«Non ho episodi tristi da raccontarti, ma solo vicende buffe. La mia vita universitaria è trascorsa serena e ricca di risate». Ecco, in poche parole, svelata la natura solare di Giulia Moretto, esplosiva ragazza con tetraparesi spastica, con due lauree – in Storia e in Antropologia Culturale, Etnografia ed Etnolinguistica – all’Università Ca’ Foscari di Venezia e un sogno nel cassetto: fare la ricercatrice all’Università di Verona. È sufficiente vedere quel suo sorriso aperto, nella foto qui a fianco, che la ritrae accanto al suo amato cavallo, o leggere di seguito i suoi racconti, per rimanere conquistati dalla sua energia.
Troppe volte, nell’immaginario collettivo, si pensa alle persone con disabilità come a esseri perennemente inquieti e cupi. Non è sempre così. Non lo è soprattutto se, con grandissimi sacrifici e fatica, anche dei caregiver (dai genitori agli assistenti), si riescono a realizzare i propri sogni.
Giulia non parla, non scrive (comunica attraverso una tavoletta su cui indica le lettere, come già Paolo Puddu, di cui avevamo scritto su queste stesse pagine), non cammina. I tutor universitari sono le sue “mani”, per prendere appunti, la sua “voce”, per porre domande. Il padre è i suoi “piedi”, piedi che hanno percorso 140 chilometri al giorno per portarla a lezione da Portogruaro a Venezia, ogni giorno. Eppure è arrivata in fondo a un percorso che molti giovani, con pochi problemi e qualche grillo per la testa in più, non riescono a concludere.
«Ho scelto la facoltà di Economia – racconta serena – ma vedendo che non mi motivava abbastanza, ho cambiato, preferendo Storia. I tre anni sono volati, tra le risate. All’inizio (nel 2005) le sedi universitarie non erano un granché, ascensori piccoli che si chiudevano velocemente, tanto che un giorno la mia tutor non è stata abbastanza veloce a spingermi nell’ascensore e sono rimasta chiusa tra le porte. Lei povera era nel panico e io ridevo da matti». «Con un’altra tutor – ci dice ancora -, che attualmente è una delle mie migliori amiche, scappavamo un po’ prima dalle lezioni noiose per andare a bere lo spriz o il caffè! La mia vita universitaria è “tutta da ridere”».
Risate e tanto lavoro, che termina con una prima tesi di ricerca sul ruolo delle donne indiane d’America. Una tesi scritta sul campo, presso la tribù Mohawk in Canada nella cittadina di Brantford vicino Toronto, e non dalla stanza di casa propria.
Forza di volontà e un sorriso sul volto, ma è giusto pensare anche a quante tristezze si nascondano dietro quei sorrisi. Se potesse, Giulia – come tutte le altre persone con disabilità – vorrebbe una vita normale, un’esistenza in cui ogni giorno non si debba scalare una montagna, per raggiungere i propri obiettivi. Eppure in vetta ci è arrivata. Superwoman con disabilità?
Sento spesso persone che per “giustificare” i grandi successi delle persone con disabilità, pensano che da un lato la natura porti via qualcosa, dall’altro regali doti straordinarie a livello intellettivo. Ne ha scritto ad esempio, qualche giorno fa, Franco Bomprezzi su queste pagine. Non è così. Giulia è una donna “normale”, con le sue fragilità, i suoi sentimenti, le sue passioni e le sue debolezze. Giulia è solo l’esempio di quanto può fare la volontà. La voglia di vivere. Di quanto la mente sia in grado di superare le difficoltà, grazie a slanci e passioni. Come quella per i cavalli.
Infatti, non è un caso che Giulia, per la Laurea Magistrale, abbia scelto il percorso di antropologia culturale e una tesi sulla relazione tra l’uomo e il cavallo. «Il mio rapporto con i cavalli – dice – è giornaliero. Il loro recinto è davanti alla mia finestra. Sono cresciuta con loro. Da piccola riuscivo a fare anche qualche cavalcata, ora, con le operazioni di allungamento dei tendini, soffro di una scoliosi che mi impedisce anche questa attività. Se non posso montarli, però, ciò non vuol dire che non possa stare tra di loro: passo la domenica mattina a girare con la carrozzina elettrica nel recinto, li osservo, vengono a farsi coccolare. E poi è merito loro se ho trovato una compagnia di amici con cui condividere i miei interessi. Raduni, pic-nic in spiaggia con cavalli e cani sono diventati appuntamenti fissi».
Ed è anche merito dei cavalli se Giulia, la Giulia in sedia a rotelle a motore, può coltivare il sogno di tentare la via del dottorato universitario a Verona. «Ma non corriamo – avverte realista -, infatti devo presentare un progetto a maggio, se passo la prima selezione, devo fare un esame orale per vincere il dottorato in Antropologia con o senza borsa di studio. Ovviamente punto alla borsa di studio, perché per fare il dottorato mi devo spostare a Verona con mio papà e con l’assistente».
Che dire, quindi, se non in bocca al lupo all’“invincibile” Giulia?