Subito dopo la divulgazione della Direttiva Ministeriale sui BES (Bisogni Educativi Speciali) del 27 dicembre scorso (Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica), da noi ampiamente commentata nelle scorse settimane, erano state sollevate da più parti perplessità interpretative su alcuni passaggi della stessa.
A fugare ora quelle perplessità e ad offrire alle scuole uno strumento operativo di notevole importanza, è arrivata la Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo scorso, firmata da Lucrezia Stellacci, capodipartimento del Ministero, documento che completa il quadro di allargamento della normativa sull’inclusione scolastica iniziato negli Anni Settanta, ampliato dalla Legge 170/10 e successivamente dalla citata Direttiva del 27 dicembre scorso, da leggere però, necessariamente, alla luce della presente Circolare.
In questo commento, quindi, riporteremo numerosi brani di quest’ultima, che a nostro avviso merita la massima diffusione, essendo stata inviata – oltre che ai destinatari istituzionali (Uffici Scolastici Regionali e Dirigenti Scolastici) – anche alle associazioni presenti nell’Osservatorio Ministeriale per l’Inclusione Scolastica e alle associazioni dei familiari e degli studenti, presenti nei rispettivi Forum, a voler significare che l’inclusione è compito di tutta la società, a partire dai compagni degli alunni con BES e dalle loro famiglie.
Sin dall’inizio, la Circolare 8/13 insiste molto sulla necessità di un progetto educativo didattico che dev’essere predisposto per tutti gli alunni con Bisogni Educativi Speciali, anche per quelli che abbiano uno svantaggio culturale, personale o sociale. Vi si legge infatti che, «in questa nuova e più ampia ottica, il Piano Didattico Personalizzato non può più essere inteso come mera esplicitazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è bensì lo strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didattico-strumentale».
E per fugare i rischi di genericità applicative, la Circolare prosegue: «Ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare contenzioso». Si sottolinea, in sostanza, la necessità di motivare e verbalizzare le misure adottate.
Il documento passa poi a chiarire alcuni momenti urgenti dell’anno scolastico: «Alunni con DSA e disturbi evolutivi specifici – Per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA [disturbi specifici dell’apprendimento, N.d.R.] rilasciata da una struttura privata, si raccomanda – nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie pubbliche o accreditate – di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo [grassetti in questa e nelle successive citazioni presenti nel testo originale della circolare, N.d.R.]».
Qui si introduce un temporaneo ruolo di supplenza dei docenti della classe ai ritardi burocratici, basto però su fondate valutazioni pedagogico-didattiche; ma è da intendersi che, a mio avviso, ove le certificazioni ufficiali non dovessero pervenire, i docenti dovranno alla fine valutare non confermando le misure compensative e dispensative importanti che avevano anticipato. Ciò ovviamente per «evitare contenzioso» (come sopra detto), in presenza di uno di tali alunni promossi, da parte di compagni bocciati con analoghi problemi di profitto. E siccome la Direttiva su questi aspetti non aveva approfondito granché, la Circolare ulteriormente precisa che «negli anni terminali di ciascun ciclo scolastico, in ragione degli adempimenti connessi agli esami di Stato, le certificazioni dovranno essere presentate entro il termine del 31 marzo, come previsto all’art.1 dell’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni sulle certificazioni per i DSA (R.A. n. 140 del 25 luglio 2012)».
È inoltre da far presente che analoga norma di buon senso pedagogico dovrebbe essere applicata anche agli alunni con disabilità in attesa di certificazione ufficiale.
La Circolare passa poi a fornire chiarimenti per gli alunni con svantaggio culturale e socioeconomico o personale, che costituisce anche la parte innovativa della Direttiva sui BES:
«Area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale – Si vuole inoltre richiamare ulteriormente l’attenzione su quell’area dei BES che interessa lo svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. La Direttiva, a tale proposito, ricorda che “ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”. Tali tipologie di BES dovranno essere individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche. Per questi alunni, e in particolare per coloro che sperimentano difficoltà derivanti dalla non conoscenza della lingua italiana – per esempio alunni di origine straniera di recente immigrazione e, in specie, coloro che sono entrati nel nostro sistema scolastico nell’ultimo anno – è parimenti possibile attivare percorsi individualizzati e personalizzati, oltre che adottare strumenti compensativi e misure dispensative (ad esempio la dispensa dalla lettura ad alta voce e le attività ove la lettura è valutata, la scrittura veloce sotto dettatura, ecc.), con le stesse modalità sopra indicate.
In tal caso si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinché siano messi in atto per il tempo strettamente necessario. Pertanto, a differenza delle situazioni di disturbo documentate da diagnosi, le misure dispensative, nei casi sopra richiamati, avranno carattere transitorio e attinente aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche attraverso percorsi personalizzati, più che strumenti compensativi e misure dispensative.
In ogni caso, non si potrà accedere alla dispensa dalle prove scritte di lingua straniera se non in presenza di uno specifico disturbo clinicamente diagnosticato, secondo quanto previsto dall’art. 6 del DM n. 5669 del 12 luglio 2011 e dalle allegate Linee guida.
Si rammenta, infine, che, ai sensi dell’articolo 5 del DPR n. 89/2009, le 2 ore di insegnamento della seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di primo grado possono essere utilizzate anche per potenziare l’insegnamento della lingua italiana per gli alunni stranieri non in possesso delle necessarie conoscenze e competenze nella medesima lingua italiana, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche».
È appena il caso di ricordare che le norme sopracitate precisano inequivocabilmente che, qualora un alunno con DSA (e quindi anche quelli con gli ulteriori BES) chieda e ottenga non la semplice “dispensa”, ma “l’esonero” dallo studio di una lingua straniera (ad eccezione degli stranieri), egli non potrà conseguire il diploma, potendo invece ricevere, come già avviene per gli alunni con disabilità certificata, un semplice attestato con i crediti formativi maturati.
La Circolare passa quindi agli aspetti organizzativi a livello di singola scuola e di territorio:
«Azioni a livello di singola istituzione scolastica – Per perseguire tale “politica per l’inclusione”, la Direttiva fornisce indicazioni alle istituzioni scolastiche, che dovrebbero esplicitarsi, a livello di singole scuole, in alcune azioni strategiche di seguito sintetizzate.
1. Fermo restando quanto previsto dall’art. 15 comma 2 della L. 104/92, i compiti del Gruppo di lavoro e di studio d’Istituto (GLHI) si estendono alle problematiche relative a tutti i BES. A tale scopo i suoi componenti sono integrati da tutte le risorse specifiche e di coordinamento presenti nella scuola (funzioni strumentali, insegnanti per il sostegno, AEC [assistenti educativi culturali, N.d.R.], assistenti alla comunicazione, docenti “disciplinari” con esperienza e/o formazione specifica o con compiti di coordinamento delle classi, genitori ed esperti istituzionali o esterni in regime di convenzionamento con la scuola), in modo da assicurare all’interno del corpo docente il trasferimento capillare delle azioni di miglioramento intraprese e un’efficace capacità di rilevazione e intervento sulle criticità all’interno delle classi.
Tale Gruppo di lavoro assume la denominazione di Gruppo di lavoro per l’inclusione (in sigla GLI) e svolge le seguenti funzioni:
– rilevazione dei BES presenti nella scuola;
– raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni strategiche dell’Amministrazione;
– focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione delle classi;
– rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;
– raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle effettive esigenze, ai sensi dell’art. 1, c. 605, lettera b, della legge 296/2006, tradotte in sede di definizione del PEI [Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.] come stabilito dall’art. 10 comma 5 della Legge 30 luglio 2010 n. 122;
– elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno).
A tale scopo, il Gruppo procederà ad un’analisi delle criticità e dei punti di forza degli interventi di inclusione scolastica operati nell’anno appena trascorso e formulerà un’ipotesi globale di utilizzo funzionale delle risorse specifiche, istituzionali e non, per incrementare il livello di inclusività generale della scuola nell’anno successivo. Il Piano sarà quindi discusso e deliberato in Collegio dei Docenti e inviato ai competenti Uffici degli UUSSRR, nonché ai GLIP e al GLIR [rispettivamente Uffici Scolastici Regionali, Gruppi di Lavoro per l’Inclusione Scolastica degli Alunni con Disabilità Provinciali e Gruppi di Lavoro per l’Inclusione Scolastica degli Alunni con Disabilità Regionali, N.d.R.], per la richiesta di organico di sostegno, e alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di competenza, considerando anche gli Accordi di Programma in vigore o altre specifiche intese sull’integrazione scolastica sottoscritte con gli Enti Locali. A seguito di ciò, gli Uffici Scolastici regionali assegnano alle singole scuole globalmente le risorse di sostegno secondo quanto stabilito dall’ art 19 comma 11 della Legge n. 11/2011. Nel mese di settembre, in relazione alle risorse effettivamente assegnate alla scuola – ovvero, secondo la previsione dell’art. 50 della L.35/2012, alle reti di scuole -, il Gruppo provvederà ad un adattamento del Piano, sulla base del quale il Dirigente scolastico procederà all’assegnazione definitiva delle risorse, sempre in termini “funzionali”.
A tal punto i singoli GLHO [Gruppi di Lavoro Handicap Operativi, N.d.R.] completeranno la redazione del PEI per gli alunni con disabilità di ciascuna classe, tenendo conto di quanto indicato nelle Linee Guida del 4 agosto 2009. […]
All’inizio di ogni anno scolastico il Gruppo propone al Collegio dei Docenti una programmazione degli obiettivi da perseguire e delle attività da porre in essere, che confluisce nel Piano annuale per l’Inclusività; al termine dell’anno scolastico, il Collegio procede alla verifica dei risultati raggiunti».
È questo uno dei passaggi più significativi della Circolare, poiché richiama – potenziandolo – il ruolo dei GLHI, troppo spesso ancora ignorati in alcune scuole, attribuendo loro i compiti inclusivi anche per tutti gli altri casi di BES (denominandoli ora GLI, ovvero Gruppi di Lavoro per l’Inclusione).
Viene poi evidenziato anche il ruolo di programmazione e verifica didattica del Collegio dei docenti. Da ciò discende che presto il Ministero – tramite il proprio Osservatorio sull’Inclusione – scolastico dovrebbe evidenziare alcuni indicatori strutturali, di processo e di esito, per valutare la qualità dell’inclusione realizzata nelle singole classi e nelle singole scuole, anche ai fini dell’autovalutazione, oltre che della valutazione delle famiglie e di un soggetto terzo, che inserisca tale valutazione in quella generale del sistema di istruzione.
Successivamente vengono fornite indicazioni per il POF (Piano dell’Offerta Formativa) delle singole scuole:
«2. Nel P.O.F. della scuola occorre che trovino esplicitazione:
– un concreto impegno programmatico per l’inclusione, basato su una attenta lettura del grado di inclusività della scuola e su obiettivi di miglioramento, da perseguire nel senso della trasversalità delle prassi di inclusione negli ambiti dell’insegnamento curricolare, della gestione delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, delle relazioni tra docenti, alunni e famiglie;
– criteri e procedure di utilizzo “funzionale” delle risorse professionali presenti, privilegiando, rispetto a una logica meramente quantitativa di distribuzione degli organici, una logica “qualitativa”, sulla base di un progetto di inclusione condiviso con famiglie e servizi sociosanitari che recuperi l’aspetto “pedagogico” del percorso di apprendimento e l’ambito specifico di competenza della scuola;
– l’impegno a partecipare ad azioni di formazione e/o di prevenzione concordate a livello territoriale.
3. La rilevazione, il monitoraggio e la valutazione del grado di inclusività della scuola sono finalizzate ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi. Da tali azioni si potranno inoltre desumere indicatori realistici sui quali fondare piani di miglioramento organizzativo e culturale. A tal fine possono essere adottati sia strumenti strutturati reperibili in rete [come l’“Index per l’inclusione” o il progetto “Quadis” (http://www.quadis.it/jm/)], sia concordati a livello territoriale. Ci si potrà avvalere inoltre dell’approccio fondato sul modello ICF dell’OMS [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.] e dei relativi concetti di barriere e facilitatori».
Viene qui ricondotto ad unità il percorso normativo di segnalazione, richiesta e assegnazione alla scuola e da questa alle singole classi delle risorse per un’inclusione di qualità.
L’ultima parte della Circolare è dedicata infine ai chiarimenti della Direttiva sul ruolo dei CTS, ovvero dei Centri Territoriali di Supporto. In tal senso si dichiara che essi sono collegati e coordinati coi GLIP, di cui all’articolo 15, commi 1,3 e 4 della Legge 104/92 che, proprio in forza di tale norma, estendono le loro competenze anche ai DSA e agli altri BES.
Si precisa inoltre che i CTI, i Centri Territoriali per l’Inclusione di tutti gli alunni con BES, a livello di reti di scuole, si debbono collegare con altri organismi precedentemente costituiti per i soli alunni con disabilità. Si insiste molto sul coordinamento a livello regionale di tutti questi organismi tramite i GLIR, inizialmente previsti dalle Linee Guida del 4 agosto 2009, opportunamente più volte richiamate, per i soli alunni con disabilità.
In conclusione, riteniamo trattarsi di una circolare organica che dovrebbe giovare alla diffusione e al potenziamento del processo inclusivo italiano. Si ringraziano, in tal senso, i Dirigenti Generali e gli esperti che hanno saputo formulare questo testo e ci si augura che il nuovo Ministro e i Dirigenti Generali Ministeriali intendano applicarle, farle applicare e ulteriormente approfondire i vari temi trattati.