Non si può certo dire che il cinema mainstream (“generalista”) non si sia mai occupato di disabilità. Certo, lo ha fatto spesso con retorica, superficialità, luoghi comuni, ma lo ha fatto. Due titoli per tutti: il recente film francese Quasi amici o, tornando indietro nel tempo, la nota pellicola americana Rain Man. Curioso, però, che di storie ambientate a scuola praticamente non ce ne siano. Inspiegabile, poi, se ci mettiamo a pensare a quanti film di successo – di pubblico e/o di critica – siano in genere ambientati nel mondo della scuola.
Vediamo dunque qualche titolo abbastanza mainstream, che però sfiora soltanto il tema che ci interessa. Prendiamo, ad esempio, Il ragazzo che sapeva volare di Nick Castle, storia di un bambino autistico convinto di poter volare, che prima di essere internato in un manicomio frequenta una scuola, dove stringe amicizia con un coetaneo. La disabilità c’è e c’è anche la scuola, ma il film si concentra più che altro sulle vicende del protagonista e non certo con sensibilità realistica.
Un altro titolo – questo addirittura prodotto da Sharon Stone, che ritaglia per sé una piccola parte – è Basta guardare il cielo. Qui c’è una disabilità fisica progressiva e fulminante, e la commovente amicizia tra due compagni di scuola. Anche qui si esplora il tema dell’amicizia, basandosi sul concetto che “uno più uno non fa solo due, ma molto di più”. La scuola c’è, ma non interessa indagarla.
Per proseguire questa nostra breve indagine, occorre dunque iniziare a “scavare”, per tirar fuori lavori di nicchia, oppure televisivi. Lo facciamo, con la speranza, però, che qualche autore ispirato si affretti a colmare questa lacuna del cinema.
Attingendo dunque al settore documentaristico italiano, riavvolgiamo il tempo di una trentina d’anni e arriviamo a I diversi, documentario che nel 1980 Vittorio De Seta realizzò per la RAI. In anni più recenti, ci spostiamo nella fiction della televisione italiana, da cui spunta Fuoriclasse, serie televisiva diretta da Riccardo Donna, su sceneggiatura di Federico Starnone, con Luciana Littizzetto nel cast. Non è una storia incentrata sull’integrazione scolastica, ma tra gli alunni uno è disabile.
Proseguiamo a rovistare tra i titoli meno conosciuti e incappiamo in Crisalidi (2005), documentario di Mirko Locatelli, nato dall’esperienza di un altro suo lavoro, Come prima, e che consiste in una raccolta di interviste a una serie di adolescenti, disabili e non, alle prese, per motivi diversi, con il proprio corpo che si trasforma. E siccome la macchina da presa mostra gli intervistati dal busto in su, solo alla fine capiremo chi è in carrozzina e chi no.
Rimaniamo in Italia, ma torniamo alla fiction, e recuperiamo un lungometraggio distribuito pochissimo, vale a dire Prima la Musica, poi le parole di Fulvio Wetzl che sotto forma di “detective story”, racconta la vicenda di un bambino con difficoltà relazionali, che si esprime con un linguaggio tutto suo. Però, lo si sarà notato, i titoli fin qui elencati sfiorano, intercettano il tema che ci interessa, ma nessuno lo prende di petto, dedicandovisi interamente e frontalmente. Un’esperienza del genere, quindi, manca, anche se non osiamo dire del tutto, perché sicuramente molti titoli ci sfuggono. Invitiamo a questo proposito i Lettori a scriverci in redazione e a segnalarci ciò che abbiamo omesso, in modo da poter riprendere presto il tema.
Al di fuori, quindi, di un vero e proprio “vuoto”, riguardante i film che si occupano di inclusione scolastica di persone con disabilità, si deve invece “navigare” – come accennavamo – nell’“immenso mare” di titoli dedicati in generale alla scuola.
Qui il problema è contrario al precedente: c’è talmente tanto che è difficile trovare un criterio per selezionare qualche pellicola da segnalare. Certo, non si può evitare di nominarne una piuttosto recente, La classe di Laurent Cantet, perché nel 2008 si è portata a casa la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Parigi, scuola media, taglio documentaristico, per leggere insieme il diario di viaggio di un insegnante che ce la mette tutta. Oppure c’è anche un bel titolo canadese del Québec, del 2011. È Monsieur Lazhar, per la regia di Philippe Falardeau. Anche qui il tema è il rapporto tra alunni e insegnante e questa volta c’entrano le differenze culturali; lui, infatti, è algerino e loro del Canada francese, e l’elaborazione della sofferenza diventa un’esperienza collettiva.
Potremmo citare tantissimi titoli, alcuni classici, e faremmo comunque torto a chi non viene nominato. In chiusura scegliamo quindi di dedicarci ad alcune pellicole “ai limiti”. Per chi ama osservare il cinema e vedere “fin dove si spinge” nello sviscerare le tematiche contemporanee, ecco qualche arguto tentativo recente.
Partiamo dal Papà migliore del mondo, diretto da Bobcat Goldthwait e interpretato da Robin Williams. Qui la storia punta il dito sulla falsità dei rapporti umani, sull’illusione dei sentimenti e sul gioco dei ruoli. La vita di un insegnante poco amato e scrittore fallito cambia, quando improvvisamente lo sfigatissimo figlio, vittima di un incidente di autoerotismo spinto, muore. Il padre, per tutelare la sua privacy, trasforma la scena del delitto in un suicidio e scrive una lettera d’addio a firma del figlio. Improvvisamente il ragazzo defunto diventa una star a scuola e tutti si stringono attorno al padre, finalmente amato.
Altro titolo provocatorio è Pretty Persuasion dell’esordiente Marcos Siega, ove Evan Rachel Wood è una protagonista senza scrupoli, che manipola tutti pur di raggiungere i propri scopi. Qui la scuola non è un ambiente che protegge i ragazzi, ma una vera e propria “giungla scatenata”, fatta di competizione e giudizi tra “vincenti” e “perdenti” che distruggono l’autostima di chiunque. Gli insegnanti sono deboli e inadeguati.