Caro Mario, ci è cascato anche lei. Basta fare “balotellate”, quelle cose sopra le righe che a volte fanno sorridere e a volte danno fastidio, ma sono comunque un po’ fuori dal normale. Chissà se quelle cose ha smesso di farle. Però ha cominciato – o forse ricominciato – a fare cose ordinarie, di quelle che fanno un po’ tutti, insomma normali.
Infatti, parcheggiare nel posto riservato a persone con disabilità non è proprio quello che ci si aspetta da uno che è chiamato SuperMario, ma da un “Mario normale”, di quelli che si credono furbi e sono solo un po’ tonti. A volte non capita per cattiveria, magari è soltanto ignoranza o noncuranza.
Vorrei quindi che facesse qualcosa “da SuperMario” e rimediasse a un errore che è più brutto di tanti altri. Perché mi è dispiaciuto aver saputo che anche lei è come tutti gli altri, quelli che l’auto la parcheggiano dove vogliono, senza curarsi del fatto che ci siano dei posti assegnati a persone che hanno disabilità e avrebbero problemi enormi se non trovassero il parcheggio a loro dedicato o lo trovassero occupato. Non è un privilegio, ma un diritto. Come quello di non trovare auto posteggiate sugli scivoli o sui marciapiedi, in modo da togliere lo spazio necessario alle carrozzine o ancora attaccate così vicine a un’auto che ha il contrassegno disabili da non permettere l’apertura completa della portiera, condizione essenziale per chi ha una carrozzina.
Spero che lei sia nella categoria dei “sempliciotti” che non si accorgono che stanno ledendo un diritto e magari in certi momenti sono solo dei superficiali. Anzi, ne sono sicuro. Perché in passato ha dato prova di essere attento a persone delle categorie più deboli, dalla disabilità al carcere.
E ancora ricordo di aver letto il 15 aprile 2009, sul quotidiano «La Provincia di Como», di un suo bel gesto. Un missionario che sta a Salvador di Bahia, don Pietro Snider, già parroco a Bulgarograsso, nel Comasco, lo scrisse in una lettera ai suoi ex parrocchiani: «Venendo qua ho trovato un gruppo scout di Brescia, legato ad Agata Smeralda (organizzazione che si occupa di adozioni a distanza). Con loro c’era anche un giovane del Ghana, adottato da una famiglia di scout, Mario Balotelli, 18 anni, che gioca nell’Inter e si allena alla Pinetina. Ha voluto passare le sue vacanze natalizie giocando a pallone con questi ragazzi e i “meninos de rua”». Così, detto con la semplicità di un missionario. «Belle cose fa Balotelli nelle sue vacanze!», pensai. Lo penso tuttora. Cose che non fanno tutti.
Ora, invece, è tornato nella normalità, con ciò che fanno in molti, come lasciare l’auto su un parcheggio per disabili. Torni a essere quel giovane che passava le vacanze di Natale a giocare a calcio con i “meninos de rua”. Sicuramente ha capito l’errore di quel posteggio dove avrebbe dovuto esserci l’auto di una persona che non ha, come lei, la fortuna di poter dare calci a un pallone, perché le gambe non le sente più.
E perché non aiutarci anche a sconfiggere questo malcostume, facendosi promotore e testimonial di una campagna perché nessuno parcheggi più nei posti riservati ad auto di persone con disabilità? Ci pensi. Quella sarebbe davvero una cosa da SuperMario!
Il presente articolo viene qui riproposto, con alcuni riadattamenti al contesto, da InVisibili, blog del «Corriere della Sera», per gentile concessione. Il titolo del pezzo originale è “Balotelli e il parcheggio disabili: Mario, torni a essere SuperMario”.
Articoli Correlati
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Qualcosa di intangibile che ti manca Venticinque anni accanto a una figlia con gravissimi problemi di disabilità, con tutti i tempi della vita quotidiana letteralmente “irregimentati”, come «in una fionda, con l’elastico sempre tirato». Poi la…
- Sordocecità, la rivoluzione inclusiva delle donne Julia Brace, Laura Bridgman, Helen Keller, Sabina Santilli. E poi Anne Sullivan. Le prime quattro erano donne sordocieche, la quinta era “soltanto” quasi completamente cieca, ma non si può parlare…