli alla ricerca di soluzioni condivise».
Lei è il primo presidente del Forum a sedere su una carrozzina. Oltre ad essere il primo rappresentante del mondo della disabilità a venire eletto portavoce del Terzo Settore. Che ricadute positive intuisce ci saranno rispetto alle questioni più strettamente legate alla disabilità?
«Il mondo della disabilità acquisisce una centralità mai avuta prima nella sua storia in Italia. Non era ancora accaduto che nella Sala Verde del Consiglio dei Ministri, dove si svolgono le riunioni delle parti sociali, sedesse una persona disabile e rappresentante delle istanze delle persone con disabilità. Se vogliamo che le persone con disabilità siano coinvolte attivamente nei fenomeni sociali, politici e culturali, ecco che abbiamo ottenuto un ruolo nel più elevato momento di rappresentanza sociale a livello politico. Saranno numerose le ricadute positive a livello culturale ma anche a livello concreto. Faccio un esempio: tutta la questione recente sui controlli vessatori in cerca dei “falsi invalidi”. Se un rappresentante del mondo della disabilità avesse avuto accesso alla Sala Verde, non sarebbe stato gestito nel modo in cui è stato gestito.
E anche all’interno del Forum la mia nomina avrà delle ricadute positive per il mondo della disabilità. Essa consente infatti di proporre a tutti i rappresentanti del Terzo Settore un salto concettuale che metta al centro i diritti e la dignità dell’individuo: è questo l’approccio che la FISH propone nei confronti del tema della disabilità. Sono convinto che questa valenza sia ancora più grande di quella che la mia carica assume verso l’esterno, perché ha più possibilità di consolidarsi e durare oltre i due anni del mio mandato».
A proposito dei conflitti interni cui si è accennato prima, una contrapposizione vede proprio il mondo della disabilità con alcune aree della cooperazione sociale.
«La FISH ha sempre avuto una posizione netta a favore del diritto all’autodeterminazione: la libera scelta dell’individuo va garantita. Detto questo, aggiungo che non si tratta di uno slogan, ma di un argomento su cui confrontarsi seriamente. Un primo spunto di riflessione è che in Italia la questione nell’ambito delle politiche sociali non è individuare chi fa “man bassa di fondi”, ma che di fondi ce ne sono pochi per tutti i potenziali destinatari ,che essi siano individuabili come persone fisiche a rischio di marginalità sociali oppure come organizzazioni che si pongono l’obiettivo di contrastarle attraverso la loro presa in carico. Chi sostiene la contrapposizione per cui i diritti di uno vanno a detrimento di fondi alle attività dell’altro, e viceversa, indebolisce quel fronte che unito ha la possibilità di chiedere e ottenere un livello di spesa europeo per le politiche sociali. Per questo sono convinto che sia un falso problema il timore da parte di chi si occupa di assistenza diretta di venire aggredito da chi reclama la bontà di quella indiretta. Se anche per assurdo, poi, si riuscisse a ottenere un sistema retto totalmente sull’assistenza indiretta, i fondi resterebbero insufficienti. Dobbiamo agire insieme per ottenere un aumento delle risorse vincolati ai servizi socio assistenziali e di inclusione sociale. È questa la vera priorità.
E c’è anche una seconda questione. Accanto a coloro che reclamano l’assistenza indiretta, ci sono molte altre persone con disabilità – e non mi riferisco solo ai casi di disabilità cognitiva – che non sono in grado di assumersi l’onere di tutte le scelte per la propria vita. Per costoro la soluzione è un’accoglienza che replichi sempre di più la natura di un’abitazione, ma che rientra comunque nella categoria dell’assistenza diretta. Qui stiamo difendendo il diritto alla vita adulta di persone con disabilità che non potrebbero realizzarsi in altro modo e qui servono alleanze e non divergenze tra àmbiti diversi del Terzo Settore. Un buon modello, in tal senso, può essere quello del budget di salute realizzato nella ASL di Caserta 2 e in particolare quella straordinaria esperienza che è la Nuova Cucina Organizzata di Casal di Principe».