L’avevamo incontrato l’anno scorso – e ne avevamo raccontato anche su queste pagine – durante gli allenamenti che precedevano le Olimpiadi e le Paralimpiadi di Londra 2012, nel campo sportivo di Gemona del Friuli (Udine), scelto come “base” per allenarsi e prepararsi ai vari meeting europei.
Oscar Pistorius, testimonial del progetto Gemona Città dello sport e del benstare, voluto fortemente come simbolo di integrazione attraverso lo sport. Oscar Pistorius, atleta disabile, primo nella storia a partecipare alle Olimpiadi tra le fila dei normodotati, pluridecorato alle Paralimpiadi. Un nome, un simbolo, un esempio per tutti, ma soprattutto per il mondo delle persone con disabilità.
Un interesse mediatico che allora portò nella nostra piccola cittadina giornalisti e TV da tutto il mondo, sino alla fine del mese di agosto, quando venne inaugurato un grande murales a lui dedicato, decorativo e celebrativo sul tema dello sport, realizzato dall’artista Elia Venturini.
Nel periodico locale troviamo un articolo, corredato da una foto di Oscar con la dedica «Grazie a tutti… arrivederci al prossimo anno per un’altra stagione di successi»…
Poi la tragica notizia: «Pistorius uccide la fidanzata con quattro colpi di pistola». Per un attimo pensiamo di aver capito male, figuriamoci, non è possibile! Lui, un ragazzo semplice, riservato, ma con una gentilezza e una cortesia che lo caratterizzava sempre, un sorriso sincero, disinvolto, che accompagnava la felicità e l’emozione in vista degli straordinari impegni sportivi. Una garbata presenza, un “amico per Gemona”. Un’immagine pubblica che si allontana sempre di più dalla persona che è oggi Oscar, “un simbolo nella tragedia”.
Le notizie impazzano sul web, sui giornali e nei notiziari, prende forma di giorno in giorno una vicenda pesante e incomprensibile, che ci porta a sentimenti attoniti di profonda amarezza.
Sinceramente in questo momento non ci sentiamo di giudicare, come fanno in tanti, garantendo per principio che nessuno è colpevole fino alla condanna. È quanto meno necessario attendere la conclusione delle indagini. Ma quello che pian piano sta emergendo fa temere molto; c’è una giovane ragazza morta, la modella sudafricana Reeva Steenkamp, proprio nel giorno in cui si celebrava simbolicamente la Giornata contro la Violenza sulle Donne, One Billion Rising 2013, con il FlashMob che ha coinvolto centinaia di migliaia di donne in tutto il mondo…
Si sta delineando un lato davvero oscuro dell’atleta, un profilo decisamente diverso dall’immagine candida del campione vincente, quasi irreale, che eravamo abituati a vedere e ad apprezzare, quella di un “eroe sportivo”, eroe per il mondo disabile, che era riuscito a superare con determinazione le difficoltà causate dalla sua infermità fisica. Ora, invece, prende sempre più forza, si insinua impetuosamente l’immagine di una personalità patologica, legata a chissà quale forma di insicurezza, ossessione, squilibrio, troppo difficile da superare.
Pistorius non voleva essere un perdente nella vita, e forse non voleva esserlo nemmeno in amore. Ha toccato il cielo con un dito nei suoi momenti di gloria, ora cadrà nell’abisso più profondo, per avere ucciso la donna che amava.
L’abbiamo accolto, amato, sostenuto, abbiamo fatto il tifo per lui, ora ci sentiamo attoniti, traditi, increduli, incapaci di giudicarlo per il legame che si era instaurato, forte e sincero. Un dolore enorme che ci porta a restare “senza parole”, che ci spinge a pensare che sia una “tragedia nella tragedia”, costretti ad andare avanti, con i nostri progetti sportivi, con le nostre attività, ma con parecchia fatica e con una forte tristezza nel cuore.
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