Adesso che perfino Marco Travaglio si è lasciato andare a una pessima battuta nel suo blog su «Il Fatto Quotidiano», prontamente ripresa da Giulio Sensi in «Vita.it», mi permetto di proporre una vera e propria moratoria sugli insulti verbali, che siano in televisione, o sul web, o di carta, o peggio, di persona. Non è ammissibile che un giornalista che sa di essere letto e seguito da un esercito di fans (o di detrattori) si permetta di scrivere: «Più leggo certi commenti sulla mia pagina Facebook e sul mio blog, più mi viene voglia di chiuderli e di dare ragione a chi paragona i social network alle pareti dei cessi pubblici. C’è chi viene qui solo per insultare (cari cerebrolesi, nessuno vi obbliga a leggermi)». No, non ci siamo proprio. È il segnale che si sta superando il livello di guardia.
Pochi giorni fa mi hanno segnalato un’uscita televisiva analoga da parte di Daniela Santanché («Non siamo portatori di handicap…») e poi, a ritroso, Mario Monti con i «minorati», lo sfortunato competitor Gabriele Albertini («Non voglio competere con un disabile», riferito all’influenza di Maroni), e potrei continuare, con un minimo di ricerca sul web, individuando un florilegio di stupidaggini, connesse sempre al tema del deficit fisico, sensoriale o intellettivo.
Basta, per favore, mettiamoci un freno! Cominciamo seriamente a stigmatizzare questa becera involuzione del linguaggio pubblico, che ha trasformato il dibattito politico in una rissa permanente, della quale fanno le spese gli innocenti, i più deboli fra i deboli.
Tutto è cominciato con le battute su Renato Brunetta, e poi lo “psiconano” Berlusconi nella vulgata, guarda un po’, di Beppe Grillo. Un florilegio di battute sui sordi, sui ciechi, sui nani, sugli zoppi, sui “mongoloidi”, sui Down (quando si è più evoluti…), come se l’unico modo per insultare il prossimo fosse quello di fare riferimento al suo stato fisico o mentale.
Mi dicono che è molto in voga dare del “falso invalido” a un compagno di scuola che magari non sta bene o comunque cerca di evitare l’interrogazione rischiosa. Si potrebbe ridere delle piccole battute, ma sono purtroppo il segno di un’insensibilità diffusa, di un costume che si è talmente ramificato, da investire ormai quasi ogni àmbito di conversazione, favorita dal cinismo, da un malinteso senso del “politicamente scorretto”, dalla volgarità, dall’ignoranza.
Chiedo sinceramente a tutti di non lasciar correre questo andazzo senza intervenire, senza opporre, educatamente, uno stop all’“handicaplalia” (la coprolalia è una sindrome ben nota, del resto). Un’idea interessante sarebbe una multa, molto salata, specie per chi fa politica o per i giornalisti. Con il ricavato, visti i tempi, forse riusciremmo persino a rifinanziare il Fondo per la Non Autosufficienza. Hai visto mai…
Direttore responsabile di Superando.it.
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