Primo: rendere uniformi in tutto il territorio nazionale i percorsi di diagnosi, cura e assistenza per chi soffre di dolore cronico, «non lasciando degenerare nell’indifferenza della burocrazia una norma di civiltà» come la Legge 38/10 sulle cure palliative e la terapia del dolore. Secondo: investire nella ricerca scientifica per arrivare a una terapia per quelle patologie che ora non ne hanno. Terzo: semplificare l’erogazione dei farmaci in grado di alleviare la sofferenza.
È quanto chiede la Fondazione ISAL di Rimini (Istituto di Ricerca e Formazione in Scienze Algologiche) in una lettera aperta inviata alle segreterie dei partiti e ai candidati alle imminenti elezioni politiche del 24 e 25 febbraio.
«La Legge 38/10 è una norma di civiltà, un orgoglio per l’Italia che è l’unico Paese europeo ad avere assicurato ai Cittadini il diritto alla terapia del dolore, ma aspetta ancora di essere applicata«, afferma William Raffaeli, presidente della Fondazione ISAL e consulente della Commissione Nazionale Cure palliative e terapie del dolore, costituita presso il Ministero della Salute.
La legge citata è stata promulgata il 15 marzo 2010, ma solo il 25 luglio 2012 la Conferenza Stato-Regioni ha raggiunto l’intesa per definire i requisiti minimi e le modalità organizzative per realizzare in ogni Regione una rete dei centri di terapia del dolore.
«Chi si candida a governare il Paese – prosegue Raffeli – deve una risposta agli oltre 12 milioni di italiani che soffrono di dolore cronico. Non vogliamo che la burocrazia vanifichi quanto fatto dalla politica, istituendo la legge 38/10 e per questo chiediamo ai prossimi Parlamentari di vigilare affinché la terapia del dolore diventi realtà ovunque, senza discriminazioni tra Cittadini di serie A e Cittadini di serie B».
Nel luglio del 2014, inoltre, scatterà il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea e secondo il Presidente della Fondazione ISAL, «quella dovrà essere l’occasione per diffondere in tutta Europa il diritto a non soffrire».
Ai partiti l’ISAL chiede anche di intervenire a favore dei circa 2 milioni di italiani che non hanno ancora alcuna cura. «Il dolore cronico – spiega Raffaeli – dev’essere inserito nei Bandi Ministeriali e Regionali di ricerca, in modo da dare una speranza a chi, pur vivendo ogni giorno nella sofferenza per lesioni cerebrali, amputazioni, fibromialgia, esiti di herpes zoster, traumi, fratture, nevralgia e interventi malriusciti alla schiena, non è catalogato in alcuna patologia e quindi si vede negato il diritto non solo alla salute, ma anche ad esenzioni, rimborsi e programmi di assistenza».
La Fondazione denuncia infine alcune difformità regionali nell’accesso ai farmaci, in particolare ai cannabinoidi, che sono stati ammessi dal Ministero della Salute per il trattamento del dolore cronico centrale. «Per prescrivere i cannabinoidi – conclude Raffaeli – il medico di famiglia o lo specialista deve compilare un modulo ministeriale appositamente predisposto e consegnarlo per la richiesta di importare i farmaci, che dev’essere nuovamente autorizzata dal Ministero e anche dall’Azienda Sanitaria di riferimento». Una procedura certamente farraginosa, in cui ogni Azienda Sanitaria ha i suoi tempi. «Non è possibile – sottolinea ancora il Presidente dell’ISAL – che in alcune Regioni servano tre mesi per avere il farmaco e in altre sei, è un’anomalia che va risolta». (Ufficio Stampa Agenda)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@fondazioneisal.it, ufficio stampa@agendanet.it.
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