Sono sempre assai più le “ombre” che non le “luci”, per le persone con disabilità che intendano viaggiare in treno nel nostro Paese, a giudicare dalle continue segnalazioni che ci arrivano, di disagi, disservizi e carenze, riguardanti, poi, sia disabilità motorie che sensoriali.
Già qualche settimana fa, ad esempio, avevamo raccolto la denuncia proveniente da Arianna Colonello, persona con disabilità, componente della Lista Civica Brescia con la Gente (costituitasi in occasione delle prossime elezioni amministrative di fine maggio), che aveva segnalato la situazione a dir poco “imbarazzante” della Stazione di Brescia, dove per poter prendere i treni in tutti i binari tra il primo e l’ultimo, le persone con disabilità motoria sono costrette ad affrontare il pericolosissimo attraversamento dei binari stessi, insieme agli operatori.
Se quindi la situazione nel capoluogo di Provincia è questa, era ben difficile potersi attendere di meglio in altri piccoli centri dello stesso territorio, parlando, poi, di quei convogli regionali che stanno notoriamente vivendo una stagione “disastrosa”, mettendo a dura prova la resistenza di migliaia di lavoratori e studenti pendolari, costretti quotidianamente a veri e propri “viaggi da carro bestiame”.
E infatti, puntualmente, ancora Arianna Colonello ci ha scritto che «dovendo andare a Paderno Franciacorta (Brescia), con un treno regionale, mancando quest’ultimo di sintesi vocale, non ho potuto individuare la fermata corretta, finendo a quella successiva di Iseo. Il personale di controllo di Trenitalia non era presente al momento dell’accaduto, cosicché, quando sono scesa a Iseo, ho dovuto chiedere aiuto a dei passeggeri, che molto cordialmente mi hanno accompagnato all’Ufficio di Assistenza. Tengo anche a precisare che avevo prenotato tre giorni prima della mia partenza il servizio di assistenza ferroviaria, onde appunto evitare di sbagliare fermata, ma il servizio stesso è stato effettuato solo a Brescia, mentre a Paderno non c’era nessuno ad attendermi».
Non solo. «Per aprire la porta all’interno di quel treno – prosegue Colonello – bisogna toccare un tasto, quando si accende una luce verde. Se non lo si fa, il treno si ferma per poco e riparte subito. Ma come fa allora a scendere una persona con disabilità visiva, che non le consente di accorgersi di quella luce?».
E infine, “di passata”, un’annotazione più generale, ma non certo trascurabile: «Il numero verde gratuito 800 906060, attivato per prenotare il servizio di assistenza ferroviaria per disabili, è raggiungibile solo dal telefono fisso e non dal cellulare. Con il telefono mobile, invece, si deve chiamare il 199 303060, in questo caso, però, pagando e non poco».
Punta poi il dito sulla Stazione di Padova il presidente della Società Tiflosystem Davide Cervellin il quale ci invia un messaggio dal titolo che parla da sé: In stazione ferroviaria a Padova le persone disabili sono bagagli.
«Nel Paese del “politicamente corretto” – scrive Cervellin – accade di pigliare dei gran pugni allo stomaco quando si vuole essere Cittadini come gli altri. Qualche giorno fa, infatti, a conclusione di un importante meeting nazionale per la presentazione di una nuova tecnologia Braille per gli smartphone, ho accompagnato alcuni partecipanti non vedenti alla Stazione di Padova e con mia grande sorpresa – avendo gli stessi richiesto l’assistenza alla partenza e all’arrivo – ho scoperto che abbiamo dovuto portarli al deposito bagagli. Che non sia magari che il “geniale stratega” organizzatore del servizio, tenendo conto che le carrozzine bisogna spingerle e le persone cieche bisogna trascinarle, abbia facilmente assimilato queste ultime con le valigie? Peccato che noi disabili siamo fatti di altra materia, necessitiamo di comunicare e siamo condizionati come tutti gli altri dall’ambiente».
«Approfondendo poi la questione – prosegue il Presidente di Tiflosystem – ci si accorge che il servizio stesso è curato da accompagnatori che non sanno nemmeno l’italiano e che naturalmente bisogna chiederlo almeno con ventiquattr’ore di anticipo».
«Siamo nella città della Cappella degli Scrovegni e della Basilica di Sant’Antonio – conclude amaramente Cervellin -, abbiamo un’Università importante, delle imprese che operano proprio nell’alta tecnologia per la vita indipendente delle persone disabili. C’è quindi come minimo da meravigliarsi che un mezzo così popolare come il treno sia, per usare un eufemismo, poco friendly per noi disabili, che pur di essere Cittadini, siamo costretti ad accettare la metamorfosi di trasformarci per qualche ora in trolley!». (S.B.)